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Le paroline canaglia.
Started By
Rudy
, 15 May 2010 - 08:11:53
Questa discussione ha avuto 28 risposte
#1
Inviato 15 May 2010 - 08:11:53
Apro questo delicato argomento delle paroline brevi, che tanti grattacapi danno a chi sta imparando la lingua, rispondendo a puntate a Cristy, che lo ha specificamente richiesto.
Cominciamo con "LI".
1. "Li" è pronome personale e dimostrativo maschile plurale. Si usa come complemento oggetto, non come soggetto, al posto di "loro" o "essi".
Quindi al posto di "io vedo loro" posso dire "io li vedo", se mi riferisco ad oggetti maschili. Sarebbe "io le vedo" se fossero femminili. Questo "li" si può trovare prima del verbo: "li vedrò domani", "li mettiamo qui", "li vuoi tu?"; oppure dopo il verbo; in questo caso si attacca al verbo o all' avverbio ecco: "eccoli", "portali", "dammeli", "andrò a trovarli".
2. "Li" come articolo determinativo maschile plurale. Questa forma è di fatto scomparsa nell' italiano moderno. Veniva usata nell ' italiano antico e si usa ancora in molti dialetti del centro-sud, al posto di "i" o "gli".
"Rispuosemi: "Non omo, omo già fui,
e li parenti miei furon lombardi,
mantoani per patrïa ambedui".
Nella Divina Commedia sono le parole con cui Virgilio risponde a Dante quando si incontrano per la prima volta. Dice "li parenti miei" al posto de "i miei genitori".
Quest' uso è molto presente anche in molti dialetti. Tipicamente nel romanesco: "li mortacci tua!".
Nelle lingua attuale questa forma rimane solo in un caso. Quando metti la data in fondo ad un documento ufficiale, scrivi: Milano, li 15 maggio 2010. Quel "li" significa che oggi si compiono i quindici giorni del mese di maggio.
3. "Li" come pronome personale di terza persona maschile singolare. In questa forma si usava come complemento di termine nella lingua antica al posto di "gli". Quindi non ti abbattere piú di tanto. Dante, il padre della lingua italiana e tanti altri poeti e scrittori, usavano "li" al posto di "gli".
Nel Purgatorio troviamo:
"Già s' inchinava ad abbracciar li piedi
al mio dottor, ma el li disse: «Frate,
non far, ché tu se' ombra e ombra vedi».
Dice "el li disse" invece di "lui gli disse".
Quindi se qualcuno ti fa delle osservazioni perché confondi "li" con "gli", rispondigli che parli come Dante Alighieri.
4. "Lí" con l' accento è un avverbio di luogo. Significa "in quel luogo". Si usa con verbi di stato o di movimento per indicare un posto non molto lontano da chi parla e ascolta. "È lí sotto", "Ci incontriamo lí". "Eccolo lí", "Voglio quel libro lí", "Ero lí quando è successo il fatto". Questo "lí" ha un suo quasi sinonimo: "là", anch' esso con l' accento. La differenza fra i due è molto sottile. Per essere proprio pignoli "là" indica un posto forse un pochino piú lontano da chi parla e ascolta, rispetto a "lí".
Per "lo" e "gli", scriverò, a seguire, degli articoli separati.
e se non piangi, di che pianger suoli?
#2
Inviato 15 May 2010 - 10:20:28
LO
1. "Lo", pronunciato con la "o" chiusa (ló, ma l' accento non si scrive), è articolo determinativo maschile singolare.
Si usa quando la parola che segue inizia per vocale, oppure coi suoni "gn"e "sc" (lo gnu, lo scivolo), oppure per "x" (lo xilofono), "z" (lo zio), "i" semiconsonantica (lo Ionio, lo iato), "j" (lo Jugoslavo), "y" (lo yoga), per "s" impura come si diceva una volta o "s" complicata come si dice ora , cioè una "s" seguita da un' altra consonante (lo stivale, lo sparviero, lo smilzo, lo scrupolo, lo spazio, lo Svedese); oppure se la parola comincia con un altro raro gruppo di due consonanti, dove la seconda non sia "r" o "l" (lo psicologo, lo pseudonimo, lo pneumococco, lo ptialismo, lo ctenidio, lo mnemonismo, lo ftalato). Fa eccezione pneumatico (si dice spesso il pneumatico; però anche lo pneumatico è corretto).
