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Voi depositate soldi all'Unicredit e loro aiuteranno le aziende coreane...


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Questa discussione ha avuto 4 risposte

#1 XCXC

XCXC

    TpX2MI

  • Ambasadiani MIra
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    Medaglie








Inviato 29 November 2013 - 22:44:57


:lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol:

il bello e' che ne vanno pure fieri!

Agli italiani gli sta pure bene... perche' hanno venduto le piccole banche che operavano sul territorio per creare mostri come Unicredit e Intesa !!!

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UniCredit porta nell'Est Europa 300 aziende coreane



Immagine inviata
(Imagoeconomica)

«Abbiamo stipulato un accordo commerciale con la Ibk, Industrial Bank of Korea, partecipata dal Governo coreano e leader per i prestiti alle Pmi a Seoul, grazie al quale noi siamo diventati per l'Europa centro orientale la banca corrispondente della Ibk, e quindi punto di riferimento di circa 300 aziende coreane di medie dimensioni che investono nell'Europa dell'Est. Si tratta di subfornitori di grandi aziende coreane operanti soprattutto nei settori dell'automotive, degli elettrodomestici e dell'elettronica di consumo già presenti in quell'area, ma soprattutto si tratta del riconoscimento internazionale del nostro essere il numero uno bancario nella Cee», annuncia Gianni Franco Papa, capo della Divisione Europa centro-orientale di UniCredit nel corso di un'intervista rilasciata nella nuova sede direzionale della Torre UniCredit a Milano che con i suoi 231 metri di altezza è il grattacielo più alto d'Italia.

Con l'intesa fresca d'inchiostro UniCredit aggiunge così 300 Pmi coreane alle 3.600 aziende italiane già presenti e assistite nell'area, su un totale di 11mila imprese Ue che l'istituto segue nell'Europa centro orientale, «un'area dove siamo presenti in 14 paesi con 3.600 filiali, una zona che cresce mediamente dell'1,5-2% di Pil in più dell'Europa Occidentale».



La Cee è un'area dove il numero delle aziende italiane presenti è quasi cinque volte quello delle imprese tricolori in Cina e dove l'export italiano è sette volte maggiore dell'export italiano verso la Cina malgrado la popolazione cinese sia 3,5 volte la popolazione dell'Europa centro orientale.

«Per questo vogliamo rafforzare la nostra presenza in Russia, dove siamo la sesta banca del Paese, la prima straniera e abbiamo una joint venture con la Renault Bank, la Turchia dove siamo il quarto istituto del mercato, la Repubblica ceca e Slovacchia (che da dicembre avranno un'unica banca UniCredit). In Turchia l'Istituto di piazza Gae Aulenti assiste più di 400 aziende italiane, in Russia 310 e in Repubblica Ceca e Slovacchia 700 imprese», afferma Papa.

Un'area dove UniCredit è prima nei prestiti aziendali e seconda nei mercato dei bond con 66 miliardi di euro emessi secondo una ricerca Dealogic. Una regione in cui Pil nominale ha superato quello della Germania nel 2008 e dovrebbe quasi doppiarlo nel 2018, secondo stime Fmi.

Dopo la caduta del Muro di Berlino sono cambiate le gerarchie produttive nell'Europa centro orientale: «Negli anni 90 si è assistito a una delocalizzazione in ambito manifatturiero, negli anni 2000 c'è stato un innalzamento di gamma e l'Est è iniziato a diventare un mercato di sbocco per soddisfare la domanda locale. Oggi si delocalizzano i servizi avanzati e l'Est è sempre più mercato di sbocco grazie al fatto che il reddito pro capite in alcuni dei paesi della Cee ha superato quello medio di alcuni stati del Sud Europa», spiega Papa.

«Noi siamo una piattaforma in grado di fornire servizi non solo alle aziende italiane che vogliono investire nella Cee ma anche ad aziende italiane che sono presenti nell'Est Europa allargato, cioè in Turchia, dove siamo in grado di offrire servizi alle loro consociate estere in paesi terzi. Ad esempio abbiamo assistito l'Astaldi turca, joint venture con la Ictas, per la costruzione della tangenziale a San Pietroburgo, con lettere di garanzia pari a 2,2 miliardi di dollari, così pure abbiamo assistito i turchi di Toksoz ad acquisire la società italiana Pernigotti». Tutti dati a conferma che la Cee è la Cina dietro l'angolo.



