Lavi, su 29-Apr-2010 15:04, dice:
.una curiosità:ma il friulano non assomiglia al veneto come dialetto?
il friulano non e' un dialetto dell'italiano ma una lingua neo-ladina... (che interessa anche la tua regione)
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Ladino
Ladino è il nome con cui spesso il territorio dolomitico viene identificato e la gente ladina come la popolazione delle Dolomiti. Questa visione della terra dei monti pallidi, per certi versi, è errata. Infatti, pur essendo vero che i ladini sono il popolo delle dolomiti per antonomasia e che ne abitano gran parte del territorio, è vero che, da un lato il ladino non è considerato da tutti i linguisti una vera e propria lingua e i ladini un vero e proprio popolo, dall’altra è constatato che esistono territori dolomitici non ladini e popolazioni di lingua ladina al di fuori delle dolomiti.
Riguardo la prima puntualizzazione bisogna innanzitutto precisare che non esiste una lingua ladina unitaria, il tentativo della creazione di una lingua ladina standard - progetto SPELL - è pur sempre un progetto artificiale e che coinvolge comunque i soli territori ladini storici o ex-asburgici. Esiste, invece, una serie di dialetti ladini, anche molto differenti tra di loro, tanto che parlanti di diverse vallate potrebbero non comprendersi. Inoltre è oramai assodato presso i linguisti il fatto che i dialetti ladini sono in realtà dei dialetti italiani settentrionali molto arcaici, che un tempo erano presenti in un areale molto più vasto ed ora sono relegati in alcune zone più isolate o più conservative da un punto di vista delle tradizioni e della parlata. Si può quindi parlare di ladino come lingua solo in quanto insieme di dialetti con caratteristiche arcaiche, che in maniera così massiccia e non limitata ad una sola caratteristica, non sono presenti in altre parlate di altre zone dell’arco alpino o dell’Italia settentrionale. In sostanza si tratta di una lingua nata in epoca moderna non come idioma con uno sviluppo dal latino indipendente rispetto ai dialetti limitrofi e tanto meno, come alcuni sostengono, come amalgama di idiomi latini e reti. È solamente un insieme di dialetti con tratti antichi e dove non esistono caratteristiche del tutto estranee ad altri idiomi o parole con un’origine esclusivamente ladina.
In merito al fatto che esistono aree dolomitiche non ladine è evidente a chi conosca sufficientemente bene il territorio e la cultura dolomitica. Ad esempio sono
numerose le vallate tedesche nelle dolomiti altoatesine, oppure la Valbelluna, l’Alpago e il feltrino sono zone pedemontane, con però al loro interno cime dolomitiche, in cui si parlano dialetti veneti settentrionali. Allo stesso modo
esistono zone di lingua ladina al di fuori dell’area dolomitica. Si pensi a tal proposito al romancio in Svizzera e al friulano, parlato anche in zone di pianura.
Anticamente l’area ladina era molto più vasta dell’attuale. Era parte di questa cultura gran parte dell’arco alpino e molte zone pedemontane e anche di pianura dell’Italia settentrionale. Il fenomeno di erosione è avvenuto, e sta tuttora avvenendo, gradualmente nel tempo. Così in molte zone si sono perse caratteristiche linguistiche ladine (arcaiche) a vantaggio di innovazioni linguistiche e, allo stesso modo, le popolazioni hanno optato per un sempre più massiccio utilizzo di idiomi considerati più prestigiosi: dialetti tedeschi o italiani settentrionali a seconda delle zone di influenza linguistica e culturale. Sul fatto che l’areale ladino era un tempo molto più vasto dell’attuale - e questa tesi ormai riconosciuta rende obsolete altre teorie che vorrebbero i ladini una popolazione limitata alle vallate del Sella - basti pensare che l’alta Val Venosta era ladina fino ai primi anni del secolo XIX e
a Trieste città era parlato, da una parte della popolazione, un dialetto ladino (Tergestino), simile al friulano sempre fino al secolo XIX. Numerosi sono inoltre gli esempi toponomastici, sia in aree di dialetto veneto settentrionale (Valbelluna e feltrino), che nell’Alto Adige germanofono.
L’attuale zona di
lingua ladina si può suddividere in tre grosse sub-zone corrispondenti ad altrettante famiglie ladine, che però non sono sempre omogenee al loro interno, esistendo altre sub-famiglie e numerose differenze tra diversi dialetti appartenenti ad ognuna di queste tre macroregioni.
Il romancio è parlato nell’area più occidentale della lingua ladina.
E’ parlato in Svizzera nei Grigioni occidentali e centrali e in Alta e Bassa Engadina, nonché in Val Monastero.