Negli altri casi si usa "il" come articolo determinativo maschile singolare.
Quando sta davanti ad una vocale è obbligatorio elidere la "o" di "lo", scrivendo un apostrofo al suo posto (l' amico, l' ufficio, l' ingegno, l' eretico, l' olio)
Attenzione, perché anche l' articolo femminile "la" elide la "a" e mette l' apostrofo (l' edera, l' umiltà, l' onda, l' ancora, l' immagine). Nel caso di nomi invarianti al maschile e al femminile, si possono creare dubbi. Se dico "un artista" o "una artista" posso sapere se è maschio o femmina; ma se scrivo "l' artista" non so piú se sia un uomo o una donna, cosí pure "l' analista" o "l' amante".
Queste regole valgono anche quando l' articolo non è seguito direttamente dal nome a cui si riferisce, ma da un' altra parola ("il giorno" diventa "l' ultimo giorno"; "lo zio" diventa "il caro zio", "il paesaggio" diventa" lo stupendo paesaggio"). Si mette sempre "il" o "lo" a seconda della parola che segue subito dopo. Questo non è facile agli inizi per chi sta imparando la lingua; soprattutto nella conversazione.
Data la regola, è necessario ricordare che però anticamente si metteva a volte "lo" anche davanti a consonate semplice, al posto di "il", soprattutto all' inizio di una frase, "lo bello stilo", "rimirar lo passo", "Lo giorno se n' andava". Quest' uso è molto presente in alcuni dialetti; tipicamente nel napoletano ('o sole, 'o mare, 'o Vesuvio); ed è rimasto nella lingua moderna in due espressioni: "per lo piú" e "per lo meno".
Infine "lo" si fonde con le preposizioni semplici, formando "allo", "nello", "dello", "dallo", "sullo" e anticamente "pello" e "collo" ("mettilo nello zaino", "vengo dall' ospedale", "appendersi allo stipite", "l' aroma dello spumante", "salii sullo scaffale").
2. "Lo" è pronome dimostrativo e personale di terza persona singolare. Si abbina a "li", il plurale che abbiamo visto nell' altra voce. Significa lui, esso, come complemento oggetto riferito a persona o cosa ("lo vide venire", "te lo porterò", "l' abbiamo sentito").
Può stare sia prima che dopo il verbo. Se viene dopo si attacca al verbo o all' avverbio "ecco" ("eccolo", "fammelo sapere", "restituiscimelo subito!", "prendilo pure").
Anche per questo "lo" si elide la "o" davanti a vocale e si mette un apostrofo al suo posto.
3. "Lo" sempre come pronome significa "ciò" ("tu lo sapevi", "dillo", "lo dicevo io!", "lo si dice", "lo si pensa".
4. "Lo" ancora come pronome si usa al posto di "tale" (si ritiene furbo ma non lo è", "si credono indispensabili e invece non lo sono".
5. "L' ho" con l' apostrofo e l' "h" è un gruppo di due parole. Ha una pronuncia diversa dai precenti, perché in questo caso la "o" si pronuncia aperta, come "lò".
La prima delle due parole è lo stesso "lo" pronome che abbiamo visto al punto 2, oppure il suo omologo femminile "la"; la seconda è il verbo ausiliare avere (io ho). Quindi si scrive "l' ho visto" (= lo ho visto), come si scriverebbe "l' abbiamo visto"; l' ho invitata" (= la ho invitata), oppure "l' avete invitata", "l' ho messo da parte" come "l' hanno messo da parte".
