Corte di Cassazione - Sentenza 16 luglio 2010 n. 10535

UDIENZA PUBBLICA DEL 16/07/2010
SENTENZA N. 1907 – REGISTRO GENERALE N. 42133/2009

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott GIULIANA FERRUA - Presidente
Dott. ARTURO CARROZZA - Consigliere
Dott. VITO SCALERA – Consigliere
Dott PIERO SAVANI - Consigliere
Dott. MAURIZIO FUMO - Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) XXXX

avverso la sentenza n. 3691/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 25/09/2009

visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/07/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO
udito il PG in persona del sost.proc.gen. dott. G. Volpe, che ha chiesto annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto come reato dalla legge,
udito il difensore avv. G. Ursini, in sost.ne dell'avv. G. E. Vigevano, che, illustrando i motivi del ricorso, si è associato alle conclusioni del PG,
osserva quanto segue.
La Corte di appello di Milano, con sentenza 25.9.2009, in riforma della pronunzia di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione a carico di XXXX, imputato del reato di cui all'art. 57 cp; ha confermato le statuizioni civili in favore delle costituite parti civili, YYYY e ZZZZ.
XXXX era direttore del periodico telematico WWWW, sul quale risultava pubblicata una lettera ritenuta diffamatoria nei confronti del ministro della Giustizia (YYYY) e del suo "consulente per l'edilizia penitenziario" (ZZZZ).
Ricorre per cassazione il difensore dell'imputato e deduce:
1) difetto di motivazione, sua contraddittorietà e illogicità in ordine alla esistenza della prova della sussistenza del fatto.
Nel corso del dibattimento, l'imputato sostenne e dimostrò come fosse possibile e facile ottenere una pagina "a stampa" di un giornale telematico, non corrispondente all'originale. Egli ebbe a dichiarare, che, informato della querela proposta dal YYYY e dal ZZZZ, eseguì un controllo nell'archivio informatico del giornale, non rinvenendo la lettera in questione. Detta lettera dunque non esiste nell'originale del documento informatico ed è stata evidentemente "prodotta", con il sistema c.d. "taglia e incolla" da ignoto autore. Sarebbe stato facile per gli inquirenti verificare l'autenticità della
lettera (scil. il suo effettivo inserimento nel "numero" del quotidiano on line cui apparentemente sì riferisce), disponendo, innanzitutto, il sequestro del "sito", e quindi incaricando una persona esperta di accertare se esso conteneva lo missiva in questione e incaricando quindi un un PU o un notaio di certificare l'esito dell'accertamento. E' talmente semplice creare e stampare ex novo una pagina mai diffusa in rete, che tale mezzo di prova (lo pagina stampata, asseritamene "estratta" dal web) non può ritenersi ammissibile, perché il documento è di incerta paternità. In tal senso d'altra parte si sono orientate le sezioni civili della S.C. (Cass sez. lav. 16.2.2004 n. 2912).
Fatta tale premessa, l'imputato ebbe ad affermare che, se effettivamente le lettera de qua fosse stata ospitata sul suo giornale telematico, egli altro non avrebbe potuto fare che presentare le sue scuse alle parti civili. Ebbene, lo Corte milanese, equivocando sul senso delle parole, ha ritenuto che tale affermazione, meramente congetturale, fosse una ammissione di responsabilità.
2) violazione di legge, erronea applicazione dell'art. 57 cp e carenze dell'apparato motivazionale.
Il dettato dell'art 57 cp non è applicabile al c.d. giornale telematico. La lettera della legge e lo sua ratio fanno riferimento al concetto di "stampa", concetto nel quale non può essere ricompresa l'informazione on line. Né può pensarsi a una interpretazione analogica, trattandosi, evidentemente di analogia in malam partem. Sul punto, dottrina e giurisprudenza sono concordi. D'altra parte, il solo fatto che siano state presentate più proposte di legge per estendere lo portata dell'art 57 cp anche al direttore di un giornale telematico, rappresenta ulteriore riprova del fatto che, allo stato, al predetto direttore non è attribuita alcuna posizione di garanzia. Ciò a voler poi trascurare che il delitto ex art 57 cp è fattispecie colposa e dunque andrebbe individuato un qualche profilo di colpa da attribuire al XXXX; altrimenti ci si troverebbe nell'ambito della responsabilità oggettiva, ritenuta ormai costituzionalmente incompatibile.
Tanto premesso, osserva il Collegio che la censura sub 2) deve necessariamente essere esaminata per prima in quanto con essa si nega in radice che lo condotta in ipotesi addebitata al XXXX sia riconducibile a una fattispecie astratta di reato: quella appunto ex art 57 cp.
La censura è fondata.
L'art. 57 cp punisce, come è noto, il direttore del giornale che colposamente non impedisca che, tramite lo pubblicazione sul predetto mezzo di informazione, siano commessi reati. Il codice, per altro, tra i mezzi di informazione, distingue la stampa rispetto a tutti gli altri mezzi di pubblicità (art. 595 comma III cp.) e l'art. 57 si riferisce specificamente alla informazione diffusa tramite lo "carta stampata". La lettera della legge è inequivoca e a tale conclusione porta anche l'interpretazione "storica" della norma.
In dottrina e in giurisprudenza si è comunque discusso circa la estensibilità del concetto di stampa, appunto agli altri mezzi di comunicazione. E così una risalente pronunzia (ASN 198900259-RV 180713) ha escluso che fosse assimilabile al concetto di stampato lo videocassetta preregistrata, in quanto essa viene riprodotta con mezzi diversi da quelli meccanici e fisico-chimici richiamati dall'art. 1 della legge 47/48.
D'altra parte, è noto che la giurisprudenza ha concordemente negato (ad eccezione della sentenza n. 12960 della Sez. feriale, p.u. 31.8.2000, dep. 12.12.2000, ric. Cavallino, non massimata) che al direttore della testata televisiva sia applicabile la normativa di cui all'art. 57 cp (cfr, ad es. ASN 200834717-RV 240687; ASN 199601291-RV 205281), stante lo diversità strutturale tra i due differenti mezzi di comunicazione (fa stampa, da un lato, lo radiotelevisione dall'altro) e lo vigenza nel diritto penale del principio di tassatività.
