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Racconti di un nonno in Russia


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Questa discussione ha avuto 16 risposte

#1 Guest_Seborga_*

Guest_Seborga_*
  • Ospite

Inviato 12 December 2006 - 00:01:11


Pubblico questo lungo racconto in più parti scritto da mio nonno nel ricordo degli anni di guerra in Russia.
Mio nonno è sempre stato per me un punto di riferimento. Mi portava in montagna, per lunghe passeggiate e mi affascinava con i racconti della sua vita. Ora ha 96 anni ed è una persona piena di voglia di vivere.
Gli voglio un bene dell'anima.

Ecco la prima parte del racconto:

RACCONTI DI UN NONNO IN RUSSIA

Nell'estate ebbi la visita di mia moglie e di mia figlia, cosa che mi fece immenso piacere, indi in ottobre mi mandarono ad Andora vicino a Imperia a fare parte della compagnia Comando del secondo battaglione del settantanovesimo Reg. fanteria Roma e come complementi ci mandarono sul fronte russo ove giunsi dopo diciotto giorni di tradotta e . . . Relativi pidocchi!!! Eravamo in trentasei su quel vagone!! Arrivammo che era bel tempo, ma sul Don è durato poco, una mattina, dato che noi eravamo forze di complemento partiti freschi da casa, avevano in dotazione tutto l'equipaggiamento di vestiario in dotazione cioè due calzettoni, due mutande ecc. Dovemmo dividerlo con i nostri commilitoni i quali avevano passato l'inverno precedente e non avevano ricevuto il ricambio di vestiario. Pertanto poco tempo dopo vennero i primi 18 gradi sotto zero all'improvviso e così parecchi si congelarono anche se eravamo nei bunker i quali però erano per la maggior parte costituiti da grandi buche nel terreno coperti con grandi travi di legno, rami e fogliame per mimetizzarsi. Quando venne la prima neve e il freddo sopra i letti a castello si gelava ma se c'era molta neve si stava meglio. Come base di appoggio avevamo il  Comando dislocato di un piccolo villaggio non molto lontano dalla nostra postazione ove si andava con la slitta a prelevare i viveri e la posta. Un giorno mentre andato a prendere del materiale a Comando, mi incontro con un soldato che mi riconobbe e mi chiamò "sanremo"!! La mia sorpresa fu grande quando vidi che era uno della costiera che era a chiavari il quale mi disse che lo avevano mandato al fronte per punizione perché si era addormentato di sentinella. Ritorniamo al fronte: Giunti sul posto ci attestammo in trincea bene accolti dagli anziani, avevano il fiume Don davanti a noi e ci dissero appena arrivati di stare attenti, di non guardare al di la del fiume alzando la testa perché la i russi erano appostati sugli alberi (mentre noi eravamo allo scoperto ) e con i cecchini col binocolo miravano bene e centravano sempre il bersaglio. Infatti due giorni dopo il mio arrivo un mio commilitone  volle fare la prova e si ritrovò  con un buco in testa pur avendo l'elmetto. In un primo momento mi avevano assegnato in forza alla quinta compagnia ma poi incontrai un sergente che era a sanremo nei giovani fascisti quando io ero guardia armi il quale riuscì a farmi trasferire alla compagnia comando quale telefonista, aiuto furiere ecc. . . E venne l'inverno vero. . . .

Fine prima parte del racconto.


#2 Guest_Seborga_*

Guest_Seborga_*
  • Ospite

Inviato 12 December 2006 - 20:35:55


Seconda parte. . .



