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L'area postsovietica si allontana dalla Russia dopo lo scoppio della guerra in Ucraina - la Repubblica


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Inviato 25 May 2023 - 08:31:00


L'area postsovietica si allontana dalla Russia dopo lo scoppio della guerra in Ucraina
di Corrado Zunino  
Immagine inviata        

ROMA - Domenica scorsa a Chisinau, capitale della Moldavia, piccola nazione costretta ad essere ancora cuscinetto in questa trentennale transizione che ha toccato l'Est Europa dopo la dissoluzione dell'Urss nel 1991, Transnistria, diventata filorussa dopo la guerra dei due anni, teme per la tenuta di un altro pezzo della nazione, la Gagauzia, regione a sud della capitale dove vive una comunità di origine turca e le istanze autonomiste, già garantite dal Parlamento moldavo, sono molto forti. Lo scorso 31 aprile in Gagauzia si sono tenute elezioni politiche tra candidati esclusivamente rivolti veso Mosca e al ballottaggio del 14 maggio ha vinto Evghenia Gutul, candidata del Partito Shor dell'oligarca Ilan Shor, accusato di aver preso soldi dal Cremlino per organizzare un colpo di Stato a Chisinau e condannato a 15 anni di carcere per il furto di un miliardo di dollari dalle banche del Paese. Anche su quest'ultime elezioni locali vive il sospetto di brogli.

Traversata, quindi, da tensioni interne, la Moldavia si appresta a ospitare a Chisinau - sarà tra una settimana, giovedì 1 giugno - un summit della Comunità politica europea con 47 Stati partecipanti. Il vertice sarà focalizzato su tre argomenti: sicurezza, questione energetica e mobilità. Il messaggio che Ursula von der Leyen vuole inviare a Vladimir Putin, tuttavia, è quello di "creare una narrativa geopolitica occidentale che includa i Paesi partecipanti". Tra gli stati presenti ci saranno l'Ucraina (ancora non si sa se rappresentata da Volodymyr Zelensky), l'Armenia, l'Azerbaigian, la Georgia, la Turchia e i Paesi dei Balcani Occidentali.

Ecco, la Georgia: un'altra potenziale preda della Russia, che l'ha sconfitta e disarmata nel 2008 in una guerra in grado di filiare gli staterelli filo-Mosca dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia. Il Paese che ha dato i natali a Josif Stalin si sente perennemente minacciato e nutre, da tempo, la volontà interna di entrare nell'Unione europea: nel marzo 2022 è stato il premier Irakli Garibashvili a firmare la candidatura ottenendo tre mesi dopo, però, un fermo comunitario: Bruxelles non può accogliere un Paese che tiene in prigione uomini dell'opposizione politica. La Georgia, va ricordato, con i suoi poco più di tre milioni di abitanti è sulla linea di confine tra l'Europa e l'Asia. Tiblisi è sullo stesso meridiano di Teheran, portarla nell'Unione europea significherebbe estendere la Comunità decisamente a Est. Tra l'altro, anche il Piano d'azione Nato prevede di inglobare la Georgia.

Dopo le adunate pro-Europa allestite con l'inizio della guerra in Ucraina sul Viale Rustaveli della capitale e la ribellione popolare dello scorso marzo per la legge contro le Ong straniere, in questi giorni i cittadini georgiani sono tornati in strada per protestare contro la ripresa dei voli diretti traMosca e Tiblisi, una settimana dopo che il Cremlino aveva inaspettatamente revocato un divieto che durava da quattro anni. Ecco, c'è una piazza che chiede l'Europa e leader di governo che devono invece tenere conto di un'economia zoppicante e la relazione fin qui necessaria con l'ingombrante vicino russo.
La situazione in una delle aree più instabili del mondo resta complessa, ma, certo, di fronte a un presidente della Russia che voleva riattrarre a sé una ex Repubblica (l’Ucraina) e minacciarne altre due (Moldavia e Georgia), è accaduto che tutte e tre le nazioni abbiano chiesto, dopo l’invasione, l’ingresso in Unione europea. Ucraina e Moldavia sono candidate a tutti gli effetti, la Georgia è candidata potenziale.
Con l’invasione ll'alba del 24 febbraio 2022 Putin voleva allentare la pressione della Nato a Ovest, iniziata nel 1997 con l’adesione all’Alleanza atlantica della Polonia, ma la conseguenza è stata che altri due storici Paesi occidentali, questi di ispirazione neutralista, hanno chiesto l’ingresso nell’organizzazione militare nordatlantica: sono Finlandia e Svezia. La prima l'ha ottenuta lo scorso 4 aprile. Hanno fatto richiesta di entare nell'alleanza l’Ucraina, nel 2008, la Bosnia Erzegovina e Il Kosovo nel 2022. Oggi la Nato ha 31 membri al suo interno e metà (14) sono Paesi che ruotavano attorno all’ex Unione sovietica.
A questo doppio ingrandimento – politico e militare – dell’Occidente, si aggiunge la velocizzazione sia del “processo europeo” che dell’"adesione alla Nato” nei Balcani ex comunisti. Erano tre i candidati all’Unione europea prima della Guerra in Ucraina: la Serbia, storico alleato della Russia, quindi Bosnia-Erzegovina e Montenegro. Il Kosovo lo è diventato nel dicembre 2022 e la Macedonia del Nord è osservatrice alle riunioni dell'Unione. A questo blocco dell'ex Jugoslavia va aggiunta l’Albania, nazione ruotante nella sfera post-sovietica. La paura nei confronti dell'aggressività di Putin ha spinto i singoli Paesi ad accelerare le diverse pratiche di adesione. Slovenia e Croazia, tra l'altro, sono già in Ue da tempo e quotidianamente distanti dalla Russia.
Un leader, Vladimir Putin, sempre più distante dall'Europa e che aspira a una Russia con un ruolo primario nel continente asiatico, nei quindici mesi di guerra ha conosciuto prese di distanza da parte di diverse, e ricche, ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale. Al processo di de-sovietizzazione del mondo iniziato nel 1991, nel 2022-2023 si sta affiancando quello di de-russificazione.






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