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Questa discussione ha avuto 1 risposte

#1 Rudy

Rudy

    MI

  • Ambasadiani MI1-e
  • StellaStella
  • Messaggi: 367

Inviato 31 May 2010 - 09:15:39


Questo intervento dovrebbe rientrare nel piú vasto argomento delle paroline canaglia, ma forse conviene aprire un capitolo apposito.
Mi sono sempre chiesto se l' uso dell' articolo davanti ai nomi in italiano costituisca una difficoltà per chi è di madrelingua romena.

Nelle lingue neolatine italiana, francese, spagnola, portoghese, ecc., sono scomparse le declinazioni latine dei nomi; o meglio, ne rimangono dei residuati, costituiti dalle sole due desinenze, una per il singolare ed una per il plurale.
Quest' uso arrivò soprattutto sotto l'influsso delle lingue germaniche e costituí una notevole semplificazione dell' idioma "popolare".
In queste lingue, al posto delle declinazioni con le desinenze in fondo, comparvero gli articoli davanti ai nomi.

Il Romeno invece mantiene in buona parte le declinazioni. Anzi per essere piú precisi, pure nel Romeno sono scomparse le declinazioni latine; ma ne sono apparse delle altre.
In realtà mi par di capire che le nuove desinenze deriverebbero dalle varie forme dell' aggettivo dimostrativo "ille, illa, illud", che significa quello, quella.
Ad. esempio "medicilor" da "medici illorum", etc. Ma correggetemi se sbaglio...

Ebbene, nella lingua volgare italiana, come articolo determinativo non si presero gli articoli germanici del tipo die, der, das; ma si utilizzò guardacaso l' aggettivo dimostrativo "ille"; lo stesso del romeno. Insomma, tutto il mondo è paese. Di fatto l' articolo è piú o meno la stessa cosa delle desinenze romene; solo che il romeno lo mette dopo il nome e glielo attacca, mentre l' italiano e le altre lingue romanze lo pongono davanti. In fin dei conti cambia solo il posto.
Piú si approfondisce lo studio delle due lingue, piú si trovano somiglianze ed elementi comuni.

Cosí gli articoli determinativi (il, lo, la, i, gli, le) combinati con le preposizioni, ci danno le preposizioni articolate, che ci tornano utili per introdurre tutti i vari complementi (nello, sugli, coi, del, dalle, alla, oppure, senza fusione: per i, tra gli, con la, fra le, sopra lo, ecc.).
Cosa analoga si fa nel Romeno, utilizzando le desinenze dopo i nomi e le preposizioni davanti (de, la, ecc.). Quindi in  teoria non dovrebbe essere difficile passare da un sistema all' altro.

A. Articoli indeterminativi.
Se ne usano due diversi per il maschile: "un" e "uno". Per il femminile invece si usa soltanto "una", che può avere la forma ridotta con elisione "un' ".
Sono solo singolari perché indicano un elemento appartenente ad una categoria e sono indeterminativi perché non specificano esattamente quale sia l' elemento; ma si riferiscono ad "uno qualsiasi" in quella categoria.
Ad esempio, se uso una pentola, mi riferisco ad un oggetto che appartiene alla categoria delle pentole; ma non si sa esattamente quale pentola specifica. Se dico: "un mio amico", mi riferisco ad un tale che rientra fra coloro che si possono definire miei amici; ma non si sa esattamente chi sia fra queste persone; è uno qualsiasi di questi.
Chiaramente gli articoli indeterminativi derivano dal numerale, dal numero uno. Anche per questo motivo non possono essere plurali.
<<Volendo però posso esprimere lo stesso concetto di indeterminatezza anche per riferirmi a piú elementi: dovrò ricorrere agli aggettivi indefiniti: alcuni, parecchie, pochi, molte, numerosi, tante, taluni, certuni, altre. Ciacuno di questi esprime un numero piú o meno ampio di elementi della categoria. "Qualche" è ancora piú indeterminato, perché è invariante sia per maschile o femminile, che nel numero: "qualche" significa un piccolo numero; significa pochi, alcuni, oppure anche uno solo; quindi non si sa nemmeno se sia plurale o singolare.
Dalla famosa "Acqua azzurra, acqua chiara" di Mogol-Battisti. "Ogni notte ritornar per cercarla in qualche bar". Non è specificato se "cercarla in qualche bar" voglia dire cercare in alcuni bar, oppure in un bar qualsiasi, non si sa bene quale. Usare "qualche" in questo caso attribuisce un significato ancora piú indeterminato alla ricerca.
Si possono pure usare dei, delle, degli, in forma partitiva. Es. "C' erano degli estranei", "possiamo decorare il terrazzo con dei bei fiori".
Infine altro modo per esprimere indeterminatezza è quello di non mettere proprio nulla, saltare completamente l' uso di articoli o aggettivi. Es. "c' erano alberi dappertutto", "ho visto persone in fila che aspettavano">>