Analogo discorso, a parere di questo Collegio, deve esser fatto per quel che riguarda lo assimilabilità di internet (rectius del suo "prodotto") al concetto di stampato.
L'orientamento prevalente in dottrina è stato negativo, atteso che, perché possa parlarsi di stampa in senso giuridico (appunto ai sensi del ricordato art. 1 della legge 47/48), occorrono due condizioni che certamente il nuovo medium non realizza: a) che vi sia una riproduzione tipografica (prius), b) che il prodotto di tale attività (quella tipografica) sia destinato alla pubblicazione e quindi debba essere effettivamente distribuito tra il pubblico (posterius).
Il fatto che il messaggio internet (e dunque anche lo pagina del giornale telematico) si possa stampare non appare circostanza determinante, in ragione della mera eventualità, sia oggettiva, che soggettiva. Sotto il primo aspetto, si osserva che non tutti i messaggi trasmessi via internet sono "stampabili": sì pensi ai video, magari corredati di audio; sotto il secondo, basta riflettere sulla circostanza che, in realtà, è il destinatario colui che, selettivamente ed eventualmente, decide di riprodurre a stampa lo "schermata".
E se è pur vero che la "stampa" -normativamente intesa-ha certamente a oggetto, come si é premesso, messaggi destinati alla pubblicazione, è altrettanto vero che deve trattarsi -e anche questo si è anticipato- di comunicazioni che abbiano veste di riproduzione tipografica.
Se pur, dunque, le comunicazioni telematiche sono, a volte, stampabili, esse certamente non riproducono stampati (è in realtà la stampa che -eventualmente- riproduce la comunicazione, ma non la incorpora, così come una registrazione "domestica" di un film trasmesso dalla TV, riproduce -ad uso del fruitore- un messaggio, quello cinematografico appunto, già diretto "al pubblico" e del quale, attraverso lo duplicazione, in qualche modo il fruitore stesso si appropria, oggettivizzandolo).
Bisogna pertanto riconoscere lo assoluta eterogeneità della telematica rispetto agli altri media, sinora conosciuti e, per quel che qui interessa, rispetto alla stampa.
D'altronde, non si può non sottolineare che differenti Sono le modalità tecniche di trasmissione del messaggio a seconda del mezzo utilizzato: consegna materiale dello stampato e sua lettura da parte del destinatario, in un caso (stampa), irradiazione nell'etere e percezione da parte di chi si sintonizza, nell'altro (radio e TV), infine, trasmissione telematica tramite un ISP (internet server provider), con utilizzo di rete telefonica nel caso di internet.
Ad abundantiam si può ricordare che l'art. 14 D. Lsvo 9.4.2003 n. 70 chiarisce che non sono responsabili dei reati commessi in rete gli access provider, i service provider e -a fortiori- gli hosting provider (cfr. in proposito ASN 200806046-RV 242960), a meno che non fossero al corrente del contenuto criminoso del messaggio diramato (ma, in tal caso, come è ovvio, essi devono rispondere a titolo di concorso nel reato doloso e non certo ex art 57 cp).
Qualsiasi tipo di coinvolgimento poi va escluso (tranne, ovviamente, anche in questo caso, per l'ipotesi di concorso) per i coordinatori dei blog e dei forum.
Non diversa è la figura del direttore del giornale diffuso sul web.
Peraltro, anche nel caso oggi in esame, sarebbe, invero, ipotizzabile, in astratto, la responsabilità del direttore del giornale telematico, se fosse stato d'accordo con l'autore della lettera (lo stesso discorso varrebbe per un articolo giornalistico). A maggior ragione, poi, se lo scritto fosse risultato anonimo. Ma -è del tutto evidente- in tal caso il direttore avrebbe dovuto rispondere del delitto di diffamazione (eventualmente in concorso) e non certo di quello di omesso controllo ex art 57 cp, che come premesso, non è realizzabile da chi non sia direttore di un giornale cartaceo.
Al XXXX, tuttavia, è stato contestato il delitto colposo ex art 57 cp e non quello doloso ex art 595 cp.
Sul piano pratico, poi, non va trascurato che la c.d. interattività (la possibilità di interferire sui testi che si leggono e si utilizzano) renderebbe, probabilmente, vano -o comunque estremamente gravoso- il compito di controllo del direttore di un giornale on line.
Dunque, accanto all'argomento di tipo sistematico (non assimilabilità normativamente determinata del giornale telematica a quello stampato e inapplicabilità nel settore penale del procedimento analogico in malam partem), andrebbe considerata anche la problematica esigibilità della ipotetica condotta di controllo del direttore (con quel che potrebbe significare sul piano della effettiva individuazione di profili di colpa).
Da ultimo, va considerata anche la implicita voluntas legis, atteso che, da un lato, risultano pendenti diverse ipotesi di estensione della responsabilità ex art 57 cp al direttore del giornale telematico (il che costituisce ulteriore riprova che -ad oggi- tale responsabilità non esiste), dall'altro, va pur rilevato che il legislatore, come ricordato dal ricorrente, è effettivamente intervenuto, negli ultimi anni, sulla materia senza minimamente innovare sul punto.
Invero, né con lo legge 7 marzo 2001 n. 62, né con il già menzionato D.Lsvo del 2003, è stata effettuata la estensione della operatività dell'art. 57 cp dalla carta stampata ai giornali telematici, essendosi limitato il testo del 2001 a introdurre la registrazione dei giornali on line (che dunque devono necessariamente avere al vertice un direttore) solo per ragioni amministrative e, in ultima analisi, perché possano essere richieste le provvidenze previste per l'editoria (come ha chiarito il successivo D. Lsvo).
Allo stato, dunque, "il sistema" non prevede lo punibilità ai sensi dell'art 57 cp (o di un analogo meccanismo incriminatorio) del direttore di un giornale on line.
Rimanendo pertanto assorbita la censura sub 1), deve concludersi che lo sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

PQM

lo Corte annulla senza rinvio lo sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Così deciso in Roma, in data 16 luglio 2010.

