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ADDIO ITALIA


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#31 sergio3

sergio3

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Inviato 08 March 2011 - 09:49:27


:24:  :24:  :24:  :cha (67):  :fight:  :girl (9):  :hg (28):  :lnr (54):  :lgh (23):  :lgh (23):  :english_en:



Io non mi sento italiano, voglio resistere e insorgere


#32 Ambasada.it

Ambasada.it

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Inviato 07 March 2013 - 13:10:40


Immagine inviata

Ecco perché porto l'azienda in Moldavia | Economia Web - http://www.google.com/url...


#33 XCXC

XCXC

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Inviato 07 March 2013 - 19:44:13


Ecco perché porto l’azienda in Moldavia

di Lorenzo Morelli

Delocalizzazione, una scelta obbligata per non chiudere. Il caso Costato, società specializzata in viti per elettrodomestici.

Immagine inviata
Laura Costato, imprenditrice

Tasse e burocrazia fanno scappare le aziende italiane all’estero. Non si tratta di mete esotiche come Bangladesh, Taiwan, Cina o India. Ma destinazioni a poche ore di macchina dai confini nazionali come Svizzera, Carinzia e Slovenia. Le più distanti sono Moldavia e Romania (cliccare qui per leggere l’articolo). A mettre in fuga le pmi sono la pressione fiscale e la difficoltà di accesso al credito bancario, una situazione che, secondo i dati di Unioncamere, ogni giorno porta mille imprese a chiudere i battenti (cliccare qui per leggere l’articolo).
Per non finire nelle statistiche Laura Costato, seconda generazione della Costato Srl, sta preparando le valigie.
L’azienda metalmeccanica alle porte di Milano, specializzata nella produzione di viti su misura per elettrodomestici, è passata in pochi anni da dieci a quattro dipendenti e ora punta alla Moldavia. «Non ce la facciamo più. A schiacciarci non è né la concorrenza cinese né la crisi, è il nostro sistema fiscale. Lo scorso anno abbiamo versato in tasse il 76% di quanto abbiamo fatturato». Per cambiare le cose Costato ha provato anche la strada della politica candidandosi al senato in Lombardia con il movimento di Oscar Giannino, Fare per Fermare il declino. Ma l’esito negativo alle elezioni del 24 febbraio ha spento anche l’ultima speranza di restare.
Nella condizione di Costato ci sono centinaia di piccole medie imprese italiane che dal 2009 hanno trovato un punto di riferimento in Imprese che resistono. Fondata da Luca Peotta, l’associazione no profit fornisce anche un servizio di assistenza per aiutare chi è disperato. Un modo per contribuire a fermare  la lunga scia di imprenditori suicidi per fallimento.

