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CUCINA ITALIANA


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Questa discussione ha avuto 21 risposte

#1 sergio3

sergio3

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Inviato 29 November 2008 - 11:39:16


Novità a tavola: ecco la pizza-polenta

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«Sono riuscitI con un piatto semplice a coniugare il nord e il sud»


VARESE – Qual è il piatto simbolo della Padania? Verrebbe spontaneo rispondere la polenta. E invece no, è la pizza. Ma non quella tradizionale partenopea, che pure da sempre è uno dei piatti preferiti di Umberto Bossi. La nuova icona culinaria padana si chiama pizza polenta (ecco la ricetta), che come dice il nome è un mix tra il tradizionale disco di pane con pomodoro e mozzarella inventato all'ombra del Vesuvio e quello che un tempo era il cibo principale delle famiglie contadine del nord. L'ideatore di questa insolita alchimia da forno a legna è un pizzaiolo varesino, Chicco Crugnola, che l'ha creata nel suo ristorante nel centro di Varese, la città che è stata anche la culla della Lega Nord. E non a caso ai tavoli di questo locale del rione Motta, nel cuore della città insubre, sono di casa il Senatùr e i suoi due delfini varesini, il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, e il presidente della V commissione (Bilancio e Tesoro) della Camera, Giancarlo Giorgetti. Crugnola ci accoglie sulla porta del ristorante, dove lavora da oltre 30 anni, e fa gli onori di casa. Poi, una volta dentro, si mette all'opera assieme ai suoi collaboratori. Da sempre questo chef lumbard sperimenta accostamenti audaci in nome del Senatùr: in passato aveva pensato per lui ad una specialissima pizza, ribattezzata «Tegn dur!» (tieni duro!), creata ai tempi del malore che aveva colpito il segretario del Carroccio. E ora con la pizza-polenta ha trovato il modo di mettere insieme le due passioni gastronomiche del fondatore della Lega.

COME SI PREPARA – Questo «miracolo culinario padano» è composto da uno strato di polenta di farina gialla che viene stesa come una normale «palla» di pasta di pane e condita con la salsa di pomodoro e pezzetti di mozzarella tagliati a cubetti. Per guarnire il piatto, si aggiunge una manciata di rosmarino. «Erano anni che utilizzavo la polenta come ingrediente sulla pizza, spesso abbinata al gorgonzola – ci racconta divertito Chicco Crugnola -, ma l'idea mi è venuta perché ho cercato di accostare due elementi distanti tra loro, anche nell'immaginario collettivo: la polenta è un vessillo del nord e la pizza che il simbolo del sud in tutto il mondo. Poi sapevo che a Umberto piacevano entrambe e allora ho provato l'azzardo di stendere la polenta al posto della pasta tradizionale. E il risultato è che questa nuova specialità è piaciuta non solo al Senatùr, ma anche alla mia famiglia e ai miei clienti».

BOOM DI PRENOTAZIONI – È piaciuta così tanto che adesso arrivano prenotazioni anche dalle altre regioni per una cena al ristorante di Crugnola . Ma non è solo la pizza polenta ad aver attirato l'attenzione del popolo padano attorno a questo locale. È tutta la storia di questo ristorante ad avere un legame con la tradizione lombarda e, in parallelo, con i grandi eventi politici della Lega. Lo stesso Crugnola, militante convinto duro e puro, porta un tatuaggio con il simbolo della Padania sotto al polsino della camicia. «Noi siamo tradizionalisti e i teniamo alla simbolicità del luogo – prosegue Crugnola – con il menù rigorosamente in dialetto. Ci sono poi state molte pizze dedicate ai momenti che hanno segnato la storia politica del movimento: da quella creata per la nascita della Lega Nord a quella di incoraggiamento per la guarigione di Bossi. Ora l'ultima frontiera è proprio la pizza polenta».

TEGN DUR LA PIZZA PER BOSSI - La pizza Tegn Dur è una delle più gettonate del locale. Il nome è nato dall'esigenza di incoraggiare il leader, nel corso della lunga convalescenza che ha fatto seguito al malore, ma era anche un richiamo ad uno degli slogan più spesso utilizzati dal Senatùr durante i suoi comizi: «mai molà, tegn dur» ( mai mollare, teniamo duro). «Questa è stata una pizza simbolica per me – puntualizza Chicco Crugnola -. E' nata come una pizza speciale, il mio migliore augurio di pronta guarigione al nostro leader». Roba da gladiatori, basta dare una occhiata agli ingredienti: pomodori, crauti, wurstel, pannocchiette di mais, hemmental e bacche di ginepro.

