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Questa discussione ha avuto 16 risposte

#1 Carlo

Carlo

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    Medaglie



Inviato 12 June 2009 - 14:19:11


Una sola parola dovrebbe racchiudere la filosofia delle associazioni no profit e delle onlus: "Aiutare".

Le associazioni dovrebbero adoperarsi perché ogni aiuto, ogni singolo sforzo giunga a destinazione, senza perdersi in buracrazie o sprechi anche minimi.

Ecco i principi di "UNA VITA ELEMENTARE Associazione No Profit": chiarezza e trasparenza. Aiuti concreti e di prima persona senza discriminazioni di età, sesso, religione e razza.

Informazione e aggiornamenti costanti per tutti i soci e amici. Documentazioni sempre consultabili.

"UNA VITA ELEMENTARE Associazione No Profit" è un’associazione di volontariato che propone la realizzazione di progetti in Moldova, senza perdersi in lungaggini burocratiche ed evitando sprechi.

Chi offre aiuto, di qualsiasi entità esso sia, ha il diritto di verificare, in ogni fase del progetto, se ha ben riposto la sua fiducia.

Quello che ci interessa è cercare di dare una mano a chi ne ha davvero bisogno.
In questo spazio ospitiamo opinioni, pareri del tutto personali, di quello che le associazioni dovrebbero essere e di quello che non dovrebbero essere.




#2 Carlo

Carlo

    Tpx3MI

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    Medaglie



Inviato 12 June 2009 - 14:25:50


Non aiutate l'Africa...
... o almeno, non aiutatela così... 11 giugno 2009 - Aldo Vincent

«L'Italia non rispetta gli impegni presi per aumentare gli aiuti all'Africa»

L'accusa dell'associazione di Gates e Geldof: «Operato del Paese fa sorgere dubbi su credibilità come presidente G8» Italia e Francia non rispettano gli impegni presi al G8 di Gleneagles nel 2005 per combattere la povertà estrema in Africa e questo comportamento rischia di compromettere gli sforzi dell'intero G8: è l'accusa lanciata dalla campagna internazionale contro la povertà «One», nel rapporto 2009 che è stato presentato a Londra da Bill Gates, Desmond Tutu e Bob Geldof, tra gli altri.

Gli aiuti dati, dice One, servono enormemente: 34 milioni di bambini in più vanno a scuola, trattamenti contro l'Aids a tre milioni di persone, dimezzamento delle morti per malaria in Ruanda, Etiopia e Zambia.

Qui sopra, la notizia.
Sembra che gli aiuti, in mani private siano più efficaci di quelli in mano pubbliche o quasi pubbliche come le Onlus.
È un grande problema, di difficile soluzione, e per tutti coloro che pensano che sia meglio fare qualcosa che non fare nulla, rispolvero un vecchio articolo che scrissi al mio ritorno dall'Africa.
Senza la pretesa d'essere depositario di chissà quale verità, solo per aggiungere elementi di riflessione:
Buona lettura:

...e soprattutto: NON AIUTATE L'AFRICA!!
Sono anni che lo vado predicando: gli aiuti (così come sono organizzati) fanno male agli Africani!! Vedo che finalmente pure qualche economista se n'è accorto, e con immenso piacere torno sull'argomento per ribadire il concetto.

Premetto che non sono depositario di nessuna Verità inerente l'Africa perché la conosco molto poco. Ho navigato tutto il Nilo per arrivare in Sudan e nel Sahel; poi Niger, Mali, Mauritania e in volo alla Sierra Leone da dove, attraversando Guinea Bissau sono arrivato a Banjul e quindi in Senegal. Il mio viaggio è durato 30 mesi ma il maggior tempo l'ho speso in Gambia e sul fiume Shaloum dove ho costruito una scuola, ho scavato pozzi, ho coperto fogne ed ho portato l'acqua. Come vedete la mia esperienza è limitatissima, però qualche cosa ho visto e ne sono testimone.
Ho visto per esempio, americani che fingevano di organizzare gli aiuti ma erano agenti della CIA
Ho visto tedeschi che disboscavano l'Africa e spedivano legni pregiati in Europa
Ho visto inglesi (i più razzisti di tutti) stipendiati da Oxfam o Save the Children, con macchine lussuosissime e con aria condizionata, che avevano fatto fare lavori per trasferire l'acqua con cui annaffiavano i giardini delle loro ville e che alle cinque facevano servire il te dai locali in guanti bianchi.
Ho visto progetti UNICEF che costavano dieci volte il necessario per insegnare ai bambini la pittura ma che si sono rifiutati di vendermi (vendermi, badate bene) la penicillina per salvare il mio villaggio da una terribile epidemia.
Ah quante cose ho visto!

