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L'America cede le chiavi del web


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Inviato 01 October 2009 - 07:59:54


L'America cede le chiavi del web



In principio, furono pochi byte. Quarant'anni fa - correva il 29 ottobre del 1969 - da una stanzetta dell'Ucla di Los Angeles parte il primo messaggio su Arpanet, il fiat lux di quel che poi si chiamerà Internet. Il professor Leonard Kleinrock vuole trasmettere la parola "login". Invece, dopo due soli byte il sistema va in crash e si ferma tutto. Nell'unico, altro nodo nodo del network, appare un laconico: "lo". Un'ora più tardi, l'esperimento viene ripetuto con successo. Un successo nascosto. Eppure, senza precedenti nella storia dell'umanità. Il "Creatore" di Arpanet si chiamava Arpa, l'Advanced Research Project Agency del dipartimento della Difesa, una delle risposte americane al lancio in orbita dello Sputnik russo. Ancora oggi è misterioso - o quantomeno meraviglioso - che il lavoro segreto e geniale di un pugno di ricercatori al soldo del Pentagono, si sia trasformato nella cosa più libera e aperta che ci sia al mondo. La quale, proprio da oggi, primo ottobre 2009, diventa ancora più libera. O, se volete, meno americana. Ieri, il dipartimento del Commercio Usa ha firmato un accordo per cedere il controllo dell'Icann, l'organizzazione non profit da lui stesso fondata nel '98 per gestire il lato tecnico e burocratico dell'Internet: l'assegnazione dei domini e degli indirizzi Ip. In poche parole, il mestiere dell'Icann è garantire la stabilità della rete, nell'interesse di una comunità planetaria. «Questo è un grande momento nella storia di Internet – ha detto ieri Paul Levins, vicepresidente dell'Icann - perché finora, a sovrintendere a questa risorsa vitale, c'era un solo governo nazionale». La cosa più aperta e libera che c'è, poteva continuare a essere soltanto americana? «Applaudo alla decisione dell'amministrazione Usa - ha dichiarato ieri la commissaria europea Viviane Reding – di adattare il ruolo-chiave dell'Icann alle realtà del Ventunesimo secolo e di un mondo globalizzato». Anche perché, a pensarci bene, era questo il destino di Arpanet. Nel corso di quel lontano 1969, lungo gli sparuti canali dell'«Intergalactic Network» - come l'aveva profeticamente battezzato Joseph Licklider, il capo del progetto - saranno transitati sì e no 50 kilobytes, 50mila bytes. La prima e-mail sarebbe arrivata solo due anni più tardi. In principio furono pochi. Oggi, sono un'enormità. Secondo le stime di Cisco, il traffico su Internet ammonta attualmente a quasi 13 exabyte al mese. Che fanno 156 exabyte all'anno, ovvero circa 156 milioni di terabyte. O, volendo, 156 miliardi di miliardi di byte. Si dice che al giorno d'oggi Internet venga usato da un miliardo e 668 milioni di persone, il 23,6% della popolazione mondiale. Un bell'esempio di crescita esponenziale, a partire da quel network primordiale di appena due nodi. Quando arriva all'Arpa, Licklider porta una strana idea: usare i computer per le comunicazioni. «L'industria dei computer – si legge nel documento che segna la nascita di Arpanet – pensa ancora al computer come un motore aritmetico». Ma Licklider pensava più in là. «La promessa dei computer come medium per connettere le persone renderà storicamente insignificante» quell'idea. Il progetto era finanziato dal Pentagono, ma le decisioni le prendevano gli scienziati. E, volenti o nolenti, le macchine. Molti dicono che la natura decentralizzata dell'Internet derivi da un bisogno militare: qualora uno dei nodi fosse colpito da un attacco nucleare, il network avrebbe continuato a funzionare. Mica vero. Il Pentagono avrà sicuramente apprezzato la ricaduta. «Ma la vera ragione – ha detto tempo fa Charlie Herzfeld, ex dirigente dell'Arpa – è che c'erano pochi computer per la ricerca» e che i collegamenti erano tutt'altro che affidabili. Non c'era bisogno di un attacco nucleare. Il destino di Internet era la libertà perché, nonostante il controllo del Pentagono, i cervelli universitari chiamati a far nascere Arpanet chiedono – e ottengono – il potere di essere liberi e far circolare le idee. «Credevamo che collaborare fra di noi era meglio che competere – racconta Robert Braden, uno dei ricercatori – e non credo che nessun altro modello ci avrebbe portati dove siamo oggi». Qualche anno più tardi, il network verrà diviso. Da un lato l'Internet, ceduto alle università, dall'altro il Milnet, la rete per soli fini militari che poi si è ulteriormente scissa nel Niprnet (il network del Pentagono per lo scambio di dati unclassified) e nel Siprnet (quello più segreto e inaccessibile anche agli alleati). Chissà quante Internet parallele ci sono, al mondo. Ma è quella ufficiale, quella del mondo civile, che è diventata un successo senza precedenti. Secondo le stime di Cisco, fra quattro anni il traffico raggiungerà quota 684 exabyte. In altre parole, fra il 2008 e il 2013, i dati che corrono lungo le arterie planetarie dell'Intergalactic Network cresceranno di quattro volte, trainati dal boom del video. I cittadini del Nord America sono quelli più connessi: il 74% è online. Ma rappresentano ormai solo il 15% degli utenti, con il 24,2% in Europa e il 42,2% in Asia, dove è attesa la prossima crescita. Il governo di Internet non poteva essere solo nelle mani di Washington, che peraltro mantiene un piede negli organismi di controllo dell'Icann, insieme ad altri governi. In quest'avventura, l'ottobre del 2009 non sarà forse memorabile come l'ottobre del 1969. Ma sono entrambi figli dello stesso destino.

1 ottobre 2009



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