MENU' IN DIALETTO - Il menù dei lumbard è, come detto, rigorosamente in dialetto insubre. Qui, la pizza è un piatto padano senza mezze misure. Si va dalla «foo de co» (fuori di testa) alla «magut» (muratore), passando per la «legnamè» (falegname), la «barlafus» (sempliciotto, persona inaffidabile), la «umbrelè» (ombrellaio), «baloss» (stupidotto), «castigamatt», e altre ancora, alcune dai nomi in alcuni casi improponibili e intraducibili, visto che richiamano termini in vernacolo che in italiano suonerebbero alquanto volgari. Ma il fiore dell'occhiello è ora la pizza polenta, l'ultima novità. «La mia idea di pizza sposa la solidità della polenta e la veracità del pomodoro e della mozzarella – dice Crugnola - . Sono riuscito con un piatto semplice a coniugare il nord e il sud».

Ambra Craighero
28 novembre 2008



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#2 XCXC

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Inviato 29 November 2008 - 18:39:56


mah! Che la polenta sia un vessillo del nord ci sarebbe da ridire... prima di tutto perche' non e' affatto vero che al centro-sud non sia una tradizione...

nel Lazio per esempio c'e' la polentaccia una bella tradizione alla quale ho partecipato diverse volte...  

si mette davanti ai commensali una lunga tavola dove si versa la polenta che contiene immersa carne come salsicce ecc...

Per me il vessillo del nord e' il RISOTTO



.


#3 sergio3

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Inviato 29 November 2008 - 18:53:12


ma difatti è scritto in testa all'articolo-- : è un piatto che unisce il Nord e il sud--
In Toscana mangiavo la polenta fatta con farina di farro--nel Veneto la si fa con mais bianco--a Bergamo Como Varese e montagne varie con mais giallo (Si parla di farina bramata) in Moldova la Mamaliga la si fa con mais giallo-- mi ricordo la famosa Mamaliga cu mititei (credo si scriva così)



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#4 minupepita

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Inviato 02 December 2008 - 14:31:46


Visualizza messaggiosergio3, su 29-Nov-2008 18:53, dice:


in Moldova la Mamaliga la si fa con mais giallo-- mi ricordo la famosa Mamaliga cu mititei (credo si scriva così)




Giusto, però, il piato più famoso sarrebbe "mamaliga cu friptura". Friptura - la carne fresca, appena tagliato il maiale, si fa come un tipo di gulash o non so come dirli, la carne fritta con un tantino di cipolla e poi cotta sotto coperchio, mneam mneam, è da lecarsi i baffi. Con la polenta, e se c'è anche un pezzo di formaggio tipo fetta greca o anche quello di mucca...


#5 Carlo

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Inviato 01 April 2009 - 14:09:57


Visualizza messaggioXCXC, su 29-Nov-2008 20:39, dice:

mah! Che la polenta sia un vessillo del nord ci sarebbe da ridire... prima di tutto perche' non e' affatto vero che al centro-sud non sia una tradizione...

Per me il vessillo del nord e' il RISOTTO

Ed in un certo senso hai ragione..anche se il risotto...è un pò lungo ma ne vale la pena...


Racconti, leggende, si dice.., finalmente cercheremo di risalire alle origini della ricetta basandoci su documenti storici.
La caratteristica principale e' il colore giallo, conferitogli dallo zafferano. I piatti multicolori erano prerogativa della cucina araba ed europea medioevale.

Era il secolo dei piatti contraffatti o mascherati, destinati a stupire i convitati; l'oro e il suo succedaneo , il tuorlo d'uovo, erano simbolo di nobiltà, riservati ad una stretta élite.
Nel '300 il riso veniva coltivato estensivamente nel Napoletano. Da qui, grazie agli stretti rapporti politici e familiari che legavano gli Aragonesi ai Visconti prima, ed agli Sforza poi, la sua coltivazione risale verso il nord Italia, per affermarsi, grazie ai terreni acquitrinosi, nella pianura padana ed in particolare nel Vercellese.