A complicare le cose c' è solo la scomparsa della "o" di "lo" o della "a" di "la" e l' apostrofo al suo posto. In italiano la "h" non ha alcun suono, quindi si guarda cosa viene dopo. In questo caso dopo viene la "o" di "ho", che è una vocale, per questo si tolgono la "o" o la "a" della prima parola.
e se non piangi, di che pianger suoli?
#3
Inviato 15 May 2010 - 12:05:22
io avrei scritto "le paroline canaglie"
.
#5
Inviato 16 May 2010 - 11:26:21
GLI
1. "Gli" è articolo determinativo maschile plurale. Fa coppia col singolare "lo" che abbiamo visto prima. Si usa quando la parola che segue inizia per vocale, oppure coi suoni "gn"e "sc" (gli gnu, gli scivoli), oppure per "x" (gli xilofoni), "z" (gli zii), "i" semiconsonantica (gli iati), "j" (gli Jugoslavi), "y" (gli yen (moneta giapponese)), per "s" impura come si diceva una volta o "s" complicata come si dice ora , cioè una "s" seguita da un' altra consonante (gli stivali, gli sparvieri, gli smeraldi, gli scrupoli, gli spazi, gli Svedesi); oppure se la parola comincia con un altro raro gruppo di due consonanti, dove la seconda non sia "r" o "l" (gli psicologi, gli pseudonimi, gli pneumococchi, gli ptialismi, gli ctenidi, gli mnemonismi, gli ftalati). Fa eccezione pneumatico (si dice spesso i pneumatici; però è corretto dire anche gli pneumatici).
Sono gli stessi casi in cui al singolare si usa "lo".
Negli altri casi si usa "i" come articolo determinativo maschile plurale.
Questo "gli" si può apostrofare solo davanti ad un' altra parola che comincia con "i" ("gl' individui", "gl' Italiani", "gl' infelici"), ma ciò non è obbligatorio.
Le regole per l' uso di "i" o "gli" come articolo valgono anche quando non sia seguito direttamente dal nome a cui si riferisce, ma da un' altra parola ("i giorni" diventano "gli ultimi giorni"; "gli zii" diventano "i cari zii", "i paesaggi" diventano "gli stupendi paesaggi"). Si mette sempre "i" o "gli" a seconda della parola che segue subito dopo.
Per i nomi maschili, se al singolare uso l' articolo "il", al plurale userò "i". Se al singolare uso "lo", al plurale metterò "gli".
Spesso questo "gli" si fonde con le preposizioni semplici, formando le preposizioni articolate "agli", "dagli", "degli", "negli", "sugli", piú raramente "cogli" e anticamente "pegli" (la fanciulla dagli occhi cerulei, riposare sugli scogli, fidarsi degli amici, vive negli oceani, risotto cogli asparagi, ecc.).
2. "Gli" è pronome personale di terza persona maschile singolare. Come complemento di termine significa a lui, a esso.
Può stare prima del verbo (gli ho detto, gli hai parlato) oppure dopo il verbo e in questo caso si attacca al verbo stesso (devo parlargli subito, mi sdebiterò mandandogli un regalo, vagli incontro e fagli festa).
Se è seguito da "la", "le", "li", "lo", oppure "ne" assume le forme "gliela", "gliele", "glieli", "glielo" e "gliene" (glielo dissi, gliene parlai, glieli porto domani, gliene tengo un pochino nel frigo).
Nella lingua comune si usa spesso "gli" anche come pronome femminile e/o plurale. Questo è un uso sbagliato, ma ormai molto diffuso. È uno di quegli "errori" che attraverso l' uso finiranno per diventare accettati nella lingua comunemente parlata. Si dice "gli parlerò quando la vedo"; ma sarebbe piú corretto "le parlerò quando la vedo", perché il pronome femminile è "le".
Si dice "se vedi i tuoi parenti, digli che li saluto"; ma corretto è "di' loro che li saluto", perché il pronome plurale è "loro". Però, come detto, "gli" è ormai spesso generalmente usato per tutti i numeri e generi.