Il ladino dolomitico o centrale. Parlato nelle valli di Non e di Sole (trentino) - peraltro il noneso e il solandro non sono unanimemente riconosciuti come dialetti ladini - nelle valli di Fassa (trentino), Gardena e Badia (Bolzano) e in alcune frazioni di Castelrotto (Bolzano), nei comuni di Livinallongo Del Col Di Lana, Colle Santa Lucia e Rocca Pietore (bellunese) ladino atesino; in Cadore, Comelico e Cortina d’Ampezzo (bellunese) ladino cadorino; in Val di Zoldo e nell’agordino (bellunese) si parla un dialetto ladino-veneto, che si fa via via più simile al veneto settentrionale nelle vallate più a Sud e quello più arcaico nelle vallate più settentrionali.
Il dialetto ladino-veneto zoldano è molto interessante in quanto al suo interno presenta caratteristiche degli idiomi ladini atesini, dell’agordino e del Cadore. Il friulano. È il gruppo ladino più orientale ed ha delle caratteristiche proprie non riscontrabili nelle altre parlate. È comunque assodato che il friulano, conservato anche in zone di pianura, appartiene alle lingue ladine. In Veneto il ladino si parla esclusivamente nella parte alta della provincia di Belluno: territori ladini ex-asburgici (Livinallongo Del Col Di Lana, Colle Santa Lucia e Cortina d’Ampezzo), agordino, zoldano, Cadore e Comelico; a parte alcuni comuni in provincia di Venezia ove si parla il friulano (comprensorio di Portogruaro, comuni di: Concordia Sagittaria, San Michele al Tagliamento, Teglio Veneto, Fossalta di Portogruaro, Gruaro, Cinto Caomaggiore, Pramaggiore).
Nel territorio cadorino bisogna distinguere alcune varietà: l’Ampezzano, parlato nel comune di Cortina d’Ampezzo (lad. Anpezo), particolarmente conservativo (ad esempio non ha subito l’introduzione delle interdentali come nel resto del Cadore), a causa del più lungo periodo di dominio austriaco, che non ha permesso una forte influenza veneta. Comunque il ladino ha inaspettati fenomeni arcaici dove il dialetto è stato più modificato e altrettanto inaspettati fenomeni innovativi dove è più arcaico, ad esempio a Cortina si usa la parola meno conservativa caal (cavallo), invece della più conservativa ciaval usata nel resto del Cadore.
L’Oltrechiusano, parlato nei comuni di San Vito di Cadore (lad. San Vido), Borca di Cadore (lad. Borcia), Vodo di Cadore (lad. Guodo) e Cibiana di Cadore (lad. Zubiana), anch’esso molto conservativo, anche se leggermente meno dell’Ampezzano, soprattutto nei comuni di Cibiana e San Vito e nel paese di Vinigo (lad. Vinego) nel comune di Vodo.
Il cadorino centrale, parlato nei comuni di Valle di Cadore (lad. Val), Pieve di Cadore (lad. Piee), Perarolo di Cadore (lad. Perarol/Peraruò), Calalzo di Cadore (lad. Cialauz) e Domegge di Cadore (lad. Domeie/Domiege). Il cadorino centrale non è omogeneo in tutta la sua area. Per la precisione il comune di Valle ha perso gran parte della sua latinità, maggiormente mantenuta nel paese di Venas (lad. Venas). Ancor meno ladino si presenta il paese di Perarolo e quello di Pieve, anche se in quest’ultimo non si riscontra la stessa situazione in tutto il territorio comunale. Infatti se nelle parlate dei paesi di Pieve, Sottocastello (lad. Sotecastel) e Tai (lad. Tai/Tei) il ladino è quasi irriconoscibile, è già più evidente nel paese di Nebbiù (lad. Nebiù/Nobiù), per diventare evidentissimo nel paese di Pozzale (lad. Pozale). In particolar modo il paese di Pozzale è quello con la parlata più arcaica di tutto il Cadore centrale, fenomeno stranissimo considerando che si trova solo due chilometri sopra all’abitato di Pieve, dove le tracce di ladino sono minime. La parlata pozzalina presenta tratti oltrechiusani ed arcaici (es. le parole daos (dietro) o pistorte (patate), simile alla parola pestorte usata a Cortina). La parlata ridiventa decisamente ladina nell’intero comune di Calalzo (ancor più conservata nel paese di Rizzios (lad. Rezuos) e ancor di più nell’intero territorio comunale di Domegge.