Ma sto divagando. Dov'eravamo rimasti? Ah, sì. Gli aiuti agli africani.
Procediamo con calma. Cominciamo con la struttura familiare.
Di solito vivono in un compound che è costituito da un clan di appartenenti alla stessa famiglia. Un uomo sposa quattro mogli e ogni donna per sentirsi realizzata deve fare almeno tre figli. Ne consegue che se fossero solo numeri, il primo uomo avrebbe 12 figli, la seconda generazione 72, la terza 432 e la quarta 2600 e così via. In pratica un compound di una ventina di persone in quarant'anni diventerebbe grande come una cittadina italiana. Per fortuna ci pensa una natura benevola che uccide i bimbi più deboli rendendo drammatica ma vivibile la situazione demografica.
Ma qui interviene l'uomo bianco. Perché andare in giro a raccogliere soldi dicendo che sono per i bambini, rende di più e così si prendono costosissime iniziative per salvare soggetti che in Africa con le sole proprie forze non sopravvivrebbero.

Badate bene, con questo non voglio dire che le intenzioni non siano nobili, perché tutto lo sforzo per salvare anche solo una vita umana, è encomiabile. Però bisogna essere pragmatici e l'Africa è un Paese durissimo dove basta un taglietto per rischiare di morire perché una moltitudine di insetti ha nella saliva sostanze narcotiche e anestetiche, che non ti fanno sentire dolore mentre ti mangiano vivo.
E la notte nemmeno ti immagini quanti miliardi di zanzare sono pronte a succhiarti tutte insieme il sangue. Ricordo sul fiume Gambia una farfallina che di notte entrava nel naso dei bambini che dopo qualche tempo avevano dentro il corpo vermi sottili e lunghi anche venti centimetri che dall'interno si facevano strada fino agli occhi, rendendoli ciechi in poco tempo.

In Africa ci sono malattie così dolorose che noi nemmeno immaginiamo, e se i deboli muoiono nel primo anno di vita, la natura benevola li fa morire incoscienti.
Se invece li tieni in vita con i farmaci, questi individui, di per sé deboli e soccombenti PER TUTTA LA LORO VITA dovrebbero essere tenuti in vita con i farmaci. Ma qua succede l'incredibile: l'uomo bianco degli adolescenti se ne fotte!

Eh sì, perché quando questi ragazzi sono arrivati attorno ai sedici/diciotto anni non c'è nessuno che si occupa di loro e vivono sbandati ai margini del loro gruppo sociale diventando pericolosi estremisti. Chi credete che siano i giovani kamikaze, i moderni schiavi, le nuove leve della criminalità e dello spaccio?
Sono giovani africani emarginati dalla loro stessa comunità (giovani leoni sessualmente affamati e quindi pericolosi per lo status quo della tribù) e dalle organizzazioni internazionali che spendono l'ottanta per cento delle loro risorse PER MANTENERE in piedi la macchina amministrativa, gli stipendi, le auto di lusso con cui muoversi, l'aria condizionata, i viaggi delle famiglie... il rimanente serve per le foto: belle faccie di bimbi emaciati e via! Una nuova campagna per la raccolta fondi.

Voi mi direte, ma via, non sempre, non tutti, non dappertutto.
Certo avete ragione. Ma se fate un paio di conti, con i soldi che si spendono, le persone che si impiegano, i governi che si mobilitano, dovrebbe saltarvi agli occhi che c'è qualcosa di sbagliato, perché in tutto questo tempo non siamo riusciti a rimediare quasi a nulla! Abbiamo tante e tali ben qualificate schiere di volontari e tanti di quei mezzi, che se veramente volessimo risolvere il loro problema LA' DA LORO, si potrebbe fare...