Bisognava andare di guardia, andare di pattuglia per prelevare i viveri. Il nostro armamento era leggero, fucile mitragliatore e bombe a mano a mitra da 40 colpi; quello che non andava  era sempre il mitragliatore il cui olio lubrificante si congelava se stata esposto al freddo più di mezz'ora senza sparare; e per di più per essere efficace in continuità occorreva essere in tre persone, una per il  fusto,  una con le munizioni e una con  ricambio  olio canne ecc. Quando era nel bunker era un'arma efficiente, ma fuori al freddo. . . Il mitra invece andava bene, per bomba mano avevano la piccola rossa che la chiamavano 'balilla' la quale aveva la specialità che dopo essere stata lanciata, previo lo sgancio della linguetta di sicurezza, se atterrava su un terreno morbido (la neve) non esplodeva perché il percussore a punta aveva bisogno di una scossa!!! Una notte mi mandarono con altri quattro fra cui un caporalmaggiore siciliano, a riparare una linea telefonica interrotta era il comando e un caposaldo avanzato chiamato capellone. Seguimmo il filo per un bel pò, ma venne un forte vento e la neve si accumulava nei posti più svariati, finimmo così di perdere l'orientamento e vagammo senza poter riprendere contatto con il filo telefonico e venne la notte. Vagando senza meta precisa, era noi vi era chi voleva andare a nord, chi a sud. Il caporalmaggiore si buttò per terra non volendo più proseguire tanto diceva che saremmo morti dal freddo vagando in mezzo alla neve. Io ero sempre del parere di andare avanti senza fermarsi fino al mattino per non restare congelati, cosicché mi misi di impegno, e, visto che quello che doveva comandare non valeva niente, e che io ero il più anziano di età presi il comando dopo averlo schiaffeggiato, imposi a tutti di seguirmi ed essi mi obbedirono subito. Presi una direzione ( e mi andò bene perché eravamo vicini al caposaldo russo) proseguimmo nella notte, ad un tratto scorgemmo un lume, ed allora fui io ad avere paura perché non sapevo chi poteva esserci dietro quella luce, ci avvicinammo piano piano, e sentimmo parlare. . . In italiano! Feci schierare la pattuglia di fila, e nel frattempo il vento si era calmato e si sentivano i rumori ingranditi nel silenzio. pertanto gridai "pattuglia italiana!" Mi rispose una voce la quale mi intimò "parola d'ordine!". . . Io diedi quella che mi avevanoo data quando eravamo partiti il giorno prima a fare le riparazioni, perciò quando risposi "Monza" sentii dire . . . "mica saranno russi con la parola d'ordine di ieri, preparatevi!!" Al ché io mi misi a gridare "siamo italiani del 79 e visto che non mi rispondevano e noi eravamo mezzi assiderati, mi misi a gridare in dialetto bordigotto e dissi agli altri di dire le stesse cose nei loro dialetti così che potessero capire che eravamo veramente italiani. Allora essi si qualificarono e fummo cordialmente accolti, eravamo capitati in un caposaldo della milizia vol.Sic.Nazionale. Ci rifocillarono e avvisato il nostro comando fummo poi scortati dai carabinieri fino al nostro comando il quale ci aveva dati per dispersi.

Fine seconda parte....


#3 Guest_Seborga_*

Guest_Seborga_*
  • Ospite

Inviato 16 December 2006 - 23:17:12


Terza parte...

Era il dicembre del 1942, si sentiva il rombo dei cannoni sempre più vicino; poco lontano da noi, un giorno, mentre il Don era gelato, vedemmo passare un grande gruppo di assalto, delle Camicie nere, che puntavano al di là del fiume gridando "Duce, Duce!!". Ma i russi erano ben appostati e preparati e purtroppo ne vedemmo ritornare ben pochi, anche perché di la, bombardavano il ghiaccio del fiume affinché non potessimo passare, e tenevano sotto tiro la nostra sponda che era spoglia di alberi. Il giorno 16 dicembre, é proprio il caso di dire, che il rullo compressore russo si era mosso; l'attacco russo si sviluppò su tutto l'arco del fronte. Nel Bunker come al solito costruito con tronchi, eravamo appena rientrati da fuori  che un colpo (credo fosse stato di mortaio) ci crollò addosso. Io feci per scappare, ma un groviglio di tronchi, rami e fumo acre mi bloccò. Poco dopo sentii gridare vicino a me un compagno che giaceva ferito, io pur sentendo un gran male alla schiena e mi trovavo il corpo parzialmente imprigionato, mi misi a gridare e dovetti dire lorocome fare per tirarmi fuori prima che arrivassero altri colpi, così presero dei pali e fecero leva tirandomi fuori, poi mi ritrovai in una barella in slitta verso l'infermeria di Getreide e mi lasciarono per terra nel posto dove medicavano i feriti, e, mio malgrado dovetti assistere all'amputazione di una gamba a un ferito prima che si occupassero di me; fortuna volle che non avessi nulla di rotto tranne che le costole e una gamba che mi faceva male forte, così mi imbarcarono su un camion con un cartello al collo, e mi fecero instradare per Kantemirovka.
Nel contempo si era al 19 dicembre, si ruppe il fronte e la parola era:"Si salvi chi può, la via é per Kiev".
Noi sui camiondopo circa trenta chilometri ci fermarono e ci fecero scendere tutti e iniziarono a verificare i cartellini e a selezionare i feriti.
Così, non trovandomi nulla di rotto, e nonostante le mie proteste che non potevo camminare mi appiedarono, e ci incamminammo dietro alle slitte. Fu una lunga marcia con poco mangiare e freddo, nelle isbe e nei villaggi che erano sempre distanti dai 10 ai 20 km e la gente ci fù sempre bonaria, anche se,  mentre per dormire non vi erano problemi per terra e con la paglia, il mangiare era sempre problematico; sia per mancanza di vettovagliamento nostro, sia perche anche a loro certo non abbondava, dato che nei villaggi vi erano solo donne, vecchi e malenchi (bambini).