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#2 Rudy

Rudy

    MI

  • Ambasadiani MI1-e
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  • Messaggi: 367

Inviato 30 November 2013 - 08:18:54


Niente di male se una banca di livello internazionale fa la banca a livello internazionale, ossia assiste le imprese nelle loro esigenze.
S' intende che i soldi prestati da Unicredit non sono soltanto gli spiccioli depositati dai risparmiatori italici, se ancora ce ne sono; ma anche quelli che la banca raccoglie negli stessi paesi dell' Est.

Piuttosto questo articolo crea una confusione tremenda.
La sigla CEE è sempre stata usata per indicare la UE prima che si chiamasse Unione Europea. Infatti allora si chiamava Comunità Economica Europea.
Qui invece si usa CEE per indicare Centro ed Est Europa; ma nessuno lo spiega nell' articolo. Complimenti all' autore per la chiarezza.



e se non piangi, di che pianger suoli?

#3 giemme74

giemme74

    Tpx4MI

  • Ambasadiani MI1a
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    Medaglie



Inviato 30 November 2013 - 09:04:03


Visualizza messaggioRudy, su 30 November 2013 - 08:18:54, dice:

S' intende che i soldi prestati da Unicredit non sono soltanto gli spiccioli depositati dai risparmiatori italici, se ancora ce ne sono; ma anche quelli che la banca raccoglie negli stessi paesi dell' Est.

fantastico, i risparmiatori italici depositerebbero spiccioli mentre i risparmiatori dell'est depositerebbero grandi capitali ? non lo dici chiaramente ma lo lasci intendere e a me sembra piuttosto improbabile...

non sarà forse che sono i soldi che la BCE presta all'1% (adesso forse anche meno, visto il taglio dei tassi) alla banche europee e che sarebbero destinati, nella migliore delle ipotesi alle aziende europee e nella peggiore ai titoli di stato dei paesi europei ?



Immagine inviata


#4 Ambasada.it

Ambasada.it

    TpX2MI

  • Ambasadiani MIra
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Inviato 30 November 2013 - 10:17:50


Visualizza messaggioRudy, su 30 November 2013 - 08:18:54, dice:

Niente di male se una banca di livello internazionale fa la banca a livello internazionale, ossia assiste le imprese nelle loro esigenze.
S' intende che i soldi prestati da Unicredit non sono soltanto gli spiccioli depositati dai risparmiatori italici, se ancora ce ne sono; ma anche quelli che la banca raccoglie negli stessi paesi dell' Est.

Piuttosto questo articolo crea una confusione tremenda.
La sigla CEE è sempre stata usata per indicare la UE prima che si chiamasse Unione Europea. Infatti allora si chiamava Comunità Economica Europea.
Qui invece si usa CEE per indicare Centro ed Est Europa; ma nessuno lo spiega nell' articolo. Complimenti all' autore per la chiarezza.

Non sono affatto d'accordo! Una delle principali disgrazie di questo Paese e' proprio quella che tu difendi!
La finanza per pochi!
Cioe' si raccoglie risparmio e lo si mette a disposizione di pochi (quasi sempre legati alla politica) i quali spesso nn portano mai utili ma ingrassano i soliti noti!
Una banca invece deve aver l'obbligo di investire nel bacino di raccolta !!!! Non puo' fare assicurazione e menate varie!!!
A me che assicuri un'azienda italiana che opera all'estero non me ne frega niente!
Ci sono altri strumenti!
Qui si vuol far credere che la salvezza siano due aziende italiane all'estero e le infrastrutture da rinnovare in questo Paese!

Balle

Tutto questo serve solo ai POCHI soliti noti e basta!

Serve invece un'economia LOCALE che manca ormai da ANNI!

Proprio QUELLO CHE HANNO RUBATO LE BANCHE!

UN GOVERNO SERIO FAREBBE SUBITO UN DECRETO CHE OBBLIGHI LE BANCHE A FARE LE BANCHE E NON A FAR SOLDI! PUNTO!

MA SICCOME  SON TUTTI VENDUTI A LORO!

IL RISULTATO E' SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI!

