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Non si espelle l'irregolare se lascia un figlio


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Questa discussione ha avuto 2 risposte

#1 XCXC

XCXC

    TpX2MI

  • Ambasadiani MIra
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    Medaglie








Inviato 28 October 2010 - 17:24:47


Non si espelle l'irregolare se lascia un figlio

L'immigrato irregolare può restare sul territorio se la sua espulsione crea un danno allo sviluppo psico-fisico del figlio minore. Le sezioni unite della Corte di cassazione, con la sentenza 21799 depositata ieri, aumentano la tutela in favore dei figli degli stranieri, superando la prevalente interpretazione restrittiva (degli stessi ermellini) che limitava il beneficio alle «situazioni di emergenza o alle circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla salute».

I giudici sottolineano l'importanza di ricomprendere tra i gravi motivi per bloccare l'espulsione anche il danno affettivo «concreto, percepibile ed obiettivamente grave che, in considerazione dell'età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico deriva, o è altamente probabile deriverà al minore, dall'allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall'ambiente in cui è cresciuto».

Secondo i giudici una lettura estensiva della garanzia, che superi il paletto della mera patologia del minore, è necessaria per essere in linea con l'ampia protezione riconosciuta dalla Costituzione. Assistenza che prescinde dalla condizione di cittadini e di stranieri dei genitori ma nasce dal presupposto dell'importanza del ruolo svolto da madre e padre nell'educazione dei figli.

Questo sistema di valori, considerati «fondamentali della dignità umana», è diventato - sottolineano i giudici - parte integrante della giurisprudenza comunitaria e internazionale. Il ricongiungimento familiare è, infatti, interpretato sia dalla Corte di giustizia europea sia dalla Corte dei diritti dell'uomo alla luce del rispetto dei diritti fondamentali, fino all'ultima trasposizione del Trattato di Lisbona che afferma il diritto di intrattenere regolarmente relazioni e contatti diretti con i genitori, salvo che ciò sia contrario al loro interesse.

Le sezioni unite non mancano però di sottolineare la necessità di bilanciare l'interesse del fanciullo con la normativa sull'immigrazione e con le esigenze di ordine pubblico che devono costituire, secondo la Corte costituzionale e le stesse fonti internazionali e comunitarie, il «necessario temine di confronto critico».

La possibilità di evitare l'espulsione anche al di là delle situazioni di emergenza non può - chiarisce il collegio - trasformarsi in una sorta di sanatoria permanente, in cui il minore rischia di essere lo strumento per superare la legge. Un effetto collaterale che il giudice deve scongiurare attraverso un'attenta valutazione del caso concreto, dando il via libera al privilegio solo nel caso ci sia una effettiva coesione familiare che, se interrotta, potrebbe procurare un danno irreversibile allo sviluppo psico-fisico del minore.

File allegato  cassazione_sentenza_21799_2010.pdf   657.8K   245 Download



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#2 Rick

Rick

    Tpx5MI

  • Ambasadiani MI1a
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    Medaglie



Inviato 28 October 2010 - 17:39:01


come sempre
una magistratura
allo sbando



Immagine inviata


#3 XCXC

XCXC

    TpX2MI

  • Ambasadiani MIra
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  • Messaggi: 17,634

    Medaglie








Inviato 14 June 2012 - 22:16:39


Lo    straniero  extraUE ( senza permesso di soggiorno ) che viva in Italia   col figlio minore italiano, nato in Italia, ( di cui il genitore ne   abbia il carico ) ha diritto al soggiorno in Italia ed al lavoro
Si riportano i due dispositivi delle sentenze della Corte di Giustizia Europea.