3. Nella lingua antica molti scrittori potevano scrivere "gli" al posto di "li" come pronome personale maschile plurale.
"con molti cavalier scendemmo al piano
e gl' incontrammo appresso ponte molle."
Nell' "Italia liberata dai Goti" di Giovan Giorgio Trissino troviamo "gli" al posto di "li".
"Gli vedevam da lunge in su l' arena,
quantunque indarno, minacciosi e torvi
stender le braccia a noi, le teste al cielo:"
Si trova nella grandiosa traduzione dell' Eneide di Annibal Caro.
Quindi non solo la lingua antica usava "li" al posto di "gli, ma anche viceversa. Come già detto nell' altro intervento, questa confusione tra le due forme, non è prerogativa di chi è di madrelingua romena, ma pure dell' italiano antico. Mettiti il cuore in pace Cristy, tu parli come Dante Alighieri e molti altri classici.
e se non piangi, di che pianger suoli?
#7
Inviato 16 May 2010 - 12:18:59
Rick, su 16-May-2010 13:46, dice:
sai com'è
Allora, tanto per essere pignolo, se tu avessi scritto " le paroline canaglie" avresti sbagliato.
Canaglia è un nome collettivo, come gente, fogliame o prole; quindi comprende già in sé un significato plurale.
Canaglia nel suo significato originario è un' orda di cani che abbaiano, sbraitano, urlano e mordono.
Inoltre l' abbinamento parolina-canaglia viene quasi a formare un sostantivo composto. Su come si forma il plurale dei nomi composti ci sarebbe moltissimo da scrivere. È un argomento complesso, a volte controverso e dibattuto.
Per non dilungarsi, basta solo considerare che nell' affibbiare l' appellativo di canaglia a qualcuno, l' uso corretto e generalmente accettato è quello di lasciare invariato canaglia al plurale.
Vedi il grande dibattito politico-strategico internazionale sui "rogue states", gli "stati canaglia".
http://en.wikipedia....iki/Rogue_state
http://it.wikipedia..../Stato_canaglia
Riferendosi a questo argomento, nessun giornalista o politologo italiano ha mai scritto al plurale "stati canaglie", ma tutti, correttamente e per fortuna "stati canaglia".
e se non piangi, di che pianger suoli?
#8
Inviato 16 May 2010 - 14:24:49
Rudy, su 16-May-2010 14:18, dice:
Riferendosi a questo argomento, nessun giornalista o politologo italiano ha mai scritto al plurale "stati canaglie", ma tutti, correttamente e per fortuna "stati canaglia".
Pardon, mi correggo.
Qualcuno in effetti c' è stato.
Chi poteva parlare di "stati canaglie"? Chi altri se non Antonio di Pietro?
Lo troviamo nel suo sito.
http://italiadeivalo...mocrazie_oc.php
In realtà sta pure parlando di un argomento diverso, ossia dei paradisi fiscali. Ma si sa com' è il personaggio.
Non si possono fornire ricette sicure per parlare bene l' Italiano. Però si può dare qualche dritta. Una di queste è la seguente: per favore non parlate mai come Antonio di Pietro.
e se non piangi, di che pianger suoli?
#9
Inviato 16 May 2010 - 15:40:20
NON TI SI PUO' LEGGERE !
Il problema è che si pensa abbia valore di aggettivo , mentre è un sostativo .
Canaglia è un sostantivo femminile
che al plurale fa canaglie , sic et semplicitur ......
Effettivamente è di origine latina , da canis
e canàlia aveva il significato di orda di cani
Non a caso
in tutte le lingue neolatine lo si ritrova in varianti + o meno simili
al nostro canaglia
A questo punto , visto che ci hai smarronato con i "Fora"
per canaglia dovremmio dire ...... Canaliae
Quanto alla diatriba anglo sassone ......
sinceramente
a noi altri nun ce ne può fregà de meno
#10
Inviato 16 May 2010 - 15:52:01
Non fate i canaliae..
N.B. Nel senso buono.
Kivulumi
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