Inviato 05 April 2009 - 19:53:17
O per quest'altra:
In ogni caso, la problematica che emerge dal quadro appena tracciato, appare complessa e di non facile interpretazione, anche se a dispetto di queste difficoltà, su un punto c’è una convergenza d’opinioni: la Cosmologia moderna è riuscita ad identificare, gli obiettivi da affrontare.
L’intero Universo è caratterizzato da due soli numeri. Il primo è il rapporto tra radiazione e materia, in altre parole, tra Fotoni e Barioni, pari a circa un Miliardo. Il secondo numero riguarda l’ampiezza delle perturbazioni primordiali necessaria per produrre oggi le Galassie e le altre strutture, esso è stimato dell’ordine di una parte su diecimila.
Qualsiasi teoria cosmologica, per quanto complessa, deve in ultima analisi rendere conto di questi valori. E’ stato Martin Rees, il primo Astrofisico ad accorgersi che i due numeri non sono per nulla casuali, perchè basta variare di poco anche uno solo di loro per cambiare in modo radicale l’evoluzione e il destino dell’universo.
Immaginiamo, per esempio, di avere un rapporto Fotoni-Materia più piccolo, di un milione, o dell’ordine di centomila. Durante le fasi iniziali dell’universo, i Fotoni tengono separati fra loro i nuclei urtandoli di continuo.
Non appena diminuiamo il rapporto Fotoni-Materia, i Nuclei ricevono meno urti e possono combinarsi tra loro con maggiore facilità. Rapidamente si formano elementi pesanti a scapito di quelli più leggeri.
Il risultato è che oggi avremmo un universo costituito essenzialmente da ferro: in lui non ci sarebbe posto per le stelle e le altre strutture luminose che bruciano Idrogeno. Giganteschi blocchi di ferro alla deriva nello spazio cosmico: ecco il risultato di una sia pur lieve diminuzione dei valori accennati.
Proviamo ora ad aumentare il valore oltre il miliardo. Per le stesse ragioni di prima adesso avremo solo Idrogeno e niente elementi più pesanti.
Questo in se stesso non è un gran danno, i guai cominciano quando ci ricordiamo che i fotoni hanno un altro compito nella storia evolutiva dell’universo: essi impediscono alle perturbazioni della materia di crescere, disperdendole continuamente.
Questo processo cessa dopo circa un milione d’anni dall’inizio, nel caso si abbia un rapporto di un miliardo di fotoni e materia: esso si prolunga invece nel tempo a mano a mano che il rapporto cresce. E’ così possibile arrivare fino ai nostri giorni senza avere alcuno sviluppo delle perturbazioni. Una distesa uniforme di puro idrogeno: ecco il risultato di un lieve aumento del valore accennato.
I disastri non sono minori se lo variamo, poiché una lieve diminuzione ha come immediato risultato che l’ampiezza delle perturbazioni è insufficiente per produrre strutture. Un lieve aumento porta ad un collasso gravitazionale troppo rapido: si formano buchi neri invece di stelle e galassie.
Quel che emerge dalla nostra analisi è che le stelle e le galassie sono molto delicate: come un difficile e raffinato manicaretto, esse richiedono un impasto appropriato e precisi tempi e temperature di cottura. Basta cambiare di poco la ricetta e il nostro dolce si brucia, si aggruma, si sfalda.
Questo fatto si presta a varie interpretazioni.
Alcuni cosmologi, hanno notato che la richiesta minima da fare per ottenere un universo che possa ospitare esseri viventi, è quella di poter almeno costruire stelle e galassie.
E’ impensabile che la vita possa albergare in un cosmo non riscaldato da alcuna luce o popolato da mostruosi buchi neri. Combinando queste considerazioni con quelle precedenti, ci accorgiamo che solo un’oculata scelta dei valori citati, consente all’universo di ospitare la vita. Non è straordinario che tra tutte le combinazioni possibili sia capitata proprio l’unica favorevole?
E’ come se qualcuno o qualcosa avesse deciso di fare l’universo a misura d’uomo. La tentazione di un’interpretazione soprannaturale è forte; ma esistono possibilità di spiegazioni naturali? Il primo tentativo è stato fatto dallo stesso Martin Rees, e da una schiera di cosmologi americani: esso è a metà tra la religione e la scienza e prende il nome di Principio Atropico.
L’idea di base è semplice: se l’universo fosse fatto diversamente da com’è, non ci sarebbe posto per la vita e quindi non ci sarebbero uomini capaci di studiarlo. Un universo osservabile (che ammetta, in pratica, la presenza di un osservatore) non può che essere fatto: a misura d’uomo.
Insomma, l’universo è fatto così perché solo in tal modo gli uomini possono esistere e osservarlo. Un fisico francese particolarmente caustico, Hubert Reeves ha osservato che non è giusto parlare di principio Atropico.
Dato che l’attuale struttura dell’universo consente l’esistenza anche della foca e del tricheco, perché non affermare che il cosmo è stato fatto a misura di tricheco? La situazione si è andata modificando in modo radicale con i primi lavori sulla teoria grand’unificata.
Abbiamo visto che nell’ambito di queste teorie il primo valore perde il suo carattere magico: esso deriva in modo naturale dall’annichilimento tra materia e antimateria. Non possono esistere universi con valori minori o maggiori, a meno di non partire da un’iniziale asimmetria tra materia e antimateria, la quale violerebbe le leggi delle particelle elementari.
Resi baldanzosi da quest’insperato successo, i cosmologi hanno cercato di dare una spiegazione naturale anche a l'altro valore. Per ora i risultati non sono stati soddisfacenti. Le teorie cosmologiche prevedono delle fluttuazioni di densità, ma l’ampiezza resta ancora arbitraria.
La via sembra però tracciata e il successo è per molti solo una questione di tempo. Immaginiamo che in un prossimo futuro anche il secondo valore venga ad essere rigorosamente definito.
Avremo allora che la fisica delle particelle elementari determina in modo univoco il destino dell’universo. Per quanto abbiamo detto, stelle e galassie diverranno dei parametri delle teorie sub nucleari: ma, fatto curioso ed inaspettato, anche la vita sarà una conseguenza inevitabile di tali teorie.
E’ come se il nostro destino facesse parte di un codice genetico cosmico, che si snoda misterioso nell’arco di un’infinitesima frazione di secondo durante l’Era di Plank.
Allora: è possibile che il salto agile di una gazzella, il passo leggiadro di una fanciulla o le ire dei grandi della terra, sia stato scritto tutto in una volta e per sempre, nelle infinitesime vibrazioni delle dieci dimensioni nella teoria del tutto?
Un caro saluto.