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CONCERTO DI CAPODANNO DA VIENNA


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sergio3

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Inviato 31 December 2008 - 11:53:09


Domani molti di noi ascolteranno, spero , il concerto di Vienna data da RAI 2 alle 14,00--alla fine, come tradizione verrà eseguita la Radetzky March che tutti conosciamo.
Ma vogliamo vedere chi era Radetzky--sopratutto nella vicenda delle "5 giornate di Milano" ?



E' tutta un altra storia

L’abate e il Maresciallo
di Gilberto Oneto


L’abate Giovanni Battista Giani è un cinquantenne grande e grosso, piuttosto noto per le sue ricerche archeologiche: è stato uno degli scopritori e principali studiosi della civiltà di Golasecca. Professore emerito al ginnasio Sant’Alessandro di Milano, un giorno del 1838 se ne sta tranquillamente seduto al caffè Mazza, un locale all’angolo fra piazza del Duomo e la Corsia dei Servi in compagnia del suo superiore don Ambrogio Garavaglia, quando un giovane austriaco gli chiede con fare sbrigativo di passargli il giornale che sta leggendo. Con buona educazione il Giani gli risponde che sarà lieto di passarglielo non appena avrà finito di leggerlo. Il giovanotto va su tutte le furie, invita il prete a dedicarsi alla lettura del Breviario e gli strappa il giornale dalle mani. Senza scomporsi più di tanto, Giani gli da del mascalzone maleducato. Il giovanotto gli si pianta davanti e dopo il solito “lei non sa chi sono io”, si qualifica come Anton Radetzky von Radetz, tenente degli ussari imperiali e figlio del famoso maresciallo allora comandante delle truppe del Lombardo-Veneto, e sfida a duello l’abate, invitandolo a scegliersi - come d’uso - la data, il posto e l’arma.

Questi, finalmente spazientito, si tira in piedi e dall’alto dei suoi quasi due metri affronta il tenentino dicendogli: “Il posto è qui, l’ora è adesso e l’arma è questa” e gli appioppa due sberloni a mano larga che sbattono il poveretto per terra. Naturalmente la cosa non può finire lì: neppure un rispettato sacerdote può permettersi di rifilare una doncamillesca pettinata di quel genere ad un ufficiale dell’Impero, figurasi al figlio del comandante in capo. Dopo qualche giorno infatti il Giani viene convocato al Castello dal feldmaresciallo in persona che lo riceve nel suo studio di fianco al figlio in uniforme. Si fa raccontare la versione dell’abate e quella del figlio, se ne resta un po’ pensoso e poi costringe il figlio a chiedere scusa al Giani e lo congeda. Rimasti soli, fa una specie di ramanzina ricordando che neppure un sacerdote della sua fama può permettersi di insolentire un ufficiale di Sua Maestà e che pertanto, come comandante dell’armata si vede costretto a rimproverarlo ma come padre lo ringrazia per la lezione di buona educazione impartita al figlio. La vicenda si conclude con una stretta di mano, una risata e forse con una cordiale bevuta.

In città si racconta che in seguito il maresciallo avrebbe regolato i conti con il figlio rifilandogli in sovrappiù una autorevole pedata nel sedere. Da quel giorno i milanesi hanno scherzosamente chiamato i calci paterni “radeschi”. La vicenda ci descrive un Radetzky piuttosto diverso dall’immagine truculenta che ci ha consegnato la storiografia risorgimentale e sulla quale qualcosa non quadra. Nel 1831 è nominato comandante dell’esercito in Italia, una carica che mantiene fino al febbraio del 1857. Per tutto questo periodo vive a Milano, qui si forma una nuova famiglia e finisce per sentirsi milanese come dimostra il fatto che abbia voluto restare in città anche da pensionato, fino alla sua morte avvenuta il 5 gennaio del 1858, a 91 anni. Se ne è allontanato solo per i mesi fra il marzo e l’agosto del 1848, dopo le Cinque Giornate. 50 anni dopo Milano insorge di nuovo. Questa volta non c’è il sanguinario fucilatore tedesco ad affrontare i cittadini ma il prode patriota Lorenzo Bava Beccaris. Secondo Cattaneo il primo ha fatto circa 300 morti compresi quelli deceduti in seguito per ferite, fra gli austriaci ci sono stati 181 morti e 241 feriti. Radetzky se ne va dalla città proprio per non infierire e per evitare di doverla bombardare.

Bava ne ammazza secondo i dati ufficiali 81 o 118 (in realtà circa 400), ne arresta 1.700 e ne spedisce in galera più di 800. Fra i suoi uomini ci sono tre morti e qualche ferito, quasi tutti per “fuoco amico”.
Quando rientra a Milano nell’agosto del ’48, Radetzky viene accolto dai paesani con grida di: “Semm minga staa nüm a cascial via! Hinn staa i sciuri!”. Non risulta che al Bava siano stati tributate accoglienze simili. Anche sul piano politico Radetzky merita di essere ricordato: subito dopo la prima guerra di indipendenza, propone al ministro degli esteri Schwarzenberg di fare quel che non aveva saputo fare Metternich, e cioè creare una Lega italica da includere nella monarchia asburgica. L’idea è quella di una unione personale (come per l’Ungheria) di un regno dotato di ampie autonomie. È un progetto che somiglia in maniera straordinaria a quello del suo più accanito avversario, il Cattaneo, che peraltro non si è mai trattenuto dal ripetere che alla fusione con i Savoia preferisce di gran lunga tenersi l’Austria.
Eppure il vecchio maresciallo continua a essere descritto come un sanguinario forcaiolo. Abitava in via Brisa e tutti i giorni andava a piedi a Palazzo Cagnola, in via Cusani, sede del suo comando. Lo ha fatto per 16 anni, da solo o in compagnia del suo aiutante, ogni giorno senza che nessuno per strada lo abbia mai insultato o peggio. Viveva con Giuditta Meregalli di Sesto San Giovanni, che gli ha dato quattro figli (oltre a quelli di primo letto, fra cui il tenentino della nostra storia): arrestata nel 1848, era stata difesa dal Cattaneo perchè non aveva colpe e addirittura si era spesso adoperata per aiutare i milanesi. É morta nel 1885 a Milano, dove è rimasta sempre rispettata da tutti. Oggi anche l’ultimo funzionario sente il bisogno di una scorta armata fino ai denti per poter andare in giro. Forse sono cambiati i milanesi, forse sono diventati cattivi, violenti e aggressivi. Ma forse Radetzky non era quella iena sanguinaria della retorica patriottarda. Milano ha dedicato strade, lapidi e monumenti a un sacco di gente, anche a qualcuno che onestamente non lo merita. Il vecchio feldmaresciallo, milanese d’adozione, si meriterebbe un ricordo più giusto. Sarebbe sicuramente d’accordo anche l’abate Giani.

L'opinione
Edizione 201 del 19-09-2007
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Da Wikipedia:
Fiorenzo Bava Beccaris (Fossano, 17 marzo 1831 – Roma, 8 aprile 1924) è stato un generale italiano, noto soprattutto per la feroce repressione dei moti milanesi da lui guidata nel 1898

http://www.youtube.c...h?v=eFscn3-QdlI



Io non mi sento italiano, voglio resistere e insorgere





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