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Immobili all'estero, l'imposta si calcola sul costo scritto nel rogito


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Inviato 17 December 2011 - 19:36:00


Immobili all'estero, l'imposta si calcola sul costo scritto nel rogito

    di Saverio Fossati- All'interno articolo di Dario Deotto

    

Sarà un esercizio divertente calcolare lo lo 0,76% di 10.000 franchi   repubblicani o di 10.000 corone imperiali e regie per una casa sulla   Costa Azzurra o in Carinzia. Rivalutazioni monetarie comprese (sempre   che siano previste), si arriverà a poche decine di euro. Tanto potrebbe   costare l'imposta sulle case all'estero prevista dal Dl 201/2011. Perché   l'articolo 19, comma 13, nella versione che passerà in Parlamento, è   chiarissimo: il valore degli immobili, su cui si applica l'imposta dello   0,76 per cento, è costituito dal «costo risultante dall'atto d'acquisto   o dai contratti o, in mancanza, secondo il valore di mercato rilevabile   nel luogo in cui è situato l'immobile».

  La legge, quindi, lascia poco spazio alla fantasia e chi ha la   fortuna di avere acquistato l'immobile parecchi anni fa avrà un   vantaggio immenso: se trova l'atto di compravendita potrà (anzi, dovrà)   calcolare l'imposta su quanto dichiarato nel documento. Quella villa a   Mentone comprata dalle famiglie agiate che snobbavano Rapallo a inizio   Novecento, la casa in Engadina per non accalcarsi a Cortina negli anni   Sessanta, la villa a Corfù ... tutti immobili che, ci si può   scommettere, nell'atto d'acquisto hanno prezzi ormai irrisori rispetto a   quelli di mercato. Ma il valore, se c'è, è quello. Ed è probabile che i   proprietari faranno lo sforzo per trovare i vecchi atti e consegnarli   al commercialista. Mentre i tapini che hanno acquistato una   multiproprietà nei nuovi villaggi vicino a Cannes, a prezzi che, in   alcuni casi, si sono svalutati, si troveranno a pagare molto di più.

                                  
         La norma, peraltro, non parla neppure di una rivalutazione   monetaria: il franco del 1922, o la corona del 1912 e il franco svizzero   del 1965 valgono un tantino meno di oggi. Così come la lira del 1910   vale circa 2,5 euro ma con 10mila lire si comprava un signor   appartamento in centro a Milano mentre con 25mila euro oggi si compra un   box. È quindi prevedibile che quell'alternativa tra prezzo nell'atto e   prezzo di mercato attuale diventi oggetto di tentativi di forzature o di   modifiche legislative, tanto per complicare ancora le cose. In ogni   caso, quando si trova il rogito, dato anche il peso dell'aliquota della   nuova imposta, l'esistenza assai estesa delle convenzioni contro le   doppie imposizioni e di tasse immobiliari locali basata su criteri più   seri, severi e aggiornati da scontare dall'imposta italiana, l'ipotesi   che resti ancora qualcosa da pagare al Fisco nostrano è molto remota.
  

  Ma peggio ancora potrebbe andare nel caso in cui il rogito (o atto   omologo) non si trovi. Allora la base imponibile andrebbe determinata   secondo il valore di mercato rilevabile. Il contribuente (e, a cascata,   l'agenzia delle Entrate per i controlli) dovrà scartabellare i borsini   immobiliari esteri. Ma quali? In Francia si useranno i prezzi reperibili   sugli inserti immobiliari de Le Figaro o quelli di Les Echos? E se le   Entrate sceglieranno un altro indicatore il contenzioso sarà   inevitabile.



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