Invece siamo qui, a ripetere il rito di sempre: gettare la monetina nel cappello del povero fuori dalla chiesa ed entrare sollevati a fare la Comunione...




#3 Carlo

Carlo

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    Medaglie



Inviato 29 June 2009 - 14:36:16


ONG DIETRO LA LAVAGNA: SE SI COPIA IL PEGGIO DELL'INDUSTRIA DELL'ASSISTENZA.

     L’inglesino Max è riuscito a scampare alle risse d’Oxford Street per comprare qualche cappotto con il 70% di saldo, mi racconta di gente che, con un freddo polare, era piazzata davanti ai magazzini fin dal primo mattino. Lui è scappato dalla calca e si è tenuto il cappotto vecchio con il quale s’aggirava, inquietante per Kathmandu quando lavorava (bene)  nella cooperazione internazionale.
     Mi racconta che lassù c’è aria di disastro, più che in Italia.

     Abbandonato Oxford Street ha catapultato le analisi sui risultati della grande industria dello sviluppo su ciò che fa la piccola industria dell’assistenza internazionale (ONG\ONLUS) , a cui gli italiani donano  circa 500 milioni l’anno. Non cambia molto, se non nelle dimensioni, rispetto ai metodi inefficaci visti per la grande.

Cioè, segnala:

Spese di struttura e marketing che raggiungono l’80% delle risorse (la logica dell’auto-mantenimento più che delle attività a favore dei beneficiari);

La crescita degli aiuti che finiscono nelle burocrazie che si nutrono degli aiuti per mantenere i poveri;

Personaggi che non sono idonei a risolvere i problemi su cui lavorano e che facendolo mettono a rischio i loro posti di lavoro;

Preferenza a parlare del nome delle comunità  piuttosto che a lavorare  insieme ad esse

Spreco delle risorse per la loro inefficienza o per finire nelle mani di private a livello locale o dei leader politici.

     Max nota che poco si parla, nella stampa italiana e dei paesi sostenuti, di questi andazzi e si domanda perché nessuno fra i molti corrispondenti esteri dei giornali, invece di copiare (a volte sbagliando), le notizie dei quotidiani locali non fanno una bella inchiesta visitando una decina di progetti di ONG, ONU e Cooperazione ufficiale per vedere cosa c’è di reale.
    
     Lui potrebbe già suggerire qualche posto: Pashupatinath (Kathmandu), Dolpo (Nepal occidentale), Pondicherry (India del sud), Everest (Nepal), Kompong Chaang (Cambogia), Kirtipur (Kathmandu), Sihanoukville (Cambogia), etc.

     O, come scrive l’Himalayan Time (31-12-08) andare a verificare la denuncia fatta un Associazione di sieropositivi nepalesi , secondo cui i fondi del Global Fund loro destinati sono scomparsi nelle ONG per il lavoro di supporto alle persone affette da HIV/AIDS e per l’educazione dei bambini comprano auto lussuose per uso privato.

     La National HIV Federation vuole andare a fondo e capire che fine hanno fatto gli oltre USD 3 milioni distribuiti a governo, ONG locali e internazionali.
Meglio far finta di non vedere e lasciare che le coscienze siano tranquille e che il “sistema”, politicamente lottizzato vada avanti. I soldi vengono dati, le coscienze pubbliche e private placate e chi se ne frega se i beneficiari (come gli utenti dei servizi statali) ricevano solo briciole.

     Per scendere nel pratico vediamo come esempio della qualità e quantità delle spese delle ONLUS\ONG che lavorano nella cooperazione quella della nostra ONLUS (CCS Italia); già analizzata (per il bilancio 2007) come esempio a seguito di segnalazioni da parte di partners e comunità nepalesi. I poveretti hanno visto affossare attività, progetti e organizzazioni comunitarie dopo averli creati e lavorato per 5 anni (con ottimi risultati) per dare qualche opportunità a bambini e famiglie (anche negli anni tesi del conflitto civile).