Fine terza parte.....


#4 Guest_Seborga_*

Guest_Seborga_*
  • Ospite

Inviato 16 December 2006 - 23:52:10


Quarta parte....

Dopo circa 80 km dal fronte, ci trovammo in tanti soldati di tutti i Battaglioni e Reggimenti, riuscimmo, imbarcandoci sui vari mezzi di trasporto, camion, slitte ecc., ad arrivare a Kantemirovka ove vi sono ospedali e comandi tappa, andai all'ospedale e guarda caso incontrai il Capitano medico Allegro di Bordighera che conoscevo bene, il quale mi visitò, e mi consigliò di aggregarmi  ai miei commilitoni, e, dato che nonostante tutto stavo meglio fisicamente, il giorno dopo mi misi alla ricerca di qualcuno del mio reparto, che riuscii a rintracciarne almeno un paio, e con loro andai a cercare il rancio presso i vari comandi.
Alla sera, ci riunimmo in un gran capannone, dormendo per terra in un indescrivibile caos di sani e di feriti con un freddo cane!!!
Bisognava stare con gli occhi aperti, se no ti portavano via anche le scarpe dai piedi!!.
La tragedia scoppiò allindomani mattina alle ore 8 quando vedemmo un piccolo aeroplano sorvolare la città, il pilota sventolava un giornale, io e un capitano genovese che ci trovavamo a ridosso di un gruppo di case piccole, interpretammo i gesti del pilota per un saluto, e pur avendo sentito rombare i cannoni per tutta la notte, non pensavamo che il fronte si sarebbe rotto ulteriormente e che pertanto, lì eravamo in zona di pericolo. Sentimmo dei colpi di cannone, ma pensavamo che fossero i nostri  che sparavano da dove eravamo venuti; pertanto dissi al capitano che oggi non avremo una giornata tranquilla!!!
Dopo alcuni minuti, un proiettile andò a fracassare la porta di una casa vicino a noi, allora il capitano mi disse "non sono colpi in partenza ma in arrivo, scappiamo più presto che si può. Fu allora che entro pochissimo tempo, si compì la più tragica odissea che si potesse immaginare!!!
Dalla collina sopra la città arrivarono un gruppo di carri armati che non facevano altro che sparare da tutte le parti, camion carichi di soldati che cercavano di portarsi fuori tiro.
Io mi aggrappai alla sponda di un camion, ma questo ebbe una sbandata  ed andò ad urtare con la fiancata ove era aggrappato un altro soldato, così questi rimase letteralmente schiacciato, e così caddi per terra, mi rialzai e corsi verso gli altri camion che passavano, riuscii ad aggrapparmi alla sponda di uno, per entrare nell'interno, ma pur essendo solo in tre non mi volevano dare una mano per salire, e dato che avevo corso per raggiungere il camion, e avevo avuto un po di shock per aver visto la fine di quel poveretto, e la strada era disseminata di persone, animali, cose e rottami di ogni genere, di armi buttate dai soldati in fuga e purtroppo di gente che rilanciava le bombe che altri avevano buttato, e visto che la mia posizione era precaria sulla sponda di quel camion, e gli occupanti del mezzo non mi aiutavano a salire, misi la mano libera in tasca e tirai fuori l'unica bomba a mano che avevo e dissi che se non mi aiutavano a salire l'avrei tirata contro di loro.
Allora mi diedero una spinta in dentro e così caddi all'interno del Camion.
Così iniziò la mia ritirata da Kantamirovka.

Fine quarta parte


#5 claudia

claudia

    MI

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  • Messaggi: 194

    Medaglie




Inviato 14 January 2007 - 23:24:09


Anche il mio nonno (cl. 1903) mi raccontava episodi della guerra in Russia e molto spesso mi parlava della "ritirata"...
Lui è mancato del 2000 (eh si... alla veneranda età di 97 anni!)... manca la sua "tranquillita''... ma ora manca un "pezzo di storia" ... che molto spesso non si trova sui libri...