Il presidente-Giuliana Ferrara
L'estensore-Maurizio Fumo

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Corte di Cassazione - Sentenza 29 Novembre 2011 n. 44126

Non risponde dei contenuti di terzi il gestore del sito: Corte Costituzionale 337 del 2011

ORDINANZA N. 337

 

ANNO 2011

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA,

 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 11 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), promosso dal Tribunale di Alessandria, in composizione monocratica, nel procedimento penale a carico di P.G. con ordinanza del 24 gennaio 2011, iscritta al n. 144 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 2011.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 novembre 2011 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.

 

Ritenuto che il Tribunale di Alessandria, in composizione monocratica, con ordinanza depositata nella cancelleria della Corte il 24 gennaio 2011 ha sollevato, con riferimento all’articolo 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa) «nella parte in cui esclude dalla responsabilità civile ivi prevista il proprietario ed editore del sito web, sul quale vengono diffusi giornali telematici»;

che, come il giudicante riferisce, egli è chiamato a pronunciare nel processo a carico di P.G., imputato del delitto di cui all’art. 595 del codice penale «perché, quale autore dell’articolo “Minorenne costretta a prostituirsi: storia di amori, sfruttamento e orge”, pubblicato sul sito ..., offendeva la reputazione di B.R., falsamente indicando che questi era stato arrestato per favoreggiamento. Con l’aggravante di aver commesso il fatto con il mezzo della stampa, attribuendo un fatto determinato»;

che, in prima udienza, la persona offesa B.R. si era costituita parte civile, chiedendo la citazione quale responsabile civile della E. s.r.l., società editrice del giornale on line, sul cui dominio era comparso l’articolo ritenuto diffamatorio;

che, disposta dal giudicante la citazione, la detta società si era costituita ed aveva proposto istanza di esclusione, sulla quale il pubblico ministero si era rimesso alla giustizia, mentre la parte civile ne aveva chiesto il rigetto, con l’argomento che, diversamente opinando, si sarebbe creata una ingiustificata minor tutela delle vittime di reati commessi mediante la diffusione in rete, rispetto a quella prevista per i medesimi reati commessi col mezzo della stampa;

che il responsabile civile è il soggetto tenuto, a norma dell’art. 185, secondo comma, cod. pen. a rispondere «a norma delle leggi civili» per il fatto dell’imputato e con costui in solido;

che il soggetto chiamato a rispondere come responsabile civile, a sostegno dell’istanza di esclusione, ha dedotto l’impossibilità di applicare al direttore del giornale telematico la responsabilità penale per culpa in vigilando prevista dall’art. 57 cod. pen. nei confronti del direttore o del vice-direttore del periodico stampato, in ossequio al principio di tassatività della fattispecie penale, corollario del principio costituzionale di stretta legalità, sancito dall’art. 25, secondo comma, Cost.;

che, tuttavia, nel caso in esame, ad avviso del rimettente, si verte in tema di responsabilità civile, sicché viene in considerazione non l’art. 57 o l’art. 57-bis cod. pen., ma il disposto dell’art. 11 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, recante «Disposizioni sulla stampa», ai sensi del quale «per i reati commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione e l’editore»;

che neppure questa norma, peraltro, consente un’interpretazione analogica, perché limita espressamente la responsabilità civile dell’editore ai reati commessi col mezzo della stampa, ossia con riproduzioni tipografiche le quali vengano diffuse tra il pubblico su supporto cartaceo;

che, ai sensi dell’art. 11 (recte: art. 12) delle disposizioni sulla legge in generale, stante il chiaro significato letterale della norma, non è consentito il ricorso all’interpretazione analogica, previsto dal secondo comma soltanto nel caso in cui si verifichi un vuoto normativo;

che, tuttavia, ad avviso del giudicante, è dubbia la compatibilità della norma col principio di uguaglianza, sancito dall’art. 3 Cost., in quanto essa accorda una tutela ingiustificatamente più ampia alle persone offese da reati commessi col mezzo della carta stampata, rispetto a quelle che il medesimo reato abbiano subito col mezzo di un giornale telematico;

che tale disparità di trattamento non è giustificata, perché la diffusione della rete internet, avvenuta negli ultimi anni, consente ai giornali telematici una divulgazione potenzialmente analoga, se non superiore, a quella dei giornali stampati;

che la questione sarebbe rilevante, perché il rimettente, applicando la norma de qua, dovrebbe accogliere l’istanza di esclusione formulata dal responsabile civile;

che nel giudizio dinanzi a questa Corte è intervenuto, con atto depositato il 19 luglio 2011, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata, in quanto nella normativa vigente già sarebbe possibile rinvenire la soluzione della questione stessa, «nel senso che nulla osta all’applicazione della disciplina dei reati commessi a mezzo della stampa, prevista dalla legge n. 47 del 1948, anche all’informazione on line, purché si tratti di informazione professionale e registrata».

Considerato che il Tribunale di Alessandria, in composizione monocratica, dubita, in riferimento all’articolo 3, primo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), nella parte in cui esclude dalla responsabilità civile ivi prevista il proprietario ed editore del sito web, sul quale sono diffusi giornali telematici;

che, in tal modo, sarebbe accordata una tutela ingiustificatamente più ampia alle persone offese da reati commessi col mezzo della carta stampata, rispetto alle persone che abbiano subito il medesimo reato col mezzo di un giornale telematico, avente ormai una diffusione potenzialmente analoga a quella dei giornali stampati;

che, in base alla ricostruzione del rimettente, la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma censurata dovrebbe condurre a qualificare come illecita la condotta di soggetti (il proprietario e l’editore del sito web, sul quale vengono diffusi giornali telematici recanti notizie ritenute diffamatorie) non compresi nella previsione di detta norma nel momento in cui la condotta stessa fu realizzata;

che, tuttavia, l’eventuale accoglimento della questione non potrebbe condurre ad una pronuncia di condanna al risarcimento del danno del presunto responsabile civile nel giudizio a quo, perché, come è stato già chiarito, «una sentenza di questa Corte non può avere l’effetto di rendere antigiuridico un comportamento che tale non era nel momento in cui è stato posto in essere» (sentenza n. 202 del 1991; ordinanza n. 71 del 2009);

