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Le mamme italiane sono le migliori del mondo. Parola del Wall Street Journal


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Inviato 17 February 2012 - 18:17:01


Le mamme italiane sono le migliori del mondo. Parola del Wall Street Journal

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di Angela Manganaro

16 febbraio 2012

Non è un dibattito nuovo, di quelli che tratteggiano il futuro, ma a seconda delle giornate e del punto di vista può riservare soddisfazioni. Si potrebbe riflettere sul fatto che in tempi duri e incerti ci si rifugia nell'identità e in discorsi vagamente reazionari; si può protestare per il cliché italiano; si può anche solo sorridere del risultato. Il Wall Street Journal ha deciso «le mamme italiane sono le migliori del mondo», e non bisogna fermarsi alla foto che oggi apre la nobile pagina dei commenti, la signora Mariuccia con la quinta di reggiseno sorridente davanti alla sua pastasciutta.

Il quotidiano finanziario di New York parte infatti dalle teorie di Amy Chua, professoressa di legge a Yale che nel gennaio 2010 con il libro «Il ruggito della Mamma Tigre» spiega l'ascesa della superpotenza Cina con la rigida educazione impartita dalle mamme cinesi alla prole. Chua sostiene che i suoi connazionali «non mollano mai» perché sono stati allevati con severità, niente televisione e videogame, lezioni coatte di piano o violino, sempre sotto pressione: alla fine della cura dovrebbero venir fuori figli brillanti e talentuosi (teoria applicata dal padre che poche settimane fa a New York ha fatto passeggiare il figlio quattrenne in mutande e nel gelo per fortificarlo). Non si sa se la professoressa Chua sperimenta davvero le sue teorie sulle figlie Louise e Sophia ma è certo che ha inaugurato un filone. Recentemente Pamela Druckerman ha scritto «I bambini francesi non buttano via il cibo», presa di coscienza di una mamma americana che alleva tre figli in Francia e si rende conto che il modello francese è migliore: i bambini non mangiano fra un pasto e l'altro, non conoscono il cibo spazzatura, non hanno l'incubo di essere baby geni. Quando sono portati al parco, i piccoli francesi vengono tranquillamente ignorati senza sensi di colpa della custode e con un certo sollievo del custodito.

Dopo quello di Druckerman, nelle librerie dal 7 febbraio, negli Stati Uniti in primavera usciranno altri quattro libri sempre sul tema «la mia mamma è migliore della tua»; e fa niente se solo la professoressa Chua può contare sull'attuale boom economico della madrepatria che ha in mano il debito americano e condiziona i destini del mondo. Nel suo «Incredibili Incas: perché le mamme migliori del mondo vengono da La Paz» la psicologa dell'infanzia, Atahualpa Vargas, spiega che le mamme boliviane sono venerate da una parte all'altra del Sud America per la loro stoica devozione ai figli. Primato globale che viene messo in dubbio da Addfwyn Griffith, professore dell'università di Glamorgan-Aberystwthy che nel suo «Come i gallesi hanno inventato la moderna maternità» dice che le madri del Galles sono superiori alle colleghe francesi, cinesi e boliviane «perché tengono la bocca chiusa e non dicono mai ai loro figli quanto sono speciali». C'è anche da considerare «Le matriarche dello Yurt», libro in cui una tedesca che allevato due coppie di gemelli in Ulan Bator tesse le lodi delle mamme mongole che possono educare bene e in pace i figli perché i mariti non ci sono mai. Nonché le «Supermamme delle Fiji!» dove si racconta il vantaggio climatico delle mamme del Sud Pacifico i cui figli saranno adulti felici perché possono scorazzare all'aperto tutto l'anno viste le temperature, senza bisogno di essere intrattenuti da genitori che, dal canto loro, ci guadagnano in relax.

Alla fine della rassegna Joe Queenan, autore dell'articolo del Wsj, dice di preferire le mamme italo-americane, in particolare quella del suo compagno d'infanzia non perché calorosa e accogliente quanto per i manicotti che preparava, qualità che la fa svettare su tutte le altre in termini di amore ricevuto. Stamattina insomma, sull'autorevole stampa anglosassone, vince la mamma italiana che con il senso di inadeguatezza instillato in decenni di esterofilia militante non si sogna nemmeno di scrivere un libro sulla sua presunta superiorità, anzi non partecipa neanche alla competizione globale, limitandosi a fare il sugo.



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