Claudia


^^^^^^^^^^^^

Nulla succede per caso

#6 Guest_Seborga_*

Guest_Seborga_*
  • Ospite

Inviato 28 February 2007 - 03:42:38


Dopo tanto tempo....riprendo il racconto...

Quinta parte


Era una fiumana eterogenea di mezzi di trasporto, Camion, ambulanze, moto, slitte a cavallo; si sentiva sparare da mille parti, era un caos indescrivibile, mentre quelli che cadevano non si potevano nemmeno rialzare, macchine che prendevano fuoco a cui nessuno badava perché si pensava solo a se stessi.
Mentre ci allontanavamo si sentiva la morsa sovietica farsi più vicina da rombo dei cannoni e delle Katiuscia.
Verso sera ci sparpagliammo in un paese ed occupammo tutte le isbe disponibili; l'accoglienza non fu certo delle più calorose, ma un pezzo di pane lo rimediai e riuscii ad avere anche un po' i paglia per dormire sotto un tetto, e, dato che io non ero fra i primi, mi sembrò di avere anche uin po di fortuna.
Il freddo si faceva sempre sentire forte, ma ora avevo la possibilità di andare (così pensavo) verso casa.
Prima dell'alba, ci svegliarono e tutti si misero a cercare di salire su un camion per poter allontanarsi sempre più dalla zona, e dopo aver viaggiato molte ore la colonnà si ferma in quanto eravamo giunti in un avvallamento chiamato dai camionisti "Balca della morte".
Ci fecero scendere e proseguire a piedi, mentre sui camion doveva restare solo l'autista ad arrangiarsi in base alle sue capacità per arrivare alla base della Balca; quando arrivammo diversi camion erano capottati.
Proseguiamo con i Carabinieri e la Croce Rossa a piedi fino a sera ed entriamo in un villaggio abbastanza grande.
Io ero sfinito e mi abbandonai insieme ad altri in una piccola Baita e mi addormentai per terra senza più le forze per fare niente.
Mi svegliai scrollato e una ragazza che aveva in mano una ciotola di latte me la porse; sgranai gli occhi credendo di sognare dalla sorpresa, ma la sorpresa venne dopo aver ringraziato e bevuto quando mi accorsi che aveva una gran bella gobba sulla schiena.
Erano poi tre sorelle e ci dissero di fermarci con loro che ci avrebbero, io e il mio compagno, fatti accompagnare al prossimo villaggio con la slitta da un suo fratello dato che ci  dovevano andare non passando per la strada normale.
Noi due non ce lo facemmo ridire e così riuscimmo ad arrivare più presto della colonna appiedata in quel grosso villaggio, dato che eravamo in fuga, tutte le iniziative per cercare di allontanarsi dal fronte erano buone.

Fine quinta parte...


#7 Guest_Seborga_*

Guest_Seborga_*
  • Ospite

Inviato 28 February 2007 - 19:13:27


Parte sesta....


Ma in quel villaggio ci bloccarono i nostri comandi e fecero un censimento di tutti chiedend noe, matricola, grado ecc.
Io avevo ancora il cartellino di ferito e fu quello che mi fece andare  verso depetrosk ove giunsi molti giorni dopo.
Li ci inquadrarono e ci diedero un'arma individuale, ci imbarcarono sul tren, ma non sapevamo dove ci avrebbero portati perché nessuno sapeva nulla, dato che i treni erano comandati dai tedeschi, ma dopo un lungo viaggio ci fermammo nelle vicinanze di Gomel in un paese che noi chiamammo Torino (sempre con la compagnia Comando ricostituita) prendendo posto in una scuola.
Un giorno venne a farci visita un Ufficiale veterinario del 50° reggimento Cosseria venuto alla ricerca della sua truppa.
Con mia grande sorpresa lo riconobbi!!! Egli era l'ufficiale veterinario di Stanza a Sanremo che veniva sempre a trovare i miei genitori e che si era sposato nella stessa città.
Anche egli mi riconobbe e mi disse che, dato che i resti della divisione Pasubio alla quale appartenevo erano pochissimi (nella mia compagnia Comando eravamo in nove, mentre nelle altre erano da uno a sei) mi disse se volevo andare a far parte della Compagnia Comando  del II B.G.  del 90° Reg. Cosseria.
Al ché io aderii  volentieri facendomi fare subito la base di passaggio per l'aggregrazione al suddetto e che pertanto dovetti seguirne le sorti...il fatto che mi fece lasciare i miei commilitoni senza truppa rammaricò; fu che alcuni giorni prima  dell'arrivo  di Fiorini tutti gli appartenenti al mio Battaglione furono convocati al Comando e con mia grande sorpresa  appresi che un nucleo composto dei superstiti sarebbe stato inviato in Italia per accompagnare la nostra bandiera; ma non più diuno per Compagnia; noi della Comp. Comando, eravamo in nove e pertanto  avevamo sorteggiato i nomi, e, senza che sapessi nulla ero stato sorteggiato, al ché ringraziai il capitano e figurarsi con che gioia sarei partito.
Mi apprestavo ad andarmene, quando un mio commilitone  si mise a gridare  che lui aveva un maggior numero di mesi di servizio militare di me e che pertanto doveva spettare a lui accompagnare la bandiera.
Il capitano, allora prese i nostri due nominativi dai foglietti sorteggiati, li stracciò e ne nominò un'altro.
Al ché mi arrabbiai pensando alla fortuna che se ne andava, allora presi il moschetto da Carabiniere che avevo in uso, dato che l'arma in dotazione non l'aveva più quasi nessuno e mi misi a rincorrerlo con la baionetta innestata; questi scappò di corsa dalla Isba nella quale stavamo e corremmo tutti e due in mezzo alle Isbe; ma dato che lui era più giovane di me fu anche più veloce, e scappò in mezzo alle case.
Ma poi la mia collera svanì e nonostante il mio rammarico tutto finì li ed io mi aggregai alla Cosseria.