che, infatti, la condotta di un soggetto può essere assunta a fonte di responsabilità civile per il risarcimento dei danni soltanto se, quando fu compiuta, sussisteva un preciso obbligo giuridico sancito da una norma conoscibile dall’agente (sentenza n. 202 del 1991 citata, punto 4 del Considerato in diritto);

che, per conseguenza, la questione di legittimità costituzionale sollevata dal rimettente non è rilevante nel giudizio principale, nel quale la persona offesa ha chiesto la citazione come responsabile civile della società editrice del giornale online, unicamente allo scopo di ottenere una condanna al risarcimento del danno, che, per i motivi esposti, non potrebbe essere, comunque, pronunciata;

che, pertanto, la detta questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 11 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), «nella parte in cui esclude dalla responsabilità civile ivi prevista il proprietario ed editore del sito web, sul quale vengono diffusi giornali telematici», sollevata, in riferimento all’articolo 3, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Alessandria, in composizione monocratica, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 2011.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Alessandro CRISCUOLO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 16 dicembre 2011.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: MELATTI

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Social network senza obblighi di vigilanza sui file pirata: la Corte Ue boccia l'imposizione di filtri ai gestori delle reti

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

16 febbraio 2012 (*)

«Società dell’informazione – Diritto di autore – Internet – Prestatore di servizi di hosting –

Trattamento delle informazioni memorizzate su una piattaforma di rete sociale in linea –

Predisposizione di un sistema di filtraggio di tali informazioni al fine di impedire la messa a

disposizione di file che ledono i diritti d’autore – Assenza di un obbligo generale di

sorvegliare le informazioni memorizzate»

Nella causa C-360/10,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi

dell’articolo 267 TFUE, dal presidente del rechtbank van eerste aanleg te Brussel (Belgio),

con decisione del 28 giugno 2010, pervenuta in cancelleria il 19 luglio 2010, nel

procedimento

Belgische Vereniging van Auteurs, Componisten en Uitgevers CVBA (SABAM)

contro

Netlog NV,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. J. Malenovský (relatore), dalla

sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. G. Arestis e D. Šváby, giudici,

avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 luglio 2011,

considerate le osservazioni presentate:

– per la Belgische Vereniging van Auteurs, Componisten en Uitgevers CVBA (SABAM),

da B. Michaux, F. de Visscher e F. Brison, advocaten;

– per la Netlog NV, da P. Van Eecke, advocaat;

– per il governo belga, da T. Materne e J.-C. Halleux, in qualità di agenti;

– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da S. Fiorentino,

avvocato dello Stato;

– per il governo dei Paesi Bassi, da C. Wissels, in qualità di agente;

– per il governo del Regno Unito, da S. Ossowski, in qualità di agente;

– per la Commissione europea, da A. Nijenhuis e J. Samnadda, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza

conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione delle seguenti direttive:

– 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a

taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il

commercio elettronico, nel mercato interno («Direttiva sul commercio elettronico»)

(GU L 178, pag. 1);

– 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001,

sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella

società dell’informazione (GU L 167, pag. 10);

– 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei

diritti di proprietà intellettuale (GU L 157, pag. 45, e rettifiche GU 2004, L 195,

pag. 16, e GU 2007, L 204, pag. 27);

– 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla

tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla

libera circolazione di tali dati (GU L 281, pag. 31), e

– 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al

trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle

comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni

elettroniche) (GU L 201, pag. 37).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Belgische Vereniging

van Auteurs, Componisten en Uitgevers CVBA (SABAM) (in prosieguo: la «SABAM») e la

Netlog NV (in prosieguo: la «Netlog»), che gestisce una piattaforma di rete sociale in linea, in

merito all’obbligo di quest’ultima di predisporre un sistema di filtraggio delle informazioni

memorizzate nella sua piattaforma, onde impedire che siano messi a disposizione file in

violazione dei diritti d’autore.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

La direttiva 2000/31

3 Ai sensi dei considerando quarantacinquesimo, quarantasettesimo e quarantottesimo della

direttiva 2000/31:

«(45) Le limitazioni alla responsabilità dei prestatori intermedi previste nella presente

direttiva lasciano impregiudicata la possibilità di azioni inibitorie di altro tipo. Siffatte

azioni inibitorie possono, in particolare, essere ordinanze di organi giurisdizionali o

autorità amministrative che obbligano a porre fine a una violazione o impedirla, anche

con la rimozione dell’informazione illecita o la disabilitazione dell’accesso alla

medesima.

(...)

(47) Gli Stati membri non possono imporre ai prestatori un obbligo di sorveglianza di

carattere generale. Tale disposizione non riguarda gli obblighi di sorveglianza in casi

specifici e, in particolare, lascia impregiudicate le ordinanze emesse dalle autorità

nazionali secondo le rispettive legislazioni.

(48) La presente direttiva non pregiudica la possibilità per gli Stati membri di chiedere ai

prestatori di servizi, che detengono informazioni fornite dai destinatari del loro servizio,

di adempiere al dovere di diligenza che è ragionevole attendersi da loro ed è previsto dal

diritto nazionale, al fine di individuare e prevenire taluni tipi di attività illecite».

4 L’articolo 14 della direttiva 2000/31, rubricato «Hosting», dispone quanto segue:

«1. Gli Stati membri provvedono affinché, nella prestazione di un servizio della società

dell’informazione consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario

del servizio, il prestatore non sia responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di

un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore:

a) non sia effettivamente al corrente del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e, per

quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che

rendono manifesta l’illegalità dell’attività o dell’informazione, o

b) non appena al corrente di tali fatti, agisca immediatamente per rimuovere le

informazioni o per disabilitarne l’accesso.

2. Il paragrafo 1 non si applica se il destinatario del servizio agisce sotto l’autorità o il

controllo del prestatore.

3. Il presente articolo lascia impregiudicata la possibilità, secondo gli ordinamenti degli

Stati membri, che un organo giurisdizionale o un’autorità amministrativa esiga che il

prestatore impedisca una violazione o vi ponga fine nonché la possibilità, per gli Stati

membri, di definire procedure per la rimozione delle informazioni o la disabilitazione

dell’accesso alle medesime».

