Figli di immigrati, primi della classe
Chi ha detto che le seconde generazioni a scuola vanno male? Brisa e gli altri, dream team italiano
22 luglio 2010 -
Brisa Lutaj, Francesco Cheng, Anna Wiktoria Redel . Tre studenti modello di origine straniera, che all’istituto professionale Sassetti Peruzzi di Firenze quest’anno hanno conquistato un 100 all’esame di maturità. Solo due i compagni italiani “a tutti gli effetti” che nelle stessa scuola hanno avuto come loro il massimo dei voti.
Un piccolo sorpasso, quindi, che sbaraglia gli stereotipi sugli studenti stranieri che abbasserebbero il rendimento delle classi. “Prendiamo la scuola molto seriamente, perché la vediamo come unica opportunità“ ha detto Brisa in un’intervista a La Nazione. Senza risparmiare una frecciatina ai compagni più svogliati: “Vedo ragazzi italiani che si disinteressano dello studio. La cosa mi fa un po’ rabbia".
Quello di Firenze è una caso isolato? “No. Come è successo per le seconde e le terze generazioni di italiani all’estero, anche i figli degli immigrati in Italia possono raggiungere ottimi livelli scolastici, anche con risultati migliori degli italiani” dice Carlo Melegari, direttore del Centro Studi Immigrazione (Cestim) di Verona.
“Certo le difficoltà ci sono, e bisogna aiutare questi ragazzi ad inserirsi nelle scuole. Ma le abilità affinate per superare gli ostacoli, insieme alle grandi aspettative dei loro genitori, possono essere una marcia in più per diventare studenti modello” nota Melegari.
La grinta delle seconde generazioni è evidente, ad esempio, nei corsi estivi di italiano organizzati dal Cestim. Centinaia di figli di immigrati tornano in classe per quattro ore al giorno a luglio e agosto, mentre i loro coetanei italiani si divertono sulle spiagge. “Una prova di grande motivazione” sottolinea il direttore del centro studi.
Se ne sono accorti anche negli Stati Uniti. Quest’anno alla premiazione dell’ “Intel Science Talent Search”, dedicato ai migliori studenti americani di scienze e matematica, la maggior parte dei finalisti erano ragazzi di origine straniera, che il premio Pulitzer Thomas Friedman ha definito sul New York Times l’ “America’s Real Dream Team”. Brisa e gli altri si stanno conquistando la maglia del dream team italiano.
Elvio Pasca
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Treviso. Studenti sempre più "asini":
incapaci perfino di capire l'italiano
Sconfortante il quadro disegnato dalla dirigente scolastica
provinciale: hanno problemi con verbi, sintassi e lettura
TREVISO (27 luglio) - La favola di Pinocchio non sembra avere insegnato molto agli studenti delle scuole medie e superiori a Marca, classificati dalla stessa dirigente dell'Ufficio scolastico provinciale, Maria Giuliana Bigardi, come degli irrecuperabili "somari".
Studenti incapaci di parlare un italiano corretto. Sei d'accordo? VOTA IL SONDAGGIO
Il quadro descritto dalla Bigardi è sconfortante: gli studenti delle scuole medie della provincia di Treviso hanno un uso della lingua italiana "usa e getta" e non riescono a comprendere a fondo letture di brani anche brevi. Hanno un lessico limitato, non padroneggiano la sintassi e si cimentano a fatica con i verbi, che sanno coniugare solo all'indicativo. Una situazione che raramente migliora alle scuole superiori, dove è difficile trovare studenti in grado di sostenere la lettura di un articolo di giornale, anche breve.
Bigardi si è soffermata in particolare sulle grandi difficoltà incontrate dai ragazzi all'esame di terza media ( «maggiori rispetto alla prova di matematica») nell'affrontare le prove sull'uso della lingua italiana predisposte dall'Invalsi.
«È risultato evidente che la grande maggioranza dei ragazzi magari comprende i fatti narrati in un racconto e visualizza i personaggi - ha sottolineato Bigardi - ma non è in grado di andare in profondità per la difficoltà, in generale, di padroneggiare la sintassi, al punto di non saper gestire un verbo che non sia in forma indicativa. I ragazzi hanno l'abitudine alla frammentazione, riservano attenzione solo su frasi molto brevi e anche il loro lessico è limitato». Condizioni che, non permettendo un approfondimento anche minimo del significato, generano l'«usa e getta del sapere e delle competenze», come lo ha definito la direttrice dell'Ufficio scolastico. «Gli studenti delle scuole medie, in sostanza, si lasciano vivere riflettendo poco. Una situazione che purtroppo raramente migliora nelle scuole superiori - ha concluso - dove è difficile trovare giovani in grado di sostenere la lettura anche di un breve articolo di giornale».