Fine parte sesta


#8 Guest_Seborga_*

Guest_Seborga_*
  • Ospite

Inviato 28 February 2007 - 20:17:53


Dopo la ritirata dal DON e il conseguente arrivo a Kantamirovca, del quale già accennai, vi furono giorni assai tristi di fame e di gelo, da Kantamirovka a Diepop etrskt; e di li all'aggregamento con il 90° della Cosseria fui il protagonista di tanti episodi che sembrano fantasie, ma che tra il bene e il male mi fecero passare settimane e mesi. Alrternando commilitoni di varie armi e Reggimenti diversi, un giorno mi aggregai  con un veneto che proveniva dai guastatori ed eravamo su di un vagone con altri quando nei pressi della città di Robruisk venimmo attaccati dagli aerei russi i quali bombardavano  la stazione, cosicché fuggimmo dal treno il più presto possibile ed andammo a finire in un piccolo villaggio alla preiferia; avevamo molta fame e ci inoltrammo nelle  isbe con la speranza di trovare di che mangiare, ma constatammo che le case erano tutte vuote senza persone trovando pochissima roba da mangiare, ma constatammo che le case erano tutte vuote senza persone trovando pochissima roba da mangiare, mentre nelle stalle si trovavano ancora le mucche.
Ci chiedevamo cosa potesse essere successo...e proprio in quel momento esce fuori da sotto un letto una vecchietta di oltre settanta anni.
Il nostro compagno  gli chiede con poco garbo di darci del latte; al suo diniego il mio commilitone gli dice che essendovi la mucca ci doveva essere anche il latte, ma lei si rifiutò lo stesso e lui continuò ad insistere.
Allora la vecchietta disse:"Iest Corova ma mlog ne ma"....cioé che la vacca c'era ma senza latte e per spiegarsi meglio, tirò fuori un seno e fece vedere che era senza latte ripetendo "ne ma moloco"...io scappai fuori a a ridere, seguito dal mio amico.
Sapemmo dopo che in quel villaggio vi era una vetreria  e che spesso veniva bombardata e che perciò gliabitanti fuggivano di giorno e ritornavano alla sera.
Nonostante la nostra situazione poco allegra e con gli aereoplani che ci ronzavano addosso, sulla testa...e con una buona dose di paura, continuammo la nostra fuga.
Io mi aggregavo durante la ritirata a quelli che il caso mi faceva affiancare facendo diverse distanze e pensando poi di raggrupparci agli eventuali superstiti dei nostri reparti di partigiani che specialmente di notte  assatavano di sorpresa nelle isbe.
Un giorno  incontrammo un gruppo di soldati tedeschi e ci dissero che dopo poco si sarebbero fermati a consumare il loro rancio e che bontà loro ne avrebbero dato anche  a noi.
Giungemmo in un piccolo anfiteatro formato da delle balke, cosa che infatti fu; arrivati, impiantarono le cucine e noi ci accodammo per mangiare il rancio  caldo che non vedevamo da un pezz; ci mettemmo in coda e incominciarono  la distribuzione, ma tutto ad un tratto, sulle alture di qualche balkea apparvero i partigiani e cominciarono a sparare; dopo pochi minuti noi ci eravamo sparpagliati tutti di corsa, mentre i tedeschi imperterriti continuavano a fare la fila e a prendere il rancio.
Sarà per questione di fifa, ma io andai a  racimolare qualcosa da mangiare solo dopo la scaramuccia che ebbe termine  con qualche morto e diversi feriti, tuttavia non dei nostri.