5 Ai sensi dell’articolo 15 della direttiva 2000/31:

«1. Nella prestazione dei servizi di cui agli articoli 12, 13 e 14, gli Stati membri non

impongono ai prestatori un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che

trasmettono o memorizzano né un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze

che indichino la presenza di attività illecite.

2. Gli Stati membri possono stabilire che i prestatori di servizi della società

dell’informazione siano tenuti ad informare senza indugio la pubblica autorità competente di

presunte attività o informazioni illecite dei destinatari dei loro servizi o a comunicare alle

autorità competenti, a loro richiesta, informazioni che consentano l’identificazione dei

destinatari dei loro servizi con cui hanno accordi di memorizzazione dei dati».

La direttiva 2001/29

6 I considerando sedicesimo e cinquantanovesimo della direttiva 2001/29 enunciano che:

«(16) (...) La presente direttiva dovrebbe essere attuata in tempi analoghi a quelli previsti per

l’attuazione della [direttiva 2000/31], in quanto tale direttiva fornisce un quadro

armonizzato di principi e regole che riguardano tra l’altro alcune parti importanti della

presente direttiva. Questa direttiva lascia impregiudicate le regole relative alla

responsabilità della direttiva suddetta.

(...)

(59) In particolare in ambito digitale, i servizi degli intermediari possono essere sempre più

utilizzati da terzi per attività illecite. In molti casi siffatti intermediari sono i più idonei a

porre fine a dette attività illecite. Pertanto fatte salve le altre sanzioni e i mezzi di tutela

a disposizione, i titolari dei diritti dovrebbero avere la possibilità di chiedere un

provvedimento inibitorio contro un intermediario che consenta violazioni in rete da

parte di un terzo contro opere o altri materiali protetti. Questa possibilità dovrebbe

essere disponibile anche ove gli atti svolti dall’intermediario siano soggetti a eccezione

ai sensi dell’articolo 5. Le condizioni e modalità relative a tale provvedimento

ingiuntivo dovrebbero essere stabilite dal diritto nazionale degli Stati membri».

7 Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29:

«Gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi

comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a

disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso

dal luogo e nel momento scelti individualmente».

8 L’articolo 8 di tale direttiva prevede quanto segue:

«1. Gli Stati membri prevedono adeguate sanzioni e mezzi di ricorso contro le violazioni

dei diritti e degli obblighi contemplati nella presente direttiva e adottano tutte le misure

necessarie a garantire l’applicazione delle sanzioni e l’utilizzazione dei mezzi di ricorso. Le

sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.

(…)

3. Gli Stati membri si assicurano che i titolari dei diritti possano chiedere un

provvedimento inibitorio nei confronti degli intermediari i cui servizi siano utilizzati da terzi

per violare un diritto d’autore o diritti connessi».

La direttiva 2004/48

9 Il ventitreesimo considerando della direttiva 2004/48 è così formulato:

«Fatti salvi eventuali altre misure, procedure e mezzi di ricorso disponibili, i titolari dei diritti

dovrebbero avere la possibilità di richiedere un provvedimento inibitorio contro un

intermediario i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare il diritto di proprietà industriale

del titolare. Le condizioni e modalità relative a tale provvedimento inibitorio dovrebbero

essere stabilite dal diritto nazionale degli Stati membri. Per quanto riguarda le violazioni del

diritto d’autore e dei diritti connessi, la direttiva [2001/29] prevede già un ampio livello di

armonizzazione. Pertanto l’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva [2001/29] non dovrebbe

essere pregiudicato dalla presente direttiva».

10 Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, della direttiva 2004/48:

«La presente direttiva fa salve:

a) le disposizioni comunitarie che disciplinano il diritto sostanziale di proprietà

intellettuale, la direttiva 95/46/CE (...) o la direttiva 2000/31/CE in generale e le

disposizioni degli articoli da 12 a 15 della direttiva 2000/31/CE in particolare;

(…)».

11 L’articolo 3 della direttiva 2004/48 stabilisce quanto segue:

«1. Gli Stati membri definiscono le misure, le procedure e i mezzi di ricorso necessari ad

assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale di cui alla presente direttiva. Tali

misure, procedure e mezzi di ricorso sono leali ed equi, non inutilmente complessi o costosi e

non comportano termini irragionevoli né ritardi ingiustificati.

2. Le misure, le procedure e i mezzi di ricorso sono effettivi, proporzionati e dissuasivi e

sono applicati in modo da evitare la creazione di ostacoli al commercio legittimo e da

prevedere salvaguardie contro gli abusi».

12 L’articolo 11, terza frase, della direttiva 2004/48 dispone quanto segue:

«Gli Stati membri assicurano che i titolari possano chiedere un provvedimento ingiuntivo nei

confronti di intermediari i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare un diritto di proprietà

intellettuale, senza pregiudizio dell’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva [2001/29]».

Il diritto nazionale

13 L’articolo 87, paragrafo 1, primo e secondo comma, della legge del 30 giugno 1994, sul

diritto d’autore e sui diritti connessi (Belgisch Staatsblad, 27 luglio 1994, pag. 19297), che

recepisce nel diritto nazionale l’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 e l’articolo 11

della direttiva 2004/48, dispone quanto segue:

«Il presidente del tribunal de première instance (...) constata l’esistenza e ordina la cessazione

di qualsiasi violazione del diritto d’autore o di un diritto connesso.

Egli può altresì emettere un’ingiunzione recante un provvedimento inibitorio nei confronti di

intermediari i cui servizi siano utilizzati da un terzo per violare il diritto d’autore o un diritto

connesso».

14 Gli articoli 20 e 21 della legge dell’11 marzo 2003, relativa a taluni aspetti giuridici dei

servizi della società dell’informazione (Belgisch Staatsblad, 17 marzo 2003, pag. 12962)

recepiscono nel diritto nazionale gli articoli 14 e 15 della direttiva 2000/31.

Causa principale e questione pregiudiziale

15 La SABAM è una società di gestione che rappresenta gli autori, i compositori e gli editori di

opere musicali. A tale titolo, essa ha, in particolare, il compito di autorizzare l’utilizzo delle

loro opere protette da parte di terzi.

16 La Netlog gestisce una piattaforma di rete sociale in linea sulla quale ogni iscritto riceve uno

spazio personale, denominato «profilo», che l’utente stesso può riempire e che è accessibile a

livello mondiale.