     Le ragioni dell’affossamento risultarono essere quelle generali soprasegnalate. Infatti, i nuovi assunti (tutti appartenenti alle caste più elevate) hanno rimpiazzato (licenziandoli) le persone dei villaggi (tutti Tamang di casta bassa) che avevano iniziato nel 2003 i progetti e costituito un organizzazione locale ora distrutta. E’ la nota, studiata e diffusa mal pratica in cui i ricchi dei paesi poveri gestiscono (a loro beneficio) gli aiuti internazionali.  
     Lo dimostra un esempio di attività in sostituzione dei progetti (su salute, sostegno alle famiglie, integrazioni alimentari, etc.), abbandonati:
-Practicable demonstration on personal health and hygiene, i.e. develop basic cleanliness habits in students like cutting their nails (42 schools and ECDs centers).

     Per non lasciare niente al caso, Max, chiuso in casa per salvarsi dalla folla dei saldi e nel freddo di Londra, si è andato a vedere il sito con l’elenco dei progetti fatti nel 2008. Ha anche notato che, per favorire la trasparenza verso i sostenitori , il sito è stato aggiornato (dopo 3 anni) solo il 20 dicembre, forse, per intercettare i donatori natalizi.

     L’80% dei progetti prevede versamenti diretti a partners locali (che s’incaricano di svolgere le attività), distribuzione di materiale didattico ai bambini, costruzioni (affidate a imprese, si presume), perciò risulterebbe che il lavoro fatto dalla struttura dell’organizzazione in Italia e nei Paesi è limitato a un passaggio di denaro e al controllo dell’utilizzo.
     Per attuare questi progetti (Mozambico, Zambia, Cambogia, Nepal) sono stati spesi euro 1.309.095 (dichiarano nel sito, spese che già compendono anche benzina, ammortizzamento auto, personale straordinario e altre spese di gestione). Le entrate complessive (in calo del 15% rispetto al 2007) saranno nel 2008 circa euro 3.200.000.
     Viene lecito domandarsi, dice Max, come sono stati utilizzati i restanti euro 2.000.000. Sappiamo che CCS Italia è ben organizzato. In Italia si barcamenano: 1 Segretario Generale (e chi è Breznev?), 1 responsabile progetti, 1 responsabile qualità(?). Solo per questi ballano (lordi) più di euro 220.000 all’anno (al netto dei vari benefits), più gli stipendi per una decina d’impiegati vari. Vi sono, poi, almeno 3 consulenti per il fundraising, 1 per i progetti e una società per il web-marketing. In effetti era necessario migliorare il marketing,  la campagna dello scorso anno ha prodotto una perdita di euro 160.000 fra investimento e entrate, (sempre soldi dei bambini).  Quest’anno sicuramente andrà meglio con la splendida idea di Tutti a Tavola, un po’ di telemarketing, viaggi premio e una lettera di un politico trapassato (tutte attività che costano un bel po’ di soldi (consulenti e marketing pagati con i soldi che i donatori vorrebbero impiegati per i bambini). Max non finisce qui.
    
     Per gestire, nelle forme indirette che abbiamo visto, euro 1.309.095 in progetti lavorano all’estero, a proposito di growth of aid bureaucracies: 10 espatriati (costo medio degli espatriati annuo euro 50.000+casa+macchina+viaggi aerei+telefonino) e 130 locali (costo medio euro 15.000 annuo).
    
     Elementi stravaganti: in Nepal,  come abbiamo visto si è speso 150.000 in struttura su 350.000 euro inviati; il personale locale nel 2006 era di 6 persone per gestire il doppio delle attività, come segnalano i partners nepalesi. In Cambogia per gestire progetti per euro 65.000 (di cui 34.000 girati a partners locali) spendono per personale e struttura euro 115.000.
     Per completare il quadro: le ONLUS\NGO sono gestite da  un Consiglio d’Amministrazione che, contrariamente alle aziende private, dove per esserci si mettono soldi o lavoro, qui si approda (almeno nell’esempio in questione) senza né uno nè l’altro. Ciò implicherebbe che i membri volontari dovrebbero contribuire con parole (queste non mancano) e lavoro volontario all’attività dell’associazione per ridurre i costi di personale, liberare fondi per i bambini beneficiari; se no rischiano di fare la figura degli scrocconi (di visibilità e scampoli di potere).