Il cadorino orientale è una serie di dialetti anche con tratti diversi tra di loro, ma con caratteristiche simili (es. il finale dei participi passati in ou e iu: zerciòu (assaggiato), dormìu (dormito)). È parlato nei comuni di Lozzo di Cadore (lad. Loze), Vigo di Cadore (lad. Vigo), Lorenzago di Cadore (lad. Lorenzago) e Auronzo di Cadore (lad. Auronzo/Auronze). E’ un dialetto decisamente più conservativo del centrale, e con alcune caratteristiche differenti, tipo il participio passato di cui sopra. Strano il salto linguistico tra Domegge e Lozzo che distano tra loro pochi chilometri. Tra questi dialetti particolare è proprio il lozzese per alcune soluzioni linguistiche solamente sue (es. denogio (ginocchio) invece di denocio/denoio/denuoio, o vuou/uovo invece di uóvo/goo). Particolarmente conservativi i dialetti di Laggio (lad. Laio) nel comune di Vigo e di Auronzo. In quest’ultimo si riscontrano parole molto arcaiche assenti nelle altre parlate cadorine orientali (es. sartio (sole), come in Comelico).
Il dialetto cadorino del Comelico. È il più conservativo, per molti anche più dello stesso Ampezzano. Si potrebbe anche confonderlo con un dialetto non cadorino, avendo tratti tutti suoi e a volte simili al friulano. In realtà i linguisti lo fanno appartenere ai dialetti cadorini, anche se all’interno del gruppo riveste un ruolo tutto suo. È parlato in tutti i comuni del Comelico (lad. Comelgo/Comelgu), eccetto Sappada, di cui si dirà più avanti. Il dialetto del Comelico si può suddividere in due sezioni: 1) Comelico orientale (paesi di Costalissoio (lad. Costliseign), Campolongo (lad. Cianplongo), San Pietro (lad. San Piero), Mare (lad. Mar), Presenzio (lad. Parnei) e Costalta (lad. Costata); 2) Comelico occidentale (paesi di Candide (lad. Candide), Casamazzagno (lad. S-ciamazeign), Dosoledo (lad. Dudlè), San Nicolò (lad. San Colò), Cosat (lad. Costa), Parola (lad. Padla), Danta (lad. Danta), Santo Stefano (lad. Sa Stefi), Campitello (lad. Cianpdel), Casata (lad. Ciasada).
Il paese di Ospitale di Cadore (lad. Ospedal), che è il più a Sud di tutto il Cadore, si può considerare più appartenente al gruppo dei dialetti veneti settentrionali che a quello ladino. Il paese di Zoppè di Cadore (lad. Zopè) appartenente storicamente al Cadore, ma gravitante nella valle di Zoldo, ha un dialetto ladino-veneto zoldano. Il comune di Selva di Cadore (lad. Selva) appartenente storicamente al Cadore, ma in Val Fiorentina, in agordino, ha un dialetto ladino-veneto agordino settentrionale tendente al ladino, in quanto i tratti veneti sono tutto sommato pochi. Ha al suo interno caratteristiche dei vicini dialetti ladino-atesini di Colle Santa Lucia, Livinallongo del Col di Lana e Rocca Pietore ed arcaismi cadorini (es. alolo (subito), presente nelle parlate ampezzana e del Comelico).
Infine il comune di Sappada (dial. ted. Plodn) è un’isola germanofona, con un dialetto arcaico bavarese, molto simile al dialetto dell’isola germanofona friulana di Sauris (dial. ted. Zahre).
Le rivendicazioni storiche-politiche-etniche nell’area dolomitica sono presenti solo nelle aree dei cosiddetti ladini storici o ex-asburgici, divisi nelle tre province di Bolzano (Val Gardena e Val Badia e alcune frazioni del comune di Castelrotto) e Belluno (comuni di Livinallongo del Col di Lana, Colle Santa Lucia e Cortina d’Ampezzo). Al di là del fatto che questi territori, al di fuori del lungo dominio asburgico, hanno poche caratteristiche culturali e anche linguistiche (sono tutte zone ladino-atesine, eccetto Cortina d’Ampezzo, che è ladino-cadorina, ma è escluso il comune di Rocca Pietore, che appartiene al gruppo ladino-atesino) in comune, sono le uniche ad avanzare rivendicazioni storiche-politiche-etniche. Le altre zone si definiscono ladine in un solo ambito linguistico-culturale. Tutti i comuni ladini sono tutelati dalla legge nazionale 482/99, che ha dato finalmente voce a molte zone ladine (per esempio il Cadore, l’agordino e lo zoldano in provincia di Belluno), finora non tutelate dal punto di vista culturale-linguistico.