AGLI ITALIANI SI CONTINUA A DIRE CHE BISOGNA PRODURRE DI QUALITA'

COME DIRE CHE TUTTI DOVREMMO VIAGGIARE IN FERRARI E VESTIRE GUCCI!

LE SOLITE IDIOZIE! BUONE PER I CAPRONI



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#5 XCXC

XCXC

    TpX2MI

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    Medaglie








Inviato 04 December 2013 - 19:01:55


Visualizza messaggioAmbasada.it, su 30 November 2013 - 10:17:50, dice:


Cioe' si raccoglie risparmio e lo si mette a disposizione di pochi (quasi sempre legati alla politica) i quali spesso nn portano mai utili ma ingrassano i soliti noti!



Banche, Unimpresa: “Famiglie? Chi non paga sono i grandi debitori”

Secondo lo studio dell'Associazione nazionale di categoria a mettere in difficoltà gli istituti italiani non sono le famiglie o le piccole aziende: "Su 133 miliardi di euro complessivi, a giugno 2013, di rate non pagate, 85,3 miliardi (pari al 64,2%) si riferisce a finanziamenti di grandi dimensioni"


Immagine inviata


Altro che famiglie e piccole e medie imprese, i problemi delle banche stanno da un’altra parte. Sono infatti i grandi debitori che non rimborsano i prestiti. A rivelarlo è uno studio di Unimpresa evidenziando come “su 133 miliardi di euro complessivi, a giugno 2013, di rate non pagate, 85,3 miliardi (pari al 64,2%) si riferisce a finanziamenti di grandi dimensioni, superiori a 500.000 euro”. Non solo su appena 39 soggetti pesano 15 miliardi di sofferenze, ovvero crediti che si stima sia estremamente difficile recuperare. In pratica più di 384 milioni a testa. Non certo il mutuo di una casa, ma piuttosto denari prestati dagli istituti di credito per finanziare grandi progetti immobiliari del calibro di Milano Santa Giulia, o uomini d’affari come Romain Zaleski, finanziere vicino a Giovanni Bazoli, presidente del Consiglio di Sorveglianza di Intesa.

Solo il 35,8% del totale delle sofferenze è infatti riconducibile a finanziamenti compresi fra i 250 e i 500mila euro. Cifre più vicine ai prestiti richiesti dalle piccole imprese, dagli artigiani e dalla clientela retail per l’acquisto dell’abitazione. Dall’Ufficio studi di Unimpresa, che ha analizzato dati forniti da Bankitalia, spiegano infatti come “guardando alla platea dei soggetti debitori, su 1.166.425 clienti in difficoltà con le rate, sono 43.319 (3,71%) quelli su cui pesa il 64,2% delle sofferenze (quelle relative ai finanziamenti maggior di 500.000 euro), mentre le sofferenze relative ai prestiti minori (fino a 500.000 euro) sono distribuite su 1.123.106 soggetti”.

Unimpresa scende poi nel dettaglio dei grandi finanziamenti sopra i 500mila euro sottolineando come si tratti di affidamenti per medie e grandi imprese. Fino a un milione di euro, i soggetti in difficoltà finanziarie rappresentano l’1,7% (20.182 unità) per un totale di 11,3 miliardi di sofferenze, corrispondenti all’8,6 per cento del totale. “Fino a 2,5 milioni di euro euro i clienti sono 14.235 (1,2%) e le sofferenze 17,5 miliardi (13,2%) – spiega una nota di Unimpresa -. Fino a 5.000.000 di euro, i clienti sono 5.229 (0,4%) e le sofferenze 14,2 miliardi (10,7%). Fino a 25.000.000 di euro, i clienti sono 3.634 (0,3%) e le sofferenze 26,6 miliardi (20,1%)”.
“L’analisi del nostro Centro studi dimostra che la questione delle sofferenze bancarie è particolarmente complessa – osserva il presiedente di Unimpresa, Paolo Longobardi - probabilmente sarebbe opportuno che le banche comincino a valutare il merito di credito sulla base di progetti e prospettive delle imprese e non solo sui bilanci”. Anche perché il prezzo delle difficoltà delle banche, alla fine, lo paga la collettività come testimoniano casi some Mps o l’operazione di rivalutazione delle quote Bankitalia.



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