     Max, inoltre, è un po’ infastidito (è inglese e moderato). Lui ha lavorato come volontario per questa associazione in Nepal nel 2006, contribuendo a corsi di formazione per il personale locale e alla preparazione delle registrazione presso il Ministero degli esteri nepalese (MAE), lui pensa che qualcuno dei membri del CDA si faccia pagare una bella consulenza, per analoghi lavori. Non ci posso credere sono soldi dei bambini.
     Bè, dico, io, sarebbe bello che per gestire progetti per euro 1.309.000 (poco più del fatturato di una grande rosticceria, per rimanere in tema con l’immagine associativa) ne utilizzassero euro 2.000.000 (soldi donati per i bambini) e quasi 150 persone (fra espatriati, locali e 5 poltronati nel CDA).
     Max, dopo questa analisi, non c’è la fa più con ONLUS\ONG, vuole fare domanda alle Nazioni Unite; lì, in confronto a questi, arrivano più soldi ai beneficiari e forse, ogni tanto, s’intravede qualche attività sensata. Qui il 75% dei soldi donati se ne va nell’automantenimento.

L’articolo è stato pubblicato in:
http://crespienrico....dellassistenza/




#4 Carlo

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    Medaglie



Inviato 29 June 2009 - 19:47:50


L'articolo forse troppo lungo, ma essendo una testimonianza doveva essere riportata per intero, non induce alla facile lettura.
Vorrei, come presidente di una associazione no profit dove tutte le spese sono a carico dei soci fondatori, sottolineare quello che segue. Vergognoso, per non dire altro.

"Per attuare questi progetti (Mozambico, Zambia, Cambogia, Nepal) sono stati spesi euro 1.309.095 (dichiarano nel sito, spese che già compendono anche benzina, ammortizzamento auto, personale straordinario e altre spese di gestione). Le entrate complessive (in calo del 15% rispetto al 2007) saranno nel 2008 circa euro 3.200.000.
Viene lecito domandarsi, dice Max, come sono stati utilizzati i restanti euro 2.000.000. Sappiamo che CCS Italia è ben organizzato. In Italia si barcamenano: 1 Segretario Generale (e chi è Breznev?), 1 responsabile progetti, 1 responsabile qualità(?). Solo per questi ballano (lordi) più di euro 220.000 all’anno (al netto dei vari benefits), più gli stipendi per una decina d’impiegati vari. Vi sono, poi, almeno 3 consulenti per il fundraising, 1 per i progetti e una società per il web-marketing. In effetti era necessario migliorare il marketing, la campagna dello scorso anno ha prodotto una perdita di euro 160.000 fra investimento e entrate, (sempre soldi dei bambini)."


Ogni commento è superfluo.. diffidate, gente, diffidate...quando donate fatelo con il cuore, ma anche con la testa..




#5 giemme74

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Inviato 29 June 2009 - 21:48:24


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#6 Carlo

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Inviato 30 June 2009 - 11:26:46


Visualizza messaggiogiemme74, su 29-Jun-2009 21:48, dice:

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Note di Copertina

Truffe e bugie nascoste dietro la solidarietà

"Attenti, tutti quelli che rubano devono far mostra di amare i bambini e temere Iddio." (Ennio Flaiano)

Un viaggio rivelazione in uno dei maggiori business del nostro tempo. Un libro che vi farà divertire e insieme scandalizzare. Ecco, nero su bianco, dove finiscono i soldi della solidarietà.