17 La funzione principale di tale piattaforma, quotidianamente utilizzata da decine di milioni di

persone, è quella di creare comunità virtuali che consentono a dette persone di comunicare tra

loro e, in tal modo, di stringere amicizie. Sul proprio profilo gli utenti possono, in particolare,

tenere un diario, indicare i propri passatempi e preferenze, mostrare i propri amici,

visualizzare foto personali o pubblicare estratti di video.

18 La SABAM ha tuttavia ritenuto che la rete sociale della Netlog permetta altresì a tutti gli

utenti di utilizzare, tramite il loro profilo, opere musicali ed audiovisive del repertorio della

SABAM, mettendo dette opere a disposizione del pubblico in maniera tale che altri utenti

della suddetta rete possano avervi accesso, e questo senza l’autorizzazione della SABAM e

senza che la Netlog versi un compenso a tale titolo.

19 Nel corso del mese di febbraio 2009, la SABAM si è rivolta alla Netlog al fine di stipulare

una convenzione relativa al versamento, da parte di quest’ultima, di un compenso per

l’utilizzo del repertorio della SABAM.

20 Con lettera del 2 giugno 2009, la SABAM ha intimato alla Netlog di impegnarsi a cessare

immediatamente e per il futuro la messa a disposizione del pubblico non autorizzata di opere

musicali e audiovisive del suo repertorio.

21 Il 23 giugno 2009 la SABAM ha fatto notificare alla Netlog un atto di citazione dinanzi al

presidente del rechtbank van eerste aanleg te Brussel, nell’ambito di un’azione inibitoria ai

sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, della legge del 30 giugno 1994, sul diritto d’autore e sui

diritti connessi, chiedendo, in particolare, che venga ordinato alla Netlog di cessare

immediatamente qualsiasi messa a disposizione illecita delle opere musicali o audiovisive del

repertorio della SABAM, sotto pena del pagamento di una sanzione pecuniaria di 1 000 euro

per ogni giorno di ritardo.

22 A tale riguardo, la Netlog ha sostenuto che l’accoglimento dell’azione della SABAM

equivarrebbe ad imporre alla Netlog un obbligo generale di sorveglianza, vietato dall’articolo

21, paragrafo 1, della legge dell’11 marzo 2003, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi

della società dell’informazione, che recepisce nel diritto nazionale l’articolo 15, paragrafo 1,

della direttiva 2000/31.

23 Inoltre, la Netlog ha affermato, senza essere contraddetta dalla SABAM, che l’accoglimento

di un’azione siffatta potrebbe avere l’effetto di costringerla a predisporre, nei confronti della

sua intera clientela, in abstracto e a titolo preventivo, a sue spese e senza limiti nel tempo, un

sistema di filtraggio della maggior parte delle informazioni memorizzate sui suoi server, al

fine di individuare file elettronici contenenti opere musicali, cinematografiche o audiovisive

sulle quali la SABAM affermi di vantare diritti e, successivamente, di bloccarne lo scambio.

24 Orbene, la predisposizione di un simile sistema di filtraggio farebbe, probabilmente, sorgere

l’obbligo di sottoporre i dati personali ad un trattamento che deve essere conforme alle

disposizioni del diritto dell’Unione sulla protezione dei dati personali e sul segreto delle

comunicazioni.

25 Per questi motivi, il presidente del rechtbank van eerste aanleg te Brussel ha deciso di

sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se le direttive 2001/29 e 2004/48, lette in combinato disposto con le direttive 95/46, 2000/31

e 2002/58, interpretate, in particolare, alla luce degli articoli 8 e 10 della Convenzione

europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, [firmata a Roma

il 4 novembre 1950,] consentano agli Stati membri di autorizzare un giudice nazionale, adito

nell’ambito di un procedimento nel merito e in base alla sola disposizione di legge che

prevede che “[I giudici nazionali possono] altresì emettere un’ingiunzione recante un

provvedimento inibitorio nei confronti di intermediari i cui servizi siano utilizzati da un terzo

per violare il diritto d’autore o un diritto connesso”, ad ordinare ad un fornitore di servizi di

hosting di predisporre, nei confronti della sua intera clientela, in abstracto e a titolo

preventivo, esclusivamente a sue spese e senza limitazioni nel tempo, un sistema di filtraggio

della maggior parte delle informazioni che vengono memorizzate sui suoi server, al fine di

individuare file elettronici contenenti opere musicali, cinematografiche o audiovisive sulle

quali la SABAM affermi di vantare diritti e, successivamente, di bloccare lo scambio di questi

file».

Sulla questione pregiudiziale

26 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le direttive 2000/31,

2001/29, 2004/48, 95/46 e 2002/58, lette nel loro combinato disposto ed interpretate alla luce

delle condizioni che la tutela dei diritti fondamentali applicabili implica, debbano essere

interpretate nel senso che ostano all’ingiunzione, rivolta da un giudice nazionale ad un

prestatore di servizi di hosting, di predisporre un sistema di filtraggio:

– delle informazioni memorizzate sui server di detto prestatore dagli utenti dei suoi

servizi;

– che si applichi indistintamente nei confronti di tutti questi utenti;

– a titolo preventivo;

– a spese esclusive del prestatore, e

– senza limiti nel tempo,

idoneo ad identificare i file elettronici contenenti opere musicali, cinematografiche o

audiovisive rispetto alle quali il richiedente il provvedimento di ingiunzione affermi di

vantare diritti di proprietà intellettuale, onde bloccare la messa a disposizione del pubblico di

dette opere, lesiva del diritto d’autore (in prosieguo: il «sistema di filtraggio controverso»).

27 A tale proposito, è anzitutto pacifico che il gestore di una piattaforma di rete sociale in linea,

quale la Netlog, memorizza sui propri server informazioni fornite dagli utenti di tale

piattaforma e relative al loro profilo e che, pertanto, questi è un prestatore di servizi di hosting

ai sensi dell’articolo 14 della direttiva 2000/31.