Per il maschile, quando si usa "un" e quando "uno"?
La regola è:
1. si usa "uno" quando la parola che segue inizia coi suoni "gn" e "sc" (uno gnocco, uno scivolo), oppure per "x" (uno xenofobo), "z" (uno zoo), "i" semiconsonantica (uno iettatore), "j" (uno Jugoslavo), "y" (uno yeti), per "s" impura detta oggi "s" complicata, cioè una "s" seguita da un' altra consonante (uno scocciatore, uno spazio, uno smemorato, uno sferoide), oppure se la parola comincia con un raro gruppo di due consonanti, dove la seconda non sia "r" o "l" (uno psicologo, uno pseudonimo, uno pneumococco, uno ptialismo, uno ctenidio, uno mnemonismo, uno ftalato). Fa eccezione pneumatico (si dice spesso "un pneumatico"; però anche "uno pneumatico" è corretto).
2. Se la parola che segue non rientra fra queste, si usa "un". Può però essere corretto usare "un" anche nei casi di "i" semiconsonantica, "j", "y" o con gruppo raro di due consonanti. In questi casi la regola non è totalmente definita nella lingua moderna; d' atra parte era molto piú incerta in passato.

ATTENZIONE: a differenza dell' articolo determinativo, si usa la forma ridotta, cioè tronca "un" anche davanti a vocale "un esercito, un ombrello, un anziano".
Anche il femminile usa spesso la forma ridotta davanti a vocale, ma la forma ridotta femminile è l' elisione, non il troncamento; quindi per il femminile si mette l' apostrofo al posto della lettera "a" che cade. Si può dire "una amica", ma piú spesso si dice "un' amica"; mentre al maschile si scrive "un amico" senza apostrofo.
In alcuni casi particolari, solo dalla presenza dell' apostrofo si capisce se la persona è maschio o femmina: "un' artista" è una donna; "un artista" è un uomo. Questo si vede nello scritto, mentre nella lingua parlata non si nota la differenza. In realtà "un artista" dovrebbe essere pronunciato con un leggero stacco della voce fra le due parole; mentre "un' artista" va letto come se si trattasse di un' unica parola; ma questa differenza di lettura è spesso impercettibile, se non addirittura assente nella lingua parlata.
La presenza o meno dell' apostrofo potrebbe creare non poco imbarazzo se si tratta ad esempio di scrivere che un tal signore ha "un' amante" oppure "un amante" :)
ATTENZIONE: le regole per l' uso di "un" o "uno" valgono anche quando questi non sono direttamente seguiti dal nome a cui si riferiscono, ma da un' altra parola ("un personaggio" diventa "uno strano personaggio", "uno spazio" diventa "un grande spazio", "uno Yeti" diventa "un abominevole Yeti". Si usa sempre "un" o "uno" a seconda della parola che viene subito dopo.

Vedremo in un intervento a seguire l' uso degli articoli determinativi: il, lo, la, i gli, le.



e se non piangi, di che pianger suoli?