Un secolo più tardi lo Scappi parlerà di "riso di Salerno o di Milano " nella ricetta di" Minestra di Riso alla Damaschina" come per ricordare l'origine di questo alimento, similmente allo zucchero che per secoli sarà definito "di Cipro" o "di Madera".

I primi ricettari trecenteschi propongono piatti nei quali il riso svolge un ruolo fondamentale.
Il Biancomangiare dell'Anonimo Toscano prevede riso o in alternativa con la sua farina cotto con latte, zucchero, spezie e colorato con zafferano e tuorli d'uova.

Il Biancomangiare di origine Catalana prevedeva invece le mandorle in aggiunta alla farina di riso, le spezie, lo zucchero, l'acqua di rose, ma non prevedeva lo zafferano, che sembrerebbe piu' un usanza italiana che arabo/spagnola.


Con Bartolomeo Scappi nella meta' del'500 si parla per la prima volta di "Vivanda di riso alla Lombarda":
riso bollito e composto a strati con cacio, uova, zucchero, cannella, cervellata e petti di cappone.
Il colore giallo e' dato dalla presenza della cervellata, tipico insaccato milanese, colorato ed insaporito dallo zafferano.

Similmente la "Minestra di Riso e Farro prevede riso cotto nel brodo, condito con cervellate gialle e cotto che sara' in questo modo, si potra' incorporare con ove sbattute, cascio grattato, pepe, cannella e zafferano".

Come si puo' notare il termine di risotto risulta ancora del tutto sconosciuto,e l'attuale tecnica di cuocere lentamente il riso aggiungendo progressivamente il brodo, ancora ignota, perche' ogni ricetta inizia invariabilmente con la preparazione del riso lessato.

Nulla di nuovo nei numerosi ricettari italiani seicenteschi. Nel ricettario di Massialot (Parigi, 1691) tradotto in italiano nel 1724, si consiglia di cuocere il riso nel brodo, per guarnire capponi o galline, condito con cannella e sugo di castrato o limone.

E' necessario attendere la fine del 1700 perche' il riso alla milanese, cosi' come oggi e' conosciuto, prenda forma.
La prima traccia ci viene dall'anonimo autore della "Oniatologia" (scienza del cibo), che titola una sua ricetta "Per far zuppa di riso alla Milanese", dove il riso, lessato in acqua salata, alla quale si aggiunge un buon pezzo di burro quando bolle,e' condito con cannella, parmigiano grattato e sei tuorli d'uova, per fargli acquisire un bel colore giallo.

Ancora di riso condito con parmigiano e cervellato parlera' il napoletano Corrado nel suo "cuoco Galante".
Il secondo suggerimento ci viene da Antonio Nebbia che, nel "Cuoco Maceratese", con metodo rivoluzionario soffrigge il riso, lasciato a mollo per due ore nell' acqua fredda, (quindi non bollito) in poco burro e lo bagna con del couli' di cavolo.

Piu' originale e piu' moderna la tecnica de "L'arte di far la cucina di buon gusto", dove il riso viene "soffritto in due once di burro ed un pizzico di cipolla tritata, prima di venir bagnato con un bicchiere di latte ed insaporito con delle spezie.


La ricetta definitiva, completa nella sua formulazione finale, nasce all'inizio dell'800 e non a caso in quel "Cuoco Moderno" di un misterioso L.O.G. stampato a Milano nel 1809, testo di estremo interesse per la storia della gastronomia milanese ma dai piu' ingiustamente ignorato.

La sua ricetta: "Riso Giallo in padella".
Cuocere il riso, saltato precedentemente in un soffritto di burro, cervellato, midolla, cipolla, aggiungendo progressivamente brodo caldo nel quale sia stato stemperato dello zafferano.


Finalmente la ricetta di Felice Luraschi, celebre cuoco milanese che nel 1829 fa stampare il suo "Nuovo cuoco milanese economico".
Qui l'antico riso giallo diventa Risotto alla Milanese giallo, completo di grasso e midollo di bue, zafferano e noce moscata, bagnato con del brodo, insaporito con quella cervellata di medioevale memoria e con del formaggio grattugiato.

Di aggiungere vino non se parla ancora.