Domanda. Ricorda momenti più drammatici di questo?
Risposta. Assolutamente no, abbiamo attraversato diverse crisi, ma mai qualcosa lontanamente paragonabile a quella attuale.
D. Perché questa crisi è diversa?
R. Questa crisi morde sempre più perché è frutto dell’accumularsi di problemi. Tra il 2012 e il 2013 si è intensificata senza che nessuno si sia preso l’impegno di governarla programmando quelle riforme di cui abbiamo solo sentito parlare nell’ultimo ventennio. Ora queste riforme che si dimostrano improrogabili vengono gestite ancora una volta guardando al consenso e non alla effettiva necessità in un doveroso programma a medio lungo termine.
D. Quali sono le richieste di Imprese che resistono?
R. Sono le stesse che portiamo avanti dal 2009: certezza dei pagamenti. Iva per cassa sotto i 2 milioni non per scelta ma per legge. Riduzione del cuneo fiscale. In tema di Irap proponiamo per quest’anno la riduzione del 50% dell’imposta di cui il 25% a beneficio delle aziende, e il 25% del risparmio da lasciare “detassato” nelle buste dei nostri collaboratori, in modo da poter rilanciare in parte anche il consumo interno.
D. Sul credit crunch Enrico Cucchiani, numero uno Intesa San Paolo, parla di “cavallo che non beve” (cliccare qui per leggere l’articolo), è vero?
R. Qui si entra nel campo delle palesi frottole, il credit crunch esiste in maniera pesantissima. Le banche non hanno alcun interesse ad assumersi il rischio di finanziare una azienda in questo paese. Le banche guadagnano molto di più con la “finanza creativa”, infatti il monte dei derivati, che sono all’origine della crisi finanziaria, è decuplicato negli ultimi 5 anni.
D. Cosa pensa dei dati di Unioncamere: ogni giorno mille imprese chiudono.
R. Penso che sono cinque anni che le aziende scompaiono nel silenzio. Una piccola azienda che chiude non fa notizia, un morto al giorno non è interessante mediaticamente, e neppure 1000.
D. Cosa fa notizia?
R. Mediaticamente, ma soprattutto politicamente, è più redditizio parlare di Fiat, Alcoa, Alitalia. E’ l’effetto domino che avevamo dichiarato nel 2009 che sta trascinando il paese nel baratro, perché le pmi sono la vera ricchezza del paese, un motore che ne muove l’economia intera. Pensi a quante professionalità gravitano attorno alle pmi, e si faccia il conto di quante persone sono rimaste senza lavoro e tutela a causa sì della crisi ma soprattutto dal suo malgoverno. Oggi facciamo i conti di questa incapacità palese.
D. La soluzione è trasferire la produzione all’estero?
R. Laddove non esistono più le minime condizioni per fare impresa il votarsi al suicidio imprenditoriale lo trovo un sacrificio inutile. Occorre prendere decisioni difficili, pesanti e anche rischiose per quello che è il nostro pensiero del fare impresa, ma senza questa valutazione e senza aver il coraggio di scegliere, oggi la condanna è più che mai certa.
D. Lei trasferirà la sua impresa?
R. Personalmente sono almeno 4 anni che ci sto pensando.
D. Dove?
R. Prima ho valutato la Svizzera, un sogno imprenditoriale che prevedeva anche una possibile soluzione famigliare comoda per tutti. Conti alla mano mi sono resa conto che poteva divenire un boomerang qualora i miei fatturati fossero scesi.
D. Per cosa ha optato?
R. Ora ho deciso di trasferire parte della produzione in Moldavia.
D. Qual è il vantaggio?
R. In Italia la tassazione supera abbondantemente il 50%, senza contare le tasse indirette, in Moldavia sono meno della metà. Per dare 14 mila euro l’anno a un nostro operaio, ne spendiamo 29 mila. Con gli stessi soldi siamo in grado di raddoppiare lo stipendio netto ai lavoratori.
D. Fare impresa all’estero è più facile che in Italia?
R. Sì, perché nella maggior parte degli altri paesi, indipendentemente dalla tassazione di molto più bassa di quella italiana, non esiste l’eccesso di regole, regoline, regolette, burocrazia.
D. I costi di trasferimento non pesano sul business plan?
R. Dipende da cosa si deve trasferire, in ogni caso l’ammontare dei benefici nel medio periodo in termini di costi generali è talmente vantaggioso che il costo del trasferimento può considerarsi come un investimento.
D. Chi vi aiuta in Moldavia?
R. C’è un gruppo di imprenditori italiani che operano sul territorio moldavo e romeno da qualche decennio ed è nato il progetto di rilocazione produttiva riducendo di fatto di molto il rischio che ogni operazione di questo tipo comporta, soprattutto per aziende piccole come la mia.
D. Quale sarà il suo mercato di riferimento?
R. Il progetto ipotizza la costituzione di un polo produttivo italiano una aggregazione mirata ad acquisire la dimensionalità necessaria ad aggredire il mercato dell’ex unione sovietica, che oggi è più ricettivo di quello dell’europa occidentale.
D. Cosa vi farebbe restare in Italia?
R. Un cambio del sistema: poche leggi, chiare e inviolabili. Queste sono le condizioni che rendono un paese migliore del nostro per poter fare impresa. Occorre spirito imprenditoriale, che non ci manca, tanta voglia di adattarsi, e un cambio di mentalità importante.  
D. Lei ha ricevuto l’impresa dai suoi genitori, la lascerà ai suoi figli?
R. Se le cose vanno avanti così non penso proprio, i miei figli cresceranno con il solo vincolo dell’impegno finalizzato al raggiungimento delle proprie aspirazioni. Dovranno sapere che nel loro futuro esisterà la possibilità di scelta in base al proprio merito.



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#34 XCXC

XCXC

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Inviato 30 July 2013 - 21:51:50


Visualizza messaggioXCXC, su 24 February 2011 - 01:31:09, dice:

Addio Italia...

la Svizzera vuole gli imprenditori italiani che qui nn ce la fanno piu'...

da "Le Iene" del 23/02/11


http://ambasada.it/t...samo-a-ungheni/



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