Fine parte settima


#9 Guest_Seborga_*

Guest_Seborga_*
  • Ospite

Inviato 02 March 2007 - 02:41:01


...pertanto continuammo la nostra marcia ed alla sera riuscimmo ad entrare nelle poche isbe di un altro villaggio trovato sul nostro cammino verso ovest.
Noi non avevamo l''indole di conquistatori e pertanto entrando  in quelle case non pretendevamo niente "comandato dalle armi" ma chiedevamo  "almeno nella maggioranza dei casi" se avevano del pane "Cliba" e della paglia  "Soloma"!  per dormire e del latte che generalmente ce lo davano   e quasi sempre siamo stati trattati diremo più dal punto di vista umano che da quello di invasori.
Certo che quando si ha fame alle volte si prende dove e cosa si può, e noi italiani  avevamo l'appellativo (poco confortante) di ladri con destrezza...dicevano infatti "Italiani zabralare" ma poi ridevano e ci facevano giocare con i loro bambini Malenki.
Mentre i tedeschi erano guardati in cagnesco dalle popolazioni specialmente per la loro prepotenza che li faceva diventare  loro servi!!!
Guardavano male solo i Militi in camicia nera perché sapevano che erano volontari! Ma volente o nolente lo erano perciò durante la ritirata molti di loro cambiavano la divisa e si mettevano le stellette al posto dei facci, ma anche loro erano andati come noi  a difendere le idee di grandezza per lanuova europa ed erano carne da cannoni come noi.
Dal "Si salvi chi può" dalla linea sul fronte del DON emanata dai nostri comandanti vi era anche la direzione di marcia di dove andare e la nosra era di ritrovarci a KIEV, capitale dell'U'Ucraina e che riuscimmo a raggiungerla solo dopo diverso tempo.
Al nostro arrivo ci accolse un folto gruppo di militari di diversi corpi giungendo con le armi alla mano e ci fecero andare verso il centro città.
Ma ciascuno voleva andare per conto proprio non fidandosi di ciò che sarebbe avvenuto; mentre io ero con un piccolo gruppo, vi era una salita da fare  che portava ad una piazza, mentre eravamo arrivati, quasi in cima vedemmo un enorme carro armato con dei cingoli che erano più alti della torretta.
Al ché ci fu un fuggi fuggi generale.
Dopo un po' tuttavia ci accorgemmo che il carro armato non si muoveva, e, nel mentre incontrammo dei nostri che mentre scendevano se la ridevano  a tutto spiano! Il carro armato in questione era un Tank residuo della grande guerra, e, per una volta la nostra paura era stata fasulla.
Ci alloggiamo in un enorme teatro, ma il rancio era pochissimo, e per riscaldasi dal molto freddo, che faceva, si dava fuoco al legnamen del  pavimento.
Fu lì che incontrai il mio amico Masperoni (che passammo insieme moltissimo tempo).
Eravamo circondati dal filo spinato, messo per eventuale difesa,e, anche se eravamo a centinaiua di chilometri dal fronte, a me la situazione non piaceva affatto e mi sembrava di essere intrappolato da un momento all'altro, cosicché dopo aver confabulato con altri sbandati compreso degli ufficiali, decisi di aggregarmi ad un gruppo che progettava di scappare da quel luogo.
Così fu che ci imbarcammo sul primo treno che portava verso ovest; viaggiammo in tradotta ma verso sera il treno si dovette fermare in una stazione diroccata, dove non si trovava nessun villaggio ma solo qualche baraccone.
Gli ufficiali che erano con noi, ci ordinano di scendere...ed il treno riprende la corsa senza di noi.
Ci avviamo per entrare nel baraccone, ci avviciniamo sulla soglia e vi era un caporale il quale ci vietò di entrare perché la baracca avrebbe dovuto ospitare un reparto tedesco.
Considerato che  il freddo era tremendo, insistemmo per entrare e il caporale tirò fuori la pistola minacciando i sparare se avessimo insistito; allora io ed alcuni altri commilitoni che eravamo ancora armati, puntammo le armi su di lui in maniera tale che  ci lasciò entrare.
Nella baracca, dovemmo stare in piedi  addossati uno sull'altro, e quella notte vi fu una tormenta terribile che, se non avessimo trovato quella baracca, saremmo certamente morti tutti.
Io, ascoltando il consiglio di un mio commilitone, mi misi nella parte centrale  usufruendo del caldo degli altri, perché quelli che si trovavano sui fianchi presero un mezzo congelamento; figurarsi che un cavallo da slitta che era nei paraggi stando naturalmente fuori, alla mattina uscendo, si lo trovammo in piedi, ma appena lo toccammo questi cadde con le zampe in aria completamente irrigidito!!
Riuscimmo a prendere un treno che ci portò verso oves, con la speranza di andare il più possibile lontano dal fronte, ma verso mezzanotte si fermò  per fare rifornimento di acqua, in una stazione diroccata; io scesi con diverse borrace per riempirle poiché la sete ci martoriava.
Vi erano le cosidette "cicogne" per prelevare l'acqua e consistevano in un palo con un secchio attaccato che  si doveva immergere nel pozzo per tirarla su.
Perciò ci vuole del tempo  per farlo e moltra prudenza per non bagnarsi rischiando di congelarsi le mani.