Ai primi del '900, l'Artusi fornisce due ricette del Risotto alla Milanese, la prima senza vino, la seconda con vino bianco.
Ma ecco il motivo:
nella prima ricetta non menziona ne' il midollo di bue ne' altri grassi; nella seconda , che lui definisce piu' greve allo stomaco ma piu' saporita", ecco comparire il midollo e vino bianco.
Aveva infatti compreso che questo grasso rendeva il piatto appiccicoso al palato, quindi occorreva un tocco di acidita' per sgrassare la bocca e dare nerbo al risotto.




#6 Carlo

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Inviato 01 April 2009 - 14:18:42


C'è anche un'altra versione...Spero non faccia arrabbiare XCXC, anche perchè è stata scritta da una milanese...

Il risotto alla milanese è siciliano??
Questa è la domanda che mi sono posta dopo avere letto un simpatico articolo che vorrebbe riportare la paternità del risotto alla milanese, in Sicilia.

D’altra parte, vivendo a Milano, sono ormai abituata a ritenere questo gustoso piatto, il caposaldo ed il vanto della cucina meneghina.

Pensandoci bene, però, proprio come mi fa notare l’articolo, lo zafferano non è propriamente una spezia originaria di questi luoghi ma bensì della lontana Persia.


A portarla in Italia furono sicuramente gli Arabi durante la loro conquista della Spagna e dell’Italia meridionale, tra cui c’è anche la ricca Sicilia. (gastronomicamente parlando, n.d. carlo)

Così, la domanda sorge spontanea: come mai il risotto allo zafferano è un piatto tipico di Milano, che con gli Arabi non ebbe nulla a che fare?

La risposta a questo mistero culinario ce la da una simpatica leggenda!
Pare che tra il 1572 ed il 1576 , lavorasse alle vetrate del Duomo il pittore fiammingo Valerio da Perfundavalle, il quale usava arricchire i suoi colori gialli con una misura di zafferano per renderli più brillanti.

L’incaricato a svolgere questa delicata operazione era il suo allievo il quale, trafficando sempre con la preziosa spezia, era stato soprannominato “Zafferano”.

Quando “Zafferano” e la figlia del maestro si sposarono, i suoi compagni decisero di fagli uno scherzo ed offrirono allo sposo un risotto condito solo con la gialla spezia e, visto il successo riscosso, da quel giorno il risotto allo zafferano divenne un tipico piatto milanese.

Naturalmente, anche se molto carina e suggestiva, questa storia non è altro che una leggenda inventata.
A questo punto direte: allora il risotto allo zafferano è milanese!?

Ed è qui che casca l’asino, perché in un libro del 1549, pubblicato a Ferrrara ed intitolato “Banchetti, composizioni di vivande et apparecchio generale”, si trova la ricetta del “riso alla ciciliana”: cotto in un brodo grasso e reso più ricco dall’aggiunta di uova, zucchero, formaggio grattugiato e, soprattutto, dello zafferano!

E poiché Ferrara non è poi tanto lontana da Milano, è plausibile pensare che questo nuovo piatto si sia diffuso molto rapidamente visto il gran successo ottenuto.

Conclusione: il risotto alla milanese è Siciliano, ma grande merito va attribuito ai milanesi che hanno saputo cogliere il grande potenziale di questo piatto e ne hanno fatto la loro bandiera gastronomica!



Caro Sergio come vedi, qualcuno prima di inventare la pizza-polenta, era già riuscito con un piatto semplice a coniugare il nord e il sud. Saluti..come va con il nuovo computer?




#7 cemento

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Inviato 01 April 2009 - 15:33:26


Visualizza messaggioCarlo, su 1-Apr-2009 16:18, dice:

C'è anche un'altra versione...Spero non faccia arrabbiare XCXC, anche perchè è stata scritta da una milanese...

Il risotto alla milanese è siciliano??


He......He... ciuri e ciuri ciuriddu i tuttu l'annu l'amuri cà mi rasti ti li tuornu           così XCXC  non si arrabbia......nè


#8 sergio3

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Inviato 01 April 2009 - 16:06:48


E' stato come frequentare l'università del risotto--<bella esposizione e interessante..

