TRANSNISTRIA. ENERGIA, ‘NO AI SOLDI DELL’UE’
11 Febbraio 2025
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(Foto: Notizie Geopolitiche / ML).
di Giuseppe Gagliano –
La Transnistria, enclave filorussa incastonata nella Moldavia ma di fatto indipendente, ha deciso di rifiutare un aiuto energetico da 60 milioni di euro offerto dall’Unione Europea. Motivo ufficiale? Non vuole alzare le tariffe per i consumatori. Motivo reale? Mosca non permette che Tiraspol, sua roccaforte nei Balcani, accetti aiuti da Bruxelles, perché ciò significherebbe una lenta erosione del controllo russo sulla regione. E così, mentre l’Europa offre gas e sostegno economico, la Transnistria rimane attaccata al salvagente russo.
Da quando l’Ucraina ha interrotto il transito del gas russo la Transnistria si è trovata in una situazione precaria: blackout quotidiani, riserve al minimo e un’emergenza che sarebbe potuta diventare insostenibile. Bruxelles ha proposto un pacchetto di aiuti vincolato a riforme sulle libertà fondamentali e sul rispetto dei diritti umani. Ma per Mosca l’unica vera questione è il controllo: lasciare che la Transnistria accetti aiuti dall’UE significherebbe perdere terreno strategico.
Nel frattempo la Moldavia si muove con cautela. Il premier Dorin Recean ha garantito che il gas arriverà comunque a Tiraspol, grazie alla compagnia ungherese MET Gas and Energy Marketing AG, con i pagamenti coperti da una società con sede a Dubai. Una triangolazione finanziaria che suona come un compromesso tra le pressioni russe e l’obiettivo europeo di staccare, pezzo dopo pezzo, la Transnistria dall’influenza di Mosca.
Il Cremlino ovviamente non ha gradito. Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, ha accusato la Moldavia di trasformare la crisi energetica in un’arma politica contro la Transnistria, violando gli accordi di pace del 1992. La logica russa è semplice: mantenere Tiraspol in una situazione di dipendenza e instabilità per garantirsi una leva di pressione su Chisinau e l’occidente.
Dall’altra parte la presidente moldava Maia Sandu sta giocando la carta dell’Unione Europea. La sua strategia è chiara: aggirare la Transnistria costruendo infrastrutture alternative, come la linea elettrica Vulcănești-Chișinău, che le permetterebbe di importare energia dalla Romania senza passare per la regione separatista. Una mossa che ridurrebbe ulteriormente il peso geopolitico della Transnistria e spingerebbe Chisinau sempre più verso l’integrazione europea.
Nel frattempo, mentre Tiraspol rifiuta gli aiuti europei e si aggrappa al sostegno russo, il dibattito sul destino della regione si fa sempre più acceso. L’UE e la Moldavia vedono nella crisi un’opportunità per spezzare la dipendenza della Transnistria da Mosca, mentre il Cremlino usa la stessa crisi per rafforzare la sua presa.
Il problema è che il tempo stringe: la Transnistria ha bisogno di energia e finanziamenti e la Russia, sempre più impegnata su altri fronti, dall’Ucraina alla politica interna. potrebbe non essere disposta a coprire il conto per sempre.
E così ancora una volta la Transnistria, che si era proclamata indipendente dall’Unione Sovietica prima di Ucraina e Moldavia e che vede come primo gruppo etnico quello russo (34%, contro il 33% di moldavi e il 26,7% di ucraini), resta sospesa tra passato e futuro, tra Mosca e Bruxelles, in un limbo geopolitico che dura da oltre trent’anni. Ma fino a quando?
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