Io mi accinsi a questo lavoro, e ne avevo riempito diverse, quando vidi il treno muoversi.
Allora corri per cercare di raggiungerlo e mi aggrappai  ai vagoni scoperti che erano gli ultim, ma dato che sono più alti dei nostri, riuscii solo a restare aggrappato alla sponda oltre che a bagnarmi le mani di acqua.
Nel frattempo gridavo e chiamavo disperatamente ma i vagoni dove c'erano i nostri, erano separati dai vagoni scoperti.
Pensai che la mia ora stesse per arrivare dato che difficilmente mi avrebbero potuto levarmi  da quella situazione se il treno non si fosse fermato.
devo dire grazie alla Madonna perché dopo pochi minuti il treno si ferma  e mi sentono; scendono due commilitoni strappandomi velocemente dalle sponde del vagone e buttandomi dentro alla svelta.
Così pure con il palmo delle mani malandato, ero riuscito a cavarmela!!
Il treno si era fermato non avendo il via libera per il semaforo rosso, e ricordo questa avventura come se fosse accaduta oggi stesso.
i ricordi si accavallano disordinatamente nella mia mente e con le successioni ma sono autentici in tutti i casi succedutami.
Ricordo il viso e la risata che si fece un contadino quando capitai nella sua isba mentre faceva freddo, e  gli chiesi il pane, ma mi disse che non ne aveva  ed incvece mi offrì da bere.
Io diffidente attesi che bevesse prima lui, cosa che fece scolando la sua tazza smaltata "Kruscu". Alla sua offerta, feci altrettanto, ma non era acqua, ma vodka distillata dalle barbabietole ed era fortissima!!
Pertanto, io che non bevo alcolici venni preso da un grande bruciore in gola che dovetti uscire e riempirmi la bocca di neve...figurarsi le risate di quell'uomo!!
Chissà se ci pensa ancora a quell'uomo che non sopportava il liquore nazionale russo...
Rammento i giorni di vagabondaggioche eravamo ancora un buon numero.
Capitammo in un posto di rifornimento della nostra armata, e cercammo di prendere quello che ancora poteva esserci di buono per mangiare.
A me capitò di avere delle gallette perché il resto era già sparito, in compenso trovammo dei fusti di vino...ma era congelato e così mi misi a romperlo con l'accetta cercando di fare una razione per tutti.
Il vino "solido" venne distribuito  fino a che non ce ne fosse più.
Io cercavo di mettermi in  un boccale le bricciole, cosicché  quando ebbi terminato  andai a riposare in una Isba, sentendomi molto brillo...non vidi più il vino sino al rimpatrio.
Durante la sosta nei villaggi che sono distanziati fra loro per decine di kilometri, ebbi l'occasione di assistere ad un matrimonio   dove salirono su una slitta con le campanelle.
Un bel giorno, mentre eravamo a Gomel, un paesino che chiamavano Torino, venne l'ordine di imbarcarci sul treno, così ci prendemmo le nostre poche cose e montammo su quel treno  che dopo una decina di giorni facendo sosta a Pinsk-brest-katovive-brno e Vienna, ci portò a Tarvisio e ci mandarono in campo contumaciale di osoppo ove potemmo  fare finalmente una doccia e mandarono le nostre divise all'autoclave per la disinfestazione, ma anche se eravamo sempre di guardia ai nostri effetti personali, ci furono un sacco di furti; fortunatamente riuscii a salvare quasi tutta la mia roba.
Durante il viaggio di ritorno, ebbi modo di vedere come erano totalmente distrutte le case, specialmente a Varsavia ove sostammo. Noi si era sempre in cerca di mangiare  ma ce ne era poco per tutti anche se, come sempre i polacchi erano abbastanza generosi e non abbiamo sofferto la fame.
Finalmente arrivammo a Tarvisio terra italiana, e dopo diversi giorni fui trasferito ad Ormea (Imperia)  a trascrivere i fogli matricolari dei resti del nostro battaglione (Luglio 1943).
Dopo mi trasferirono a  Venasca ed infine a Sesto San Giovanni (Milano), ove dominavano i tedeschi.
Fortuna volle che  quando gli stessi circondarono  la nostra caserma e ci fu lpordine di arrendersi e consegnare le armi da parte tedesca, io fossi fuori poco lontano.
Cosicché assistendo alla scena, mi infilai in un portone  e salli fino all'ultimo piano  sedendomi sul pianerottolo.
Uscirono delle persone (inquilini)  e mi chiesero  cosa facessi li.
Io raccontai  loro le mie vicissitudini e loro mi diedero da mangiare e dei vestiti, ma si vedeva lontano un chilometro che ero un militare sparuto con i capelli corti!
Così da Milano riuscii a prendere il treno cercando di fare il più presto possibile e con i pochi soldi  e leggero di peso, che quando mi videro i miei, quasi non mi riconobbero.
Poco tempo dopo che ero a casa,  vennero gli editti di presentarsi alle autorità di Governo, cosa che non volevo fare, così andai a stare  per qualche tempo in campagna di mio fratello sopra S.Remo al Suseneo, e poi da mio cognato a San Remo dove seppi che mi cercavano a Bordighera.
Cosicché presi la decisione di andarmene dai miei zii in Roagna in quel di taverna, una frazione del Comune di Montecolombo in provincia di Forlì.