Ma del "risotto alla Monzese, quello con la "luganega" (salsiccia) mi sai dire qualcosa ??--

Quello che ti posso dire, Natalia Nicolaievna nel Suo Ristorante, cucina dell'ottimo "risotto giallo", molto apprezzato dal   Sig. Filat, sindaco di Floresti e candidato n'1 del Partito Liberal Democratico alle elezioni di Aprile--  Veramente lo mangia con l'ossobuco-- una squisitezza --



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#9 Carlo

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Inviato 02 April 2009 - 10:40:13


Visualizza messaggiosergio3, su 1-Apr-2009 18:06, dice:

E' stato come frequentare l'università del risotto--<bella esposizione e interessante..

Ma del "risotto alla Monzese, quello con la "luganega" (salsiccia) mi sai dire qualcosa ??--

Quello che ti posso dire, Natalia Nicolaievna nel Suo Ristorante, cucina dell'ottimo "risotto giallo", molto apprezzato dal   Sig. Filat, sindaco di Floresti e candidato n'1 del Partito Liberal Democratico alle elezioni di Aprile--  Veramente lo mangia con l'ossobuco-- una squisitezza --

Risotto alla monzese
* La base comune fra le varie versioni è la luganega monzese, che
può essere cotta a parte e servita assieme al riso oppure andare
direttamente ad insaporire il risotto. Soffritto di cipolla in burro
e, in molte versioni, luganega sbriciolata. Tostatura del riso, in
genere Carnaroli per tradizione lombarda, portato a cottura con brodo
di carne. Le versioni differiscono su molteplici aspetti:

• Salsiccia nel soffritto, sbriciolata, oppure affettata, messa
sopra (o sotto) il riso. L'opzione più sensata sembra quella di
utilizzare parte della salsiccia per il soffritto e parte, affettata,
da cuocere in padella e unire al momento del servizio, sui piatti.
Esiste una terza versione con salsiccia cotta a parte, in padella con
vino rosso e chiodi di garofano, da servire assieme al suo sugo di
cottura, con riso non tirato al vino, in bianco o con zafferano.
• Sfumatura del risotto con vino rosso, ad esempio Barbera, o vino
bianco
• La diatriba forse più centrale è la presenza o meno dello
zafferano, per alcuni si tratta di un risotto allo zafferano con
salsiccia, per altri lo zafferano non deve assolutamente esser
presente. Nelle versioni con zafferano il vino rosso non è utilizzato
ma si sfuma con vino bianco.
• Altro punto di discussione è la presenza o meno di grana o
parmigiano. In alcune versioni la mantecatura prevista è solo con una
noce di burro.

Questo è per te Sergio, buon appetito...




#10 sergio3

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Inviato 02 April 2009 - 10:58:51


Visualizza messaggioCarlo, su 2-Apr-2009 10:40, dice:

Risotto alla monzese
* La base comune fra le varie versioni è la luganega monzese, che
può essere cotta a parte e servita assieme al riso oppure andare
direttamente ad insaporire il risotto. Soffritto di cipolla in burro
e, in molte versioni, luganega sbriciolata. Tostatura del riso, in
genere Carnaroli per tradizione lombarda, portato a cottura con brodo
di carne. Le versioni differiscono su molteplici aspetti:

• Salsiccia nel soffritto, sbriciolata, oppure affettata, messa
sopra (o sotto) il riso. L'opzione più sensata sembra quella di
utilizzare parte della salsiccia per il soffritto e parte, affettata,
da cuocere in padella e unire al momento del servizio, sui piatti.
Esiste una terza versione con salsiccia cotta a parte, in padella con
vino rosso e chiodi di garofano, da servire assieme al suo sugo di
cottura, con riso non tirato al vino, in bianco o con zafferano.
• Sfumatura del risotto con vino rosso, ad esempio Barbera, o vino
bianco
• La diatriba forse più centrale è la presenza o meno dello
zafferano, per alcuni si tratta di un risotto allo zafferano con
salsiccia, per altri lo zafferano non deve assolutamente esser
presente. Nelle versioni con zafferano il vino rosso non è utilizzato
ma si sfuma con vino bianco.
• Altro punto di discussione è la presenza o meno di grana o
parmigiano. In alcune versioni la mantecatura prevista è solo con una
noce di burro.

Questo è per te Sergio, buon appetito...


MMMMM h  che buono, grazie !!!

Ma fare un risotto Moldo-Padano ???

Inece del vino bianco (o rosso)   non potrebbe essere un'idea, sfumare  con Vodka ?  (mi pare esista una versone con cognac ) o cognac di Balti ??



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