Estratto dal sito di  Altalex, 8 aprile 2011. Nota di Filippo Di Camillo
La   Corte di Giusitizia, nell’ottica della tutela dello status di   “cittadini” dell’Unione di cui sono titolari i figli nati sul territorio   comunitario, si orienta a favore del riconoscimento del diritto di   soggiorno anche ai loro genitori, cittadini di uno Stato terzo, nonché   del diritto di ottenere il permesso di lavoro.
Secondo la   ricostruzione operata dalla corte lussemburghese, infatti, sul   presupposto che “lo status di cittadino dell'Unione è destinato ad   essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri”, il   diniego di soggiorno opposto ad un genitore, cittadino di uno Stato   terzo, nello Stato membro dove risiedono i figli in tenera età a suo   carico, cittadini di detto Stato membro, nonché il diniego di concedere a   detta persona un permesso di lavoro, comprimono il diritto di soggiorno   degli stessi figli.
Questa l’argomentazione a sostegno del   riconoscimento del diritto di soggiorno e del permesso di lavoro ai   genitori: “Si deve tener presente che un divieto di soggiorno di tal   genere (quello imposto al genitore cittadino non comunitario, n.d.a.)   porterà alla conseguenza che tali figli, cittadini dell'Unione, si   troveranno costretti ad abbandonare il territorio dell'Unione per   accompagnare i loro genitori. Parimenti, qualora a una tale persona non   venga rilasciato un permesso di lavoro, quest'ultima rischia di non   disporre dei mezzi necessari a far fronte alle proprie esigenze e a   quelle della sua famiglia, circostanza che porterebbe parimenti alla   conseguenza che i suoi figli, cittadini dell'Unione, si troverebbero   costretti ad abbandonare il territorio di quest'ultima. Ciò posto, detti   cittadini dell'Unione si troverebbero, di fatto, nell'impossibilità di   godere realmente dei diritti attribuiti dallo status di cittadino   dell'Unione”.

…………………………………………………………………

Corte di Giustizia Europea
Sezione Grande
Sentenza 8 marzo 2011, causa C-34/09
(Presidente Skouris - Relatore Cunha Rodrigues)
Sentenza

Per questi motivi
la Corte (Grande Sezione) dichiara:
L'art.   20 TFUE dev'essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato   membro, da un lato, neghi al cittadino di uno Stato terzo, che si   faccia carico dei propri figli in tenera età, cittadini dell'Unione, il   soggiorno nello Stato membro di residenza di questi ultimi, di cui essi   abbiano la cittadinanza, e, dall'altro, neghi al medesimo cittadino di   uno Stato terzo un permesso di lavoro, qualora decisioni siffatte   possano privare detti figli del godimento reale ed effettivo dei diritti   connessi allo status di cittadino dell'Unione.


ZHU E CHEN
SENTENZA DELLA CORTE (seduta plenaria)
19 ottobre 2004 *
Nel procedimento C-200/02,
avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai
sensi dell'art. 234 CE, dall'Immigration Appellate Authority (Regno Unito) con
ordinanza 27 maggio 2002, pervenuta in cancelleria il 30 maggio 2002, nella causa
Kunqian Catherine Zhu,
Man Lavette Chen
contro
Secretary of State for the Home Department,
* Língua processuale: l'inglese.
I - 9951
SENTENZA 19. 10. 2004 — CAUSA C-200/02





Per questi motivi, la Corte (seduta plenaria) dichiara:
In   circostanze come quelle della causa principale, l'art. 18 CE e la   direttiva del Consiglio 28 giugno 1990, 90/364/CEE, relativa al diritto   di soggiorno,
conferiscono al cittadino minorenne in tenera età di   uno Stato membro, coperto da un'adeguata assicurazione malattia ed a   carico di un genitore, egli stesso cittadino di uno Stato terzo, le cui   risorse siano sufficienti affinché il primo non divenga un onere per le   finanze pubbliche dello Stato membro
ospitante, un diritto di soggiorno a durata indeterminata sul territorio di
quest'ultimo   Stato. In un caso siffatto, le stesse disposizioni consentono al   genitore che ha effettivamente la custodia di tale cittadino di   soggiornare conquest'ultimo nello Stato membro ospitante.

                                                                                                     Avv. Gianfranco Di Siena

Corso Buenos Aires- 45 Milano.
E-mail: Avv.Gianfranco.DiSiena@fastwebnet.it
tel/fax: 02/36728928
cell: 3473313614




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