#2 Rudy

Rudy

    MI

  • Ambasadiani MI1-e
  • StellaStella
  • Messaggi: 367

Inviato 08 June 2010 - 09:29:24


B. Articoli determinativi.

Si chiamano cosí perché, si dice, determinano un elemento preciso, quello di cui stiamo parlando.
Sono maschili o femminili, singolari o plurali e si associano ad un nome, col quale concordano per genere e numero. (le case: femminile plurale; il bicchiere: maschile singolare, ecc.). Rare eccezioni possono capitare quando il sostantivo è sottinteso (la cinque porte = l' automobile a cinque porte; la quattro formaggi = la pizza ai quattro formaggi; il due palazzi = il carcere Due Palazzi).
Il, lo, la, i gli, le; come visto, derivano tutti dalle varie forme del pronome dimostrativo latino "ille", lo stesso che forma le desinenze dei nomi in romeno.
Dallo stesso pronome derivano anche i pronomi personali "egli", "lui", "ella"; ma non "esso" che deriva da "ipse".
Questi articoli si compongono con le preposizioni, formando in alcuni casi le preposizioni articolate ( "coi" = con + i, "nel = in (ne) + il", "dallo" = da + lo, "sulle" = su + le, "della" = di (de) + la, "agli" = a + gli, ecc.). In altri casi, articoli e preposizioni rimangono separati; ma concorrono ugualmente ad introdurre i vari complementi ( per la, tra gli, fra i, sotto le, sopra il, ecc.).

Come articolo determinativo semplice:
- al femminile si usa "la" per il singolare e "le" per il plurale (la scarpa, l' impressione, le scarpe, le impressioni);
- al maschile singolare a volte si usa "il", a volte "lo" (il martello, lo scalpello, l' ago). La determinazione dell' uno o dell' altro dipende da come inizia la parola successiva. Si veda all' argomento "Le paroline canaglia" quando si usa l' uno o l' altro. Analogamente, al plurale si usa "i" oppure "gli"; (i martelli, gli scalpelli, gli aghi); la regola è la stessa che per il singolare.

Curiosità 1. La parola "dio" ha un plurale irregolare: "dèi"; ma, a parte questo, si comporta in modo ancora piú strano riguardo all' articolo. Al singolare si dice "il dio"; quindi al plurale, seguendo la regola, dovremmo dire "i dei"; invece no; si dice "gli dei". Come mai si mette "gli" davanti ad una semplice "d", e ciò solo al plurale; mentre al singolare lo stesso nome vuole l' articolo "il"?
Esiste un' interessante spiegazione storico-linguistica di questo; ma vorrei che qualcuno intervenisse per dare la risposta. Io intanto lancio l' indovinello.

Curiosità 2.
L' aggettivo o pronome dimostrativo "quello" si comporta esattamente come l' articolo determinativo. A seconda della parola che segue, usa al femminile "quella", "quelle" ed al maschile le diverse forme singolari "quel", "quello" e plurali "quei", "quegli".
Ciò è abbastanza comprensibile perché la sua origine è da "cum illo"; quindi si tratta di un composto dello stesso pronome che forma l' articolo.
Ma esiste pure un aggettivo di cui facciamo largo uso: "bello"; il quale si comporta anch' esso nell' identico modo. "Bella" e "belle" per il femminile (bella casa, belle piante); "bel" e "bello" al maschile singolare (bel bambino, bello scherzo, bell' amico); "bei" e "begli" al maschile plurale (bei capelli, begli occhi, begli zigomi).
Non c' è una spiegazione logica di questo: avviene solo perché cosí "suonava bene".
- Per completezza va ricordato che "quello" e "bello", a differenza dell' articolo, possono anche trovarsi in fondo alla frase e quindi non avere nessun' altra parola al seguito.
In tal caso, al plurale maschile, si usa una terza forma, piú "normale": "quelli" e "belli"; forse perché due non bastavano ("questi prodotti sono migliori di quelli", "ecco i fiori piú belli").

A seguire, in altro intervento, vedremo quando si usa l' articolo determinativo e quando l' indeterminativo. La scelta fra l' uno o l' altro può a volte condurre ad una raffinata analisi sull' atteggiamento psicologico di chi parla e chi ascolta.



e se non piangi, di che pianger suoli?




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