Il Consiglio di Stato: "Una condanna pernon aver lasciato l’Italia non è un motivo ostativo”. Merito della DirettivaRimpatri.
Roma – 11 maggio 2011 - Anche chi è statocondannato per non aver obbedito a un ordine di espulsione ha diritto a essereregolarizzato. La querelle che va avantidall’inizio dell’emersione di colf e badanti ha trovato finalmente un puntofermo grazie a una sentenza emessa ieridal Consiglio di Stato, il massimo organo della giustizia amministrativa.
Lalegge che nel
Inquesti casi, alcune Questure autorizzavano comunque la regolarizzazione, altreinvece la bloccavano e procedevano a una nuova espulsione, fino a quando, amarzo del 2010, una circolare del capo della Polizia Antonio Manganelli haesteso a tutta Italia la linea dura. Diversi tribunali ed esperti hanno peròsconfessato quell'interpretazione, finchè la decisione non è stata rimessaall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato.
Dopouna prima sentenza che non entrava nel merito della questione, ieri ilConsiglio di Stato ha stabilito definitivamente che una condanna per non averobbedito a un’espulsione (art. 14, comma 5-ter Dlgs 286/1998) non impedisce laregolarizzazione. Quel reato, hanno spiegato i giudici, praticamente non esistepiù, dal momento che è in contrasto con la direttiva europea sui rimpatri, comesancito recentemente dalla Corte di Giustizia dell’Ue.
"L’entratain vigore della normativa comunitaria – scrivono i giudici - ha prodottol’abolizione del reato” che commetteva chi rimaneva in Italia dopoun’espulsione, con "effetto retroattivo”. Questa retroattività ha effetto anche"sui provvedimenti amministrativi negativi dell’emersione del lavoroirregolare, adottati sul presupposto della condanna per un fatto che non è piùprevisto come reato”.