"I ricchi fanno la beneficenza, ma anche la beneficenza fa i ricchi." Così diceva G.B. Shaw.
Negli ultimi tempi la carità è diventata una vera e propria moda: dalla Costa Smeralda alle terrazze romane, non c'è festa vip che non si concluda, fra un cocktail e un flash, con l'adeguata e commossa colletta a scopo benefico. Imperversano partite del cuore, concerti di solidarietà, dischi della bontà, trasmissioni televisive che raccolgono fondi per i più svariati motivi.
Ma dove finiscono questi soldi? Chi ci guadagna davvero? È tutto oro quel che luccica nel forziere dei molti che si presentano come buoni? Ecco, cifre alla mano, un viaggio rivelazione dietro le quinte di uno dei maggiori business del nostro tempo. Un viaggio che ci farà divertire e insieme scandalizzar; un viaggio denuncia, amaro e coinvolgente. Dai grandi eventi alla piccola elemosina di strada, dalle istituzioni più illustri alle tante associazioni che nascono dal nulla e nel nulla svaniscono, in questo libro di Mario Giordano verranno svelati i trucchi, le truffe e le bugie che si nascondono dietro la parola "solidarietà". E finalmente cadrà il velo di ipocrisia che copre l'ultimo tabù - la beneficenza non si tocca - e che assicura ai benefattori una sorta di impunità."Tutte le volte che in questi anni e soprattutto in questi mesi" scrive Giordano "ho sentito parlare di partite del cuore, concerti di solidarietà, megaeventi per l'Africa, Pavarotti&Friends, Fasta con le mutande di Madonna, cocktail/lustrini, paillettes e lusso esibito "afin-dibeneperò"', Onu, Unicef e Fao, la beneficenza come marketing, il prossimo usato come categoria del business, affari e buoni sentimenti, lacrime e soldi, spot a buon mercato sulla pelle dei poveri, mi sono venuti in mente quelli (e per fortuna sono la maggioranza) che il bene lo fanno davvero. Nessuno deve più permettersi di infangare in questo modo la loro quotidiana e silenziosa generosità. Continuate ad aiutarli. E lasciate che io m'illuda che anche aprire gli occhi, conoscere e denunciare possa essere un modo per aiutare loro, che non si prestano, e mai si presteranno, a rubare la bontà."

Indice - Sommario
1. United colors of beneficenza
2. Sulla strada (sbagliata)
3. Che (brutto) spettacolo
4. E poi venne l'arcobaleno
5. In nome di Dio
6. Spariamo sulla Croce Rossa
7. Quanti profitti con il no profit
8. Viva la pace. Eterna
9. O bella Fao
10. (Af)fondo monetario
11. Ong: Organizzazioni non garantite
12. Per carità, non fate la carità

Appendice
Bibliografia

E' un libro del 2003.. spero si trovi ancora in commercio...

P.S. non l'ho comprato e quindi ancora letto ma vedo che alcune cose dette sono anche nei miei pensieri..ma devo anche dire che Giordano non rappresenta le mie idee politiche, anzi...bisognerà vedere se ha scritto "solo" di quelli che non sono suoi "amici"...

Ho fatto una telefonata in libreria il libro non è più in commercio...Se qualcuno ne avesse una copia...poi gliela restituisco....




#7 Carlo

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Inviato 30 June 2009 - 11:45:15


Tanto per capirci di seguito pubblicherò due articoli, uno scritto da Giordano nel suo libro...e l'altro scritto da Stefano Andreoli..per par condicio a voi la libertà di capire..




#8 Carlo

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Inviato 30 June 2009 - 11:57:30


LA MISSIONE ARCOBALENO

La missione arcobaleno, gestita direttamente dal presidente del consiglio
Massimo D'Alema, nacque per soccorrere i balcani, nei primi mesi del 1999
raccolse 130 miliardi di lire in contanti, aveva undici centri di raccolta,
grazie all'appello di Scalfaro, Montanelli e Bobbio ed il sostegno di
Umberto Smaila, Massimo Boldi e del corpo di ballo della Scala, arrivarono
aiuti perfino dal Lotto e dal giro d'Italia.

Si riempirono 2000 conteiner d'aiuti, la metà di essi rimasero abbandonati
nel porto di Bari, con la scritta "materiale deperibile", così scaddero i
medicinali, deperirono i generi alimentari e il vestiario si rovinò, anche
perché a contatto con essi, tra i medicinali c'era anche il Viagra. Per
smaltire questo materiale si pagò una squadra d'operai a 600.000 lire il
giorno, parte del materiale finì in discarica, parte ai terremotati di
Turchia, per la serie "una disgrazia vale l'altra".