28 Occorre altresì rammentare che, secondo gli articoli 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 e

11, terza frase, della direttiva 2004/48, i titolari di diritti di proprietà intellettuale possono

chiedere un provvedimento inibitorio nei confronti dei gestori di piattaforme di reti sociali in

linea, come la Netlog, che agiscono in qualità di intermediari ai sensi delle suddette

disposizioni, dato che i loro servizi possono essere utilizzati dagli utenti di simili piattaforme

per violare i diritti di proprietà intellettuale.

29 Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte emerge che la competenza attribuita, a norma di tali

disposizioni, ai giudici nazionali deve consentire a questi ultimi di ingiungere a detti

intermediari di adottare provvedimenti diretti non solo a porre fine alle violazioni già inferte

ai diritti di proprietà intellettuale mediante i loro servizi della società dell’informazione, ma

anche a prevenire nuove violazioni (v. sentenza del 24 novembre 2011, Scarlet Extended,

C-70/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 31).

30 Infine, dalla medesima giurisprudenza si evince che le modalità delle ingiunzioni che gli Stati

membri devono prevedere ai sensi di detti articoli 8, paragrafo 3, e 11, terza frase, quali quelle

relative alle condizioni che devono essere soddisfatte e alla procedura da seguire, devono

essere stabilite dal diritto nazionale (v. sentenza Scarlet Extended, cit., punto 32).

31 Ciò premesso, le norme nazionali istituite dagli Stati membri, al pari della loro applicazione

da parte dei giudici nazionali, devono rispettare i limiti derivanti dalle direttive 2001/29 e

2004/48, nonché dalle fonti del diritto alle quali tali direttive fanno riferimento (v. sentenza

Scarlet Extended, cit., punto 33).

32 Così, conformemente al sedicesimo considerando della direttiva 2001/29 ed all’articolo 2,

paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/48, le suddette norme non possono pregiudicare le

disposizioni della direttiva 2000/31 e, più precisamente, i suoi articoli 12-15 (v. sentenza

Scarlet Extended, cit., punto 34).

33 Di conseguenza, le medesime norme devono rispettare, segnatamente, l’articolo 15, paragrafo

1, della direttiva 2000/31, che vieta alle autorità nazionali di adottare misure che impongano

ad un prestatore di servizi di hosting di procedere ad una sorveglianza generalizzata sulle

informazioni che esso memorizza (v., per analogia, sentenza Scarlet Extended, cit., punto 35).

34 A questo riguardo, la Corte ha già dichiarato che siffatto divieto abbraccia, in particolare, le

misure nazionali che obblighino un prestatore intermedio, come un prestatore di servizi di

hosting, a realizzare una sorveglianza attiva su tutti i dati di ciascuno dei suoi clienti per

prevenire qualsiasi futura violazione di diritti di proprietà intellettuale. Peraltro, un siffatto

obbligo di sorveglianza generale sarebbe incompatibile con l’articolo 3 della direttiva

2004/48, il quale enuncia che le misure contemplate da detta direttiva devono essere eque,

proporzionate e non eccessivamente costose (v. sentenza Scarlet Extended, cit., punto 36).

35 Alla luce di tali premesse, occorre esaminare se l’ingiunzione di cui al procedimento

principale, che imporrebbe al prestatore di servizi di hosting di predisporre il sistema di

filtraggio controverso, lo obblighi a realizzare, in tale occasione, una sorveglianza attiva su

tutti i dati di ciascuno degli utenti dei suoi servizi per prevenire qualsiasi futura violazione di

diritti di proprietà intellettuale.

36 A tale riguardo, è pacifico che la predisposizione di tale sistema di filtraggio presupporrebbe

che il prestatore di servizi di hosting:

– identifichi, anzitutto, all’interno dell’insieme dei file memorizzati sui suoi server da

tutti gli utenti dei suoi servizi, quelli che possono contenere opere su cui i titolari di

diritti di proprietà intellettuale affermano di vantare diritti;

– determini, successivamente, quali dei suddetti file siano memorizzati e messi a

disposizione del pubblico in maniera illecita, e

– proceda, infine, al blocco della messa a disposizione dei file che ha considerato illeciti.

37 Pertanto, una siffatta sorveglianza preventiva richiederebbe un’osservazione attiva dei file

memorizzati dagli utenti presso il prestatore di servizi di hosting e riguarderebbe sia la quasi

totalità delle informazioni così memorizzate sia ciascuno degli utenti dei servizi di tale

prestatore (v., per analogia, sentenza Scarlet Extended, cit., punto 39).

38 Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre dichiarare che l’ingiunzione rivolta al

prestatore di servizi di hosting di predisporre il sistema di filtraggio controverso lo

obbligherebbe a procedere ad una sorveglianza attiva della quasi totalità dei dati relativi a

ciascuno degli utenti dei suoi servizi, onde prevenire qualsiasi futura violazione di diritti di

proprietà intellettuale. Ne consegue che la suddetta ingiunzione imporrebbe al prestatore di

servizi di hosting una sorveglianza generalizzata, vietata dall’articolo 15, paragrafo 1, della

direttiva 2000/31 (v., per analogia, sentenza Scarlet Extended, cit., punto 40).

39 Per vagliare la conformità di tale ingiunzione al diritto dell’Unione, occorre inoltre tenere

conto delle condizioni che discendono dalla tutela dei diritti fondamentali applicabili, come

quelli menzionati dal giudice del rinvio.

40 In proposito va ricordato che l’ingiunzione oggetto del procedimento principale è volta a

garantire la tutela dei diritti d’autore, che appartengono alla sfera del diritto di proprietà

intellettuale e che possono essere lesi dalla natura e dal contenuto di talune informazioni

memorizzate e messe a disposizione del pubblico attraverso il servizio fornito dal prestatore di

servizi di hosting.

41 Sebbene la tutela del diritto di proprietà intellettuale sia sancita dall’articolo 17, paragrafo 2,

della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), non può

desumersi né da tale disposizione né dalla giurisprudenza della Corte che tale diritto sia

intangibile e che la sua tutela debba essere garantita in modo assoluto (sentenza Scarlet

Extended, cit., punto 43).

42 Come emerge, infatti, dai punti 62-68 della sentenza del 29 gennaio 2008, Promusicae

(C-275/06, Racc. pag. I-271), la tutela del diritto fondamentale di proprietà, di cui fanno parte

i diritti di proprietà intellettuale, deve essere bilanciata con quella di altri diritti fondamentali.

