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Quando per andare negli Usa dovevi essere intelligente
Started By
XCXC
, 30 Apr 2017 - 23:20:49
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#1
Inviato 30 April 2017 - 23:20:49
mi stavo chiedendo quanti clandestini, traghettati in Italia dai delinquenti trafficanti di uomini, passerebbero questo test elementare!
Forse non sarebbe entrato il Kabobo di turno e altri dementi che, noi italiani, dovremo mantenere per tutta la loro vita!
Grazie Renzi & Co.
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Quando per andare negli Usa dovevi essere intelligente
Gli immigrati di fine ’800 e inizio ’900, oltre alle varie difficoltà burocratiche, si trovavano di fronte a un imprevisto test di intelligenza. I cittadini Usa volevano essere sicuri di far entrare persone con il "cervello sano" e non stupidotti
Se non riuscivi a risolverlo, eri espulso. Era la regola per il test di intelligenza che permetteva di essere ammessi nel territorio degli Stati Uniti. Era l’epoca di Ellis Island (cioè tra il 1892 e il 1954), periodo in cui sull’isoletta alle porte di New York passarono 12 milioni di persone che sognavano un lavoro e una vita nuova. Ma non bastava avere i documenti a posto: occorrevano anche delle garanzie in più, di tipo intellettuale.
Gli aspiranti americani si trovavano di fronte a un puzzle tridimensionale in legno (qui le immagini).
Dovevano ricomporre un volto assemblando alcuni pezzi, niente di troppo difficile. “L’obiettivo dei nostri sistemi di misurazione delle capacità mentali a Ellis Island è di individuare quei soggetti che, a causa della loro conformazione mentale, potrebbero diventare un peso per lo Stato. O, peggio ancora, generare una prole bisognosa di assistenza medica nei nostri manicomi o in altri istituti”. Così spiegava nel 1915 Howard A. Knox, il medico che inventò il test e lo amministrò dal 1912 al 1916.
Potrebbe sembrare strano, ma il sistema inventato dal medico era, a tutti gli effetti, un progresso. Prima di allora si utilizzava un metodo molto simile alla misurazione del quoziente intellettivo, con tanto di impietose domande di cultura generale e linguistica. Era molto facile allora che uno straniero, del tutto digiuno di inglese e storia della costituzione, venisse classificato come “imbecille”, pur essendo del tutto in possesso delle sue capacità mentale. Il metodo di Knox, almeno, permetteva di misurare le abilità geometriche-spaziali senza il bias della formazione culturale. “Il naso e le orecchie”, diceva lui, “occupano le stesse posizioni sulla faccia in tutto il mondo”, per cui non si poteva accusarlo di creare discriminazioni.
Certo, non era di sicuro una dimostrazione di spirito progressista: il test nasceva in un contesto pseudoscientifico, ideologico e radicato nell’eugenetica. I nuovi americani dovevano essere “fit” e con il cervello sano. Era comunque qualcosa, visto che nel 1924 il Congresso decise di chiudere le porte – non importava fossero intelligenti o meno – a Italiani, Europei dell’Est ed Ebrei. Tutte persone considerate indesiderate (e poi fanno mille storie per il muslim ban di Trump). Fino al 1914, invece, in media veniva respinto a causa del test circa un immigrato su 1000 (e in un anno ne entravano circa un milione).
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