165 c container arrivarono a Tirana e 180 a Durazzo, dove mancavano anche le
gru, quindi anche gran parte di questo materiale deperì, a volte il
vestiario era assieme ai viveri, 130 miliardi raccolti per i profughi
Kossovari furono utilizzati per costruire opere pubbliche in Albania.

La missione arcobaleno spendeva nei campi profughi per ogni rifugiato 40
volte più dell'Onu, costruì campi di pallavolo, ci fu confusione e mancanza
di coordinamento, i finanziamenti arrivarono prima delle regole e delle
procedure, coordinatore della missione era il sottosegretario Franco
Barberi, i volontari naturalmente dormivano in albergo.

Sul mercato di Tirana arrivarono molti degli aiuti arcobaleno, la mafia
locale aveva svuotato i container, rifornendo ambulanti e negozianti, i
container erano stati saccheggiati ed i soldati lasciavano entrare chiunque,
a Valona poliziotti e militari partecipavano alla razzia, gli italiani
presenti assistevano e tacevano.

Le strutture fisse dei prefabbricati furono donate dalla protezione civile
italiana alla prefettura di Durazzo, così i prefabbricati furono smontati e
porte, finestre e lavandini finirono nel mercato di Valona; a Comiso in
Sicilia, dove era allestito un campo profughi albanesi, alcune giovani
albanesi furono prelevate per la prostituzione, anche lì i magazzini furono
saccheggiati e la disorganizzazione era tanta.

Nel campo nacque un bordello semiclandestino dove le profughe erano
costrette a prostituirsi, a Comiso arrivarono forniture importanti anche
dopo che i profughi se n'erano tutti andati, che poi furono inviate ai
terremotati di Turchia.

I rendiconti sulle somme raccolte dalla missione arcobaleno sono
inattendibili, sono emersi rapporti con la mafia albanese, le forniture
furono pagate a peso d'oro, le indennità di missione degli italiani erano
elevate, però si organizzò un megaconcerto a Tirana.

Diceva la Jervolino che la missione arcobaleno era il nostro fiore
all'occhiello, D'Alema affermò che lo scandalo degli aiuti era inventato e
che la missione arcobaleno era una pagina nobile, Dini affermava che n'erano
nate polemiche pretestuose e Franco Barberi, sottosegretario alla protezione
civile, aggiungeva che l'operazione arcobaleno era senza ombre, il capo
missione, Massimo Simonelli, affermava che la missione era stata diffamata.

Alla fine però, fatte le indagini, Simonelli finì in galera, assieme a
Luciano Tenaglia, responsabile del campo di Valona, incredibilmente entrambi
furono scarcerati dopo tre mesi. Franco Barberi fu rinviato a giudizio
perché era a capo dell'amministrazione arcobaleno e fu condannato il
funzionario della Farnesina, Piergiorgio Cherubini.

Dove operava la missione arcobaleno, i medici locali abbandonavano il camice
per fare gli autisti nelle organizzazioni non governative, dove guadagnavano
di più, e gli insegnanti abbandonavano le scuole per fare gli interpreti, a
causa della presenza degli italiani anche gli affitti raggiungevano cifre
proibitive.

Durante la missione hanno partecipato 6211 volontari, per ognuno di loro lo
stato ha speso 200.000 mila lire il giorno, mentre i profughi sono costati
38.000, al di fuori di arcobaleno, altre organizzazioni hanno garantito lo
stesso risultato con una spesa dieci volte inferiore.

Tratto da:
Attenti ai buoni - di Mario Giordano - Mondadori Editore




#9 cemento

cemento

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Inviato 30 June 2009 - 12:27:47


Aiutare i poveri :

Non è altro che raccogliere i soldi dai poveri dei paesi ricchi,

per donarli ai ricchi dei paesi poveri.


#10 roberto1

roberto1

    Nb

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Inviato 30 June 2009 - 13:24:59


BUSSINESS IS BUSSINESS        si scrive cosi? :)





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