43 Più precisamente, dal punto 68 di tale sentenza emerge che è compito delle autorità e dei

giudici nazionali, nel contesto delle misure adottate per proteggere i titolari di diritti d’autore,

garantire un giusto equilibrio tra la tutela di tali diritti e quella dei diritti fondamentali delle

persone su cui incidono dette misure.

44 Pertanto, in circostanze come quelle del procedimento principale, le autorità ed i giudici

nazionali devono, in particolare, garantire un giusto equilibrio tra la tutela del diritto di

proprietà intellettuale, di cui godono i titolari di diritti d’autore, e quella della libertà

d’impresa, di cui beneficiano operatori quali i prestatori di servizi di hosting in forza

dell’articolo 16 della Carta (v. sentenza Scarlet Extended, cit., punto 46).

45 Orbene, nel procedimento principale, l’ingiunzione di predisporre il sistema di filtraggio

controverso implica una sorveglianza, nell’interesse di tali titolari, sulla totalità o sulla

maggior parte delle informazioni memorizzate presso il prestatore di servizi di hosting

coinvolto. Tale sorveglianza è inoltre illimitata nel tempo, riguarda qualsiasi futura violazione

e postula che si debbano tutelare non solo opere esistenti, bensì anche opere che non sono

state ancora create nel momento in cui viene predisposto detto sistema.

46 Un’ingiunzione di questo genere causerebbe, quindi, una grave violazione della libertà di

impresa del prestatore di servizi di hosting, poiché l’obbligherebbe a predisporre un sistema

informatico complesso, costoso, permanente e unicamente a sue spese, il che risulterebbe

peraltro contrario alle condizioni stabilite dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/48,

il quale richiede che le misure adottate per assicurare il rispetto dei diritti di proprietà

intellettuale non siano inutilmente complesse o costose (v., per analogia, sentenza Scarlet

Extended, cit., punto 48).

47 Occorre pertanto dichiarare che l’ingiunzione di predisporre il sistema di filtraggio

controverso non può considerarsi conforme all’esigenza di garantire un giusto equilibrio tra,

da un lato, la tutela del diritto di proprietà intellettuale, di cui godono i titolari dei diritti

d’autore, e, dall’altro, quella della libertà d’impresa, di cui beneficiano operatori come i

prestatori di servizi di hosting (v., per analogia, sentenza Scarlet Extended, cit., punto 49).

48 Per di più, gli effetti di detta ingiunzione non si limiterebbero al prestatore di servizi di

hosting, poiché il sistema di filtraggio controverso è idoneo a ledere anche i diritti

fondamentali degli utenti dei servizi di tale prestatore, ossia il loro diritto alla tutela dei dati

personali e la loro libertà di ricevere o di comunicare informazioni, diritti, questi ultimi,

tutelati dagli articoli 8 e 11 della Carta.

49 Infatti, l’ingiunzione di predisporre il sistema di filtraggio controverso implicherebbe, da un

lato, l’identificazione, l’analisi sistematica e l’elaborazione delle informazioni relative ai

profili creati sulla rete sociale dagli utenti della medesima, informazioni, queste, che

costituiscono dati personali protetti, in quanto consentono, in linea di principio, di identificare

i suddetti utenti (v., per analogia, sentenza Scarlet Extended, cit., punto 51).

50 Dall’altro, detta ingiunzione rischierebbe di ledere la libertà di informazione, poiché tale

sistema potrebbe non essere in grado di distinguere adeguatamente tra un contenuto illecito ed

un contenuto lecito, sicché il suo impiego potrebbe produrre il risultato di bloccare

comunicazioni aventi un contenuto lecito. Infatti, è indiscusso che la questione della liceità di

una trasmissione dipende anche dall’applicazione di eccezioni di legge al diritto d’autore che

variano da uno Stato membro all’altro. Inoltre, in determinati Stati membri talune opere

possono rientrare nel pubblico dominio o possono essere state messe in linea a titolo gratuito

da parte dei relativi autori (v., per analogia, sentenza Scarlet Extended, cit., punto 52).

51 Pertanto, occorre dichiarare che, adottando un’ingiunzione che costringa il prestatore di

servizi di hosting a predisporre il sistema di filtraggio controverso, il giudice nazionale in

questione non rispetterebbe l’obbligo di garantire un giusto equilibrio tra il diritto di proprietà

intellettuale, da un lato, e la libertà di impresa, il diritto alla tutela dei dati personali e la

libertà di ricevere o di comunicare informazioni, dall’altro (v., per analogia, sentenza Scarlet

Extended, cit., punto 53).

52 Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla questione sottoposta dichiarando che le

direttive 2000/31, 2001/29 e 2004/48 lette in combinato disposto e interpretate alla luce delle

esigenze di tutela dei diritti fondamentali applicabili, devono essere interpretate nel senso che

ostano all’ingiunzione, rivolta ad un prestatore di servizi di hosting, di predisporre il sistema

di filtraggio controverso.

Sulle spese

53 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un

incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese

sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a

rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

Le direttive:

2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni

aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio

elettronico, nel mercato interno («Direttiva sul commercio elettronico»);

2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001,

sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società

dell’informazione, e

2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei

diritti di proprietà intellettuale,

lette in combinato disposto e interpretate alla luce delle esigenze di tutela dei diritti

fondamentali applicabili, devono essere interpretate nel senso che ostano all’ingiunzione,

rivolta da un giudice nazionale ad un prestatore di servizi di hosting, di predisporre un

sistema di filtraggio:

delle informazioni memorizzate sui server di detto prestatore dagli utenti dei suoi

servizi;

che si applichi indistintamente nei confronti di tutti questi utenti;

a titolo preventivo;

a spese esclusive del prestatore, e

senza limiti nel tempo,

idoneo ad identificare i file elettronici contenenti opere musicali, cinematografiche o

audiovisive rispetto alle quali il richiedente il provvedimento di ingiunzione affermi di vantare

diritti di proprietà intellettuale, onde bloccare la messa a disposizione del pubblico di dette

opere, lesiva del diritto d’autore.