Fine del Racconto.

Di un episodio significativo di cui devo ringraziare il BUON CUORE DEI RUSSI civili e che non scorderò mai...é che durante la ritirata, mentre ero in fuga a piedi in fondo alla colonna,, poiché mi avevano sorpassato tutti avendo male alla gamba ed essendo sfinito, caddi davanti ad una isba sulla cui posta vi era una donna anziana che mi guardava.
Mi svegliai su un sofà a casa sua  e mi disse che mi aveva aiutato perché anch'essa aveva un figlio al fronte e Iddio avrebbe salvato suo figlio.
Mi diede del pane, la abbraccia, aspettai il passaggio di un'altra colonna e mi aggregai ad essa, riuscendo così ancora una volta  a scampare alla morte.

Nonno Giovanni.



#10 antalena

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Inviato 02 March 2007 - 10:29:30


Ho una storia anche io.
Alla fine dei anni 30, mio nonno e stato chiamato al militare, la Moldavia allora Bassarabia, era una provincia Romena. Con l'entrata in guerra della Romania che aveva firmato un patto di passaggio sul suo territorio da parte dei tedeschi, e un altro con il quale cedeva la Bassarabia alla Russia, mio nonno si-e trovato dalla altra parte della sponda e costretto dall giuramento militare a combatere contro l'Unione Sovietica, (anche se lui ere stato assegnato all patugliamento della citta di Iasi insieme a due soldati tedeschi, dai qualli a imparato il tedesco). Ci tengo a precisare che mio nonno e la persona piu correta e sincera che io, e tutti quelli che lo conoscono lo dicono, abbia mai conosciuto.
Con la controavanzzata dei rusi, mio nonno a desertato, volendo tornare dalla famiglia e fidanzzata alla qualle aveva lasciato in gestione la casa che avava ereditato e i terreni. Nell attraversare il fiume Prut (che divide la Moldavia dalla Romania), lo anno fatto prigionero e mandatto nell gulag di Azerbagian, nella citta di Baki dove, a conosciuto la mia nonna, che non ce piu, la sposata, e dove e nata la mia mamma. Nel 1953 con la morte di Stalin tante cose sono cambiate, e i miei nonni sono tornati in Moldavia dove, inutile dire che non anno piu trovata ne la ex fidanzzata di mio nonno, ne la casa, ne i genitori.
Cosi la eppopeia di mio nonno e durata piu di 20 anni.

Magari un altra volta vi scrivero dei esperimenti che i russi facevanno sui prigioneri.
Mi piacerebbe sapere se qualcun altro a una storia simile. Un giorno spero di andare a Baki per cercare i posti dove i miei    .....      e nata mia mamma.  
Parlano tutti dei gulag della Siberia, e mai  